STUPIDA RAZZA

sabato 20 novembre 2021

Un fondo specula sui certificati verdi Aziende e bollette impiccate dai rialzi

 

 A Londra è nato un nuovo Etf che rastrella i «certificati per inquinare»: le aziende così sono costrette a pagarli di più e l’inflazione, trascinata da energia e carburanti, continua la sua corsa. La Ue deve intervenire subito per riservare il mercato degli Ets alle industrie, fermando la speculazione finanziaria.C’è un Etf liberamente acquistabile sulla Borsa di Londra che fa concorrenza alle aziende e rischia anche di metterle in ginocchio. Si tratta dello Sparkchange physical carbon eua etc, il primo al mondo che compra diritti di emissione «fisici» di anidride carbonica, normalmente pensati per le imprese. Il grosso problema di questo strumento finanziario realizzato da Sparkchange in collaborazione con Hanetf e lanciato lo scorso 4 novembre è che rileva diritti di emissioni che dovrebbero servire alle imprese per produrre. Gli effetti di tutto questo sono duplici: da un lato, ci sono meno permessi per l’emissione di una tonnellata di CO2, dall’altro il loro prezzo negli ultimi giorni è salito alle stelle (tre giorni fa è arrivato a 67,89 con un rincaro del 10%, ieri è «sceso» a 67,16). In sole due settimane l’Etf in questione è cresciuto da 69,6 a 77,3 sterline a Londra. L’obiettivo di chi ha realizzato questo fondo scambiato in Borsa sarebbe quello di combattere l’in qu i na me nto comprando diritti di emissione. Sottrarre diritti al mercato «così le industrie non possono usarli per inquinare», si legge sul sito di Sparkchange. Già oggi, come Sparkchange afferma, il Physical carbon eua etc ha rilevato European union alowances, i diritti di emissione appunto, per un controvalore di 27,7 milioni di eu ro. In tutto questo le istituzioni stanno a guardare e lasciano che la finanza realizzi profitti comprando diritti riservati ai processi aziendali. Sarebbe forse il caso che Bruxelles vietasse la vendita di prodotti come questi lasciando solo alle aziende e non agli strumenti finanziari l’acquisto e la vendita di questi permessi. Va detto, però, che l’Etf di Sparkchange non è l’u n ic o ostacolo per le aziende. I rincari del mercato dei diritti di emissione, spinti dalla transizione ecologica, fanno correre l’inflazione alle stelle con il prezzo del gas che è tornato a galoppare, senza considerare, poi i prezzi del carburante in costante aumento. Giusto a ottobre in Italia, come spiega l’Istat, l’indice nazionale dei prezzi al consumo ha registrato un aumento dello 0,7% su base mensile e del 3% su base annua (da +2,5% del mese precedente). In particolare, fa notare l’istituto di statistica, l’aumento generalizzato dei prezzi è dovuto prevalentemente alla crescita dei valori dei beni energetici regolamentati (+17%) e solo in misura minore a quella dei prezzi degli energetici non regolamentati (+1%). Ecco, dunque, che gas e carburanti si sono fatti notare per essere tra i maggiori «ingredienti» per questo rialzo dei prezzi che nel nostro Paese non si vedeva dal 2012. A questo, poi, si aggiunga il fatto che di recente è stato registrato un nuovo record di prezzo anche per i diritti di emissione assegnati in asta dai governi secondo le regole Ue: durante l’ultima seduta il prezzo all’incanto per tonnellata di anidride carbonica è arrivato a 67,5 euro fruttando un totale di 169,8 milioni di euro. Il vero problema, quindi, è che la via verso una completa decarbonizzazione non può passare da un rialzo repentino dei prezzi dei diritti per emettere anidride carbonica. Molte aziende italiane arrivano da un periodo di grande difficoltà e rendere meno reperibili questi Ets o alzarne velocemente il prezzo significa mettere una vera e propria spada di Damocle sopra le imprese. Non bisogna dimenticare, inoltre, che il mercato dei diritti di emissioni è già cresciuto molto negli ultimi anni e che è sempre più difficile comprarli a prezzi access i bi l i . Giusto per avere un’idea del settore, le quote di emissione di anidride carbonica sono utilizzate da oltre 10.000 aziende attive nell’Unione europea nei comparti dell’ener - gia, dell’industria manifatturiera e dalle compagnie aeree, all’interno del sistema per lo scambio delle quote di emissione dell’Ue. Il sistema Eu Ets interessa attualmente circa il 40% delle emissioni di gas serra dell’Unione. Esiste un tetto al numero di quote che vengono messe a disposizione ogni anno per ciascuna azienda. Alla fine di un periodo di 12 mesi le società hanno l’obbli - go di restituire un numero di quote sufficiente a coprire interamente le loro emissioni se non vogliono essere soggette a mu l te. Prima della pandemia, il valore di una tonnellata di anidride carbonica da immettere nell’atmosfera era intorno ai 24 euro. Oggi, a circa due anni si distanza, i prezzi sono triplicati e gli strumenti finanziari che investono sulle quote fisiche, non quindi sui future che scommettono sul valore futuro di un bene, non faranno altro che far schizzare ancora di più i prezzi di queste quote di emissione. Solo nel 2021 il prezzo delle quote di emissione è raddoppiato. A inizio di quest’anno il loro valore era di 33 euro mentre oggi siamo ben al di sopra dei 60 euro e molti esperti ritengono che non ci vorrà molto prima che si arrivi a superare i 100 euro. D’altronde, si tratta di un mercato che nel 2020 ha raggiunto quota 238 miliardi, in crescita del 23% su base annuale. A contribuire a questa impennata nel 2021 ci si è messa anche l’Ue che ha reso pubblica l’intenzione di alzare dal 40% al 55% il target sulla riduzione di gas serra entro il 2030 rispetto ai livelli pensati nel 1990. Insomma, tra strumenti finanziari, inflazione, costo dell’energia e dei carburanti alle stelle, per le aziende produrre facendo affidamento su emissioni di anidride carbonica è sempre più difficile. Salvaguardare il clima è certamente importante, ma l’Ue dovrebbe anche pensare che se le aziende chiuderanno in massa il problema dell’inqui - namento sarà forse uno degli ultimi a cui dovremo pensare.

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