NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
venerdì 22 aprile 2022
LA GUERRA HA GIÀ UNO SCONFITTO: L’UE
Non so chi
vincerà la guerra in Ucraina,
ma so con certezza chi l’ha già
persa. La vera
sconfitta è l’Europa, che ancora una volta ha dimostrato
di essere divisa e di non contare nulla. All’ap pu nta m e n -
to con la storia i leader dell’Unione si sono infatti presentati in ordine sparso e le
missioni a Kiev organizzate
dai diversi Paesi ne sono la
dimostrazione. Bruxelles
non ha una linea unitaria,
ma ne rappresenta più di una
ventina, vale a dire quanti sono gli Stati membri della Ue.
Si può infatti dire che la strategia dell’Ungheria sia identica a quella della Polonia o
che Estonia, Lettonia e Lituania perseguano gli stessi
obiettivi dell’Olanda? La
Francia ha una sua visione
del conflitto che non è uguale a quella
dell’Italia, mentre la Germania ha interessi che divergono da quelli della Svezia o
della Finlandia. Lo si capisce
anche dalla difficoltà con cui
ogni volta si raggiunge l’i nte -
sa sulle misure da affrontare
per costringere la Russia a
mollare l’osso. Se i target
coincidessero, non ci vorrebbero ore di discussione e, soprattutto, non si farebbe così
fatica a individuare con quali
provvedimenti sia possibile
costringere Vladimir Putin a
fermarsi. Al contrario di
quanto ci si aspettava, fino a
oggi le sanzioni non hanno
funzionato perché, proprio a
causa delle resistenze di alcuni Paesi e per le oggettive
difficoltà di certi Stati, non
hanno colpito al cuore la
macchina militare russa.
Tuttavia, oltre a muoversi a
rilento e senza unità d’i nte n -
ti, l’Europa nella prima guerra che sconvolge il vecchio
continente dopo quasi ottant’anni di pace, procede al
traino altrui, senza cioè avere una sua autonoma strategia. È vero che quasi tutti i
Paesi che fanno parte dell’Unione sono membri della Nato e che tocca all’A l l ea n za
atlantica occuparsi di difesa,
ma questo non è un buon motivo per demandare tutte le
decisioni agli Stati Uniti. L’America è una grande potenza
e ad essa dobbiamo un intervento che ci ha consentito 77
anni fa di liberarci dal nazifas c i s m o.
Questo però non giustifica
il fatto che Paesi economicamente e politicamente avanzati si facciano dettare la linea e subiscano la decisione
di armare fino ai denti gli
ucraini. Il prezzo di queste
scelte, infatti, non lo pagano
solo gli Usa, che pure stanno
stanziando centinaia di milioni di dollari per inviare
mezzi che consentano a Kiev
di resistere. Il conto è anche a
carico della Ue e non si tratta
di pochi spiccioli. Non mi riferisco naturalmente solo alla decisione di aumentare la
percentuale delle spese militari in rapporto al Pil, che
pure non è poca cosa. Penso
soprattutto agli effetti, economici e politici, delle misure che in qualche modo ci
sono state imposte da Washington. Oggi nessuno è in
grado di valutare quali saranno gli effetti dell’embargo decretato dagli Usa e assecondato dalla Ue. Pare certo che
la Russia pagherà un prezzo
altissimo, ma altrettanto capiterà all’Europa. Ribadisco:
non so se a Puti n riuscirà il
sogno di conquistare il Donbass e le città che si affacciano sul mare di Azov, né mi è
chiaro se Mariupol sia definitivamente persa per gli
ucraini o possa essere riconquistata. Però Bruxelles è
sconfitta in quanto non è riuscita ad avere alcun ruolo dal
punto di vista diplomatico e
un eventuale cessate il fuoco
non sarà di certo merito suo.
Non serve che Charles Mich el , politico di terza fila, visiti Kiev dopo quasi due mesi
di bombe. E neppure ha senso che Ursula von der Leyen
accorra a Bucha. Il ruolo che
la Ue doveva interpretare a
questo punto è delegato a
personaggi del calibro di Recep Tayyip Erdogan o di Xi
J i n pi n g . La pace, se mai si
raggiungerà, sarà merito del
loro intervento, non certo del
nostro. Due mesi di guerra
hanno anche dimostrato che
di fronte a una potenza come
la Russia, per quanto disorganizzata e priva di mezzi, la
supremazia militare dell’Eu -
ropa è un’illusione. Abbiamo
le armi, abbiamo sistemi di
difesa e anche di offesa e noi e
l’America ne abbiamo elargiti in abbondanza all’e s e rc i to
e ai volontari ucraini, ma finora siamo solo riusciti ad
aumentare la mattanza, non
a fermare Puti n .
C’è poi un altro elemento
che mi induce a ritenere che
la Ue uscirà da questo conflitto con le ossa rotte. Non ci
sono solo le questioni economiche, che pure sconteremo
e stiamo già scontando. Non
ci sono solo le divisioni e l’assenza di una linea politica
condivisa. C’è che da questa
guerra esce a pezzi la leadership della Germania. Per anni Berlino ha dettato la linea.
Sia che si trattasse di imporre sanzioni alla Grecia, sia
che si decidesse di far digerire scelte economiche rigoriste a tutta la Ue. I tedeschi
erano alla guida della locomotiva, gli altri europei viaggiavano su vagoni agganciati
al locomotore. Oggi, con la
guerra, la Germania non solo
ha rallentato la corsa, ma è
deragliata la sua capacità di
guidare il continente. Vi sareste mai aspettati il rifiuto
di Volodymyr Zelensky di ricevere la visita del presidente tedesco? Avreste mai immaginato che Berlino negasse l’invio di armi pesanti all’Ucraina e per questo fosse
attaccata da Estonia e Paesi
confinanti? Chi poteva credere che il cancelliere tedesco avrebbe respinto la richiesta di staccarsi dal gas
russo, dimostrando così la
fragilità del sistema imprenditoriale ed economico di
B e rl i n o?
No, oltre a dimostrarsi divisa e gregaria, l’Europa con
questa guerra si è scoperta
priva di leadership proprio
nel momento in cui ne avrebbe bisogno. Per fermare il
conflitto, ma soprattutto per
evitare il degrado economico
e politico a cui siamo destinati se, fatti tacere i cannoni,
l’equilibrio del mondo si sposterà verso l’Asia.
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