Il crocevia decisivo dei futuri sviluppi della guerra in Ucraina non è nelle martoriate terre del Donbass e nemmeno a Kiev o Mosca. Ma a Berlino, anzi nel «cielo sopra Berlino» che vorremmo poter sorvolare come i due angeli del famoso film di Wim Wenders per origliare le discussioni che animano i centri decisionali politici ed economici della Capitale. Come vi abbiamo dettagliatamente illustrato nei giorni scorsi, la guerra in Ucraina è l’occasione per uno storico regolamento di conti tra la Germania e l’anglosfera con in testa Uk e Usa. Questi Paesi non fanno mistero di voler attaccare un modello economico e geopolitico che Berlino aveva pazientemente costruito negli ultimi 20 anni e che aveva tra i suoi pilastri fondanti la relazione privilegiata con Mosca e le forniture di materie prime a basso costo per la potente macchina industriale tedesca. Gas e petrolio russo, manodopera a basso costo proveniente dai Paesi dell’Est europeo opportunamente accolti nell’Ue nel 2004, un mercato unico da 450 milioni di consumatori, una valuta comune relativamente sottovalutata rispetto al marco, questi i pilastri sapientemente costruiti a partire dalla riunificazione. Con risultati straordinari sulla bilancia commerciale: un surplus che, a partire dal 2000 ha raggiunto la cifra record del 7,6% del Pil nel 2015, per poi arretrare tra il 5% e il 6% negli ultimi due anni. Tutto ciò ha determinato un significativo accumulo di risparmio, prontamente reinvestito oltreoceano - dove prima della crisi Lehman qualsiasi spazzatura finanziaria veniva comprata a piene mani da «quelli di Dusseldorf» - e una simmetrica carenza di consumi e investimenti. Il fuoco covava sotto la cenere da troppo tempo. E le prime scintille affiorarono nel gennaio 2017, all’inizio della presidenza Trump - più attento agli aspetti economici che geopolitici - quando, dalle colonne del Financial Times la Germania fu accusata dal consigliere al commercio Pete r Nava r ro di usare un euro «esageratamente sottovalutato» per «approfittarsi» degli Usa e dei suoi partner europei. Ma fino a quando tale modello provocava gravi e dannosi contraccolpi alle economie di Italia, Spagna e Grecia, si trattava di danni collaterali non sufficienti a scuoterlo dalle fondamenta. La guerra in Ucraina è stata un potente catalizzatore di tale frattura sotterranea e la posizione Usa - immediatamente schierata non per la pace ma per l’isolamento e l’annichili - mento economico della Russia e, di conseguenza, la distruzione dello storico legame tra Mosca e Berlino - è stata da subito rivelatrice della linea di faglia ormai affiorante. Per definire la posizione tedesca sono state illuminanti le parole dell’ex cancelliere tedesco Gerhard Schröder che, a fine gennaio, con il salire della tensione presso il confine russo-ucraino, ha ritenuto come una provocazione per Mosca il viaggio del ministro degli Esteri, Annalena Baerbock, a Kiev prima di recarsi nella Capitale russa. Aggiungendo poi che si augurava che avesse fine il «tintinnare di sciabole» da parte ucraina. È il caso di segnalare che S ch rö d e r è presidente del gasdotto Nord Stream 2 ed è stato nominato a far parte del consiglio di amministrazione di Gazprom. Se queste sono le premesse, è consequenziale che la premier estone, Kaja Kallas, abbia dichiarato ieri che «la Germania deve assumere un ruolo di primo piano per fermare la macchina da guerra di Puti n ». Così come il comandante delle forze ucraine asserragliate nelle acciaierie Azovstal, S erhiy Volyna, ha lanciato un appello alla Germania chiedendo aiuto per evacuare dall’a s s ediata Mariupol. Ovviamente, sullo sfondo, l’altro macro snodo: quello dell’embargo a gas e petrolio, frenato per ovvie ragioni proprio da Berlino. Se questa è la cronaca, risulta profetica l’analisi di Da r io Fa b b r i pubblicata su Li m es nel giugno 2017, che consente di comprendere la postura di Washington in questa crisi e la posizione quasi spalle al muro di Berlino. Fabb ri s criveva: «Interdire a Berlino la possibilità di dominare la massa eurasiatica, unilateralmente o in ostile coabitazione con la Russia, è urgenza che innesca la forza reattiva della superpotenza, ovvero la sua attitudine migliore […]. Nei prossimi anni Washington potrebbe colpire massicciamente l’i n du s tr i a teutonica, insidiare qualsiasi nucleo si generi attorno alla Bundesrepublik, sconvolgere la burocrazia tedesca, incendiare l’Europa orientale. Attraverso dazi, tariffe, manovre militari, offensive d’intelligen - ce». Fabbri analizzava il proposito americano e preannunciava che «l’offensiva statunitense ai danni della Germania avrà dimensione dialettica, commerciale, militare, surrettizia» perché «Washington non può tollerare che uno dei suoi principali c l ie n tes si ricavi un feudo all’interno dell’impe - ro e che intrattenga rapporti di natura strategica con i suoi antagonisti». Chiudeva auspicando che «la chiave consisterà nel disfare il progetto teutonico senza minare la struttura imperiale, già provata dalle sortite dialettiche di Tru mp. Nel mantenere lo scontro nell’alveo della razionalità, senza lasciarsi travolgere dall’impe - to». Ce lo auguriamo tutti.
NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
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