STUPIDA RAZZA

martedì 25 gennaio 2022

Basilea 3, effetti limitati Ma in Italia è allarme sui conti correnti a revoca

 

L'impatto per le banche italiane dall'azione delle regole di Basilea 3 sarà limitato, con un eventuale necessità di capitale aggiuntivo di 14 miliardi, a fronte di un nuovo quadro regolatorio che, in base a quanto previsto dalla proposta direttiva della Commissione europea, entrerà in vigore gradualmente, tra il 2025 e il 2030. «Nel complesso la nostra valutazione è positiva – ha commentato ieri Paolo Angelini, vice dg di Bankitalia e componente del comitato di Basilea nella relazione al comitato esecutivo Abi - Rimangono alcuni dubbi circa la tempistica, che appare per alcuni aspetti eccessivamente lunga e andrà valutata anche alla luce dell'evoluzione della pandemia». Angelini ha subito evidenziato il tasto dolente della normativa non tanto per le banche, quanto per le imprese: la stretta prevista sulle aperture di conto corrente a revoca, che sinora non richiedevano accantonamenti patrimoniali ma che in futuro saranno più onerose per gli istituti di credito. «Questa novità potrà avere un impatto significativo in Italia, dove si fa largo uso di queste forme tecniche per i finanziamenti alle famiglie e alle Pmi», ha chiosato, anche se la norma prevede un’entrata in vigore graduale, tra il 2029 e il 2023. Altro aspetto che non ha che vedere con il recepimento di Basilea 3 ma con l’intenzione della Commissione Ue di varare una stretta sui pagamenti digitali, riguarda la proposta di estendere le regole sui requisiti prudenziali anche alle società non bancarie e non finanziarie che controllano società del fintech. Dunque anche la capogruppo non bancaria dovrà fare accantonamenti a fronte dei rischi assunti dalla controllata. «È previsto un ampliamento del perimetro di consolidamento prudenziale che -come emerso dalla vicenda Wirecard – si è rivelato non del tutto adeguato a cogliere i rischi tipici di gruppi in cui la presenza di soggetti attivi nel settore della tecnologia, al vertice o a valle del gruppo bancario, si affianca all’attività finanziaria tradizionale», ha spiegato. Si propone di applicare, ha aggiunto, «le regole di consolidamento prudenziale» non solo quando al vertice di società del fintech ci sono banche o finanziarie, «ma anche società che svolgano attività strumentali, incluse quelle di natura tecnologica. L’ampliamento della nozione di società strumentale consentirebbe inoltre di includere nel consolidamento società che, pur non avendo natura finanziaria, svolgono attività di contenuto sostanzialmente finanziario», ha concluso. Resta da capire se in questa nozione di società strumentale a valenza tecnologica rientreranno anche le società create, ad esempio, da varie utility come Enel per i servizi di pagamento. Angelini ha chiarito l’importanza dell’introduzione del modello dell’output floor. «È una proposta equilibrata quella della Commissione per l’applicazione dell'ouput floor: essa prevede l’applicazione a livello consolidato», ha detto. Il meccanismo «punta a contrastare la possibile sottostima del rischio derivante dall’utilizzo dei modelli interni delle banche». Angelini ha commentato anche l’eccezione che la commissione ha fatto per le banche francesi sui mutui, dando un lungo periodo per adottare i modelli standard per la misurazione dei rischi di questi crediti (oggi praticamente considerati privi di rischio). «È previsto un trattamento transitorio che consente di ridurre l’impatto dell’output floor per alcune esposizioni, come quello verso imprese prive di rating e i mutui». In questo caso le banche «che adottano modelli interni possono utilizzare un trattamento preferenziale per i soli mutui residenziali qualora negli ultimi 6 anni tali classi di esposizione non abbiano subito perdite superiori in media allo 0,25 per cento». Alcuni aspetti di questa proposta, ha chiosato «andranno chiariti e ove possibili semplificati». Il vice dg di Bankitalia ha fatto un accenno anche all’obiettivo della direttiva di introdurre «un quadro di regole armonizzato per le succursali di banche di paesi terzi». A fine 2020 nella Ue c’erano 106 succursali da Cina (18), Iran (10), Usa (9), Libano con un attivo di 510 miliardi concentrato in gran parte in Belgio, Francia, Germania e Lussemburgo.

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