Le mappature sono ancora approssimative, ma secondo i pessimisti più irriducibili il piano regolatore dei giacimenti bloccherà riserve come i giacimenti Argo e Cassiopea (10-12 miliardi di metri cubi di metano), gli investimenti di Energean sul giacimento Vega e i progetti per raddoppiare l’estrazione dai giacimenti di gas nelle rocce profonde sotto l’Adriatico oppure nel sottosuolo delle pianure dell’Alta Italia. Con più realismo, il piano regolatore dei giacimenti è comunque uno strumento di pianificazione che consente alla politica industriale e ambientale, ma anche alle compagnie petrolifere, di programmare investimenti a lungo termine.Prima di tutto, con un avviso alla cautela, ecco l’ipotesi espressa dai pessimisti più irriducibili: viste le prime mappature ancora approssimative, il piano regolatore dei giacimenti bloccherà perfino riserve come i giacimenti Argo e Cassiopea (10-12 miliardi di metri cubi di metano), come gli investimenti di Energean sul giacimento Vega, come i progetti per raddoppiare l’estrazione dai giacimenti di gas che impregnano le rocce profonde sotto il fondale dell’Adriatico oppure nel sottosuolo delle pianure dell’Alta Italia. Se i pessimisti temono che vadano dissipati 2 miliardi di euro di investimenti, i realisti osservano che il Pitesai, il piano regolatore dei giacimenti, sarà comunque uno strumento di pianificazione che consente alla politica industriale e ambientale — ma anche alle compagnie petrolifere — di programmare a lungo termine gli investimenti; e soprattutto nella sua formulazione finale consente flessibilità. Il piano regolatore Pitesai è la sigla di Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee e venne proposto dal Governo Conte-1 come strumento per dare una forma istituzionale all’obiettivo di bloccare “le trivelle”. Per esempio, divieto di attività minerarie in zone sopra le quali avrebbero potuto volare aeromobili militari. Dimenticato per anni, di ritardo in ritardo si è riempito di valori più sostanziali e il 16 dicembre la Conferenza unificata Stato-Regioni ha approvato il piano, ora in attesa di essere pubblicato. E la versione finale del piano regolatore dei giacimenti dice una cosa cara al Governo. Il verbale dice che la fotografia dei giacimenti di tre anni fa è invecchiata in modo rapidissimo davanti alla crisi energetica, e il Pitesai non si cristallizzerà su un passato ormai remoto e inapplicabile. Dopo tanti “visto” e “considerato” tipici di ogni documento ufficiale, il verbale conclusivo del 16 dicembre afferma che servirà un quadro attuativo in relazione alle criticità emerse. Traduzione dal ministerialese: il piano è la teoria però poi serviranno correzioni per consentire bollette più leggere per le famiglie e le imprese. Giacimenti in pericolo Le cartine ancora provvisorie che circolano fanno vedere una rimappatura delle zone nelle quali verrebbero vietate le nuove attività petrolifere; sarebbe concesso di rimanere ai giacimenti già attivi, da sfruttare senza però nuovi impegni di investimento e senza potenziamenti. Ci sono anche giacimenti fermi da anni per incertezze normative. Le concessioni sono delineate in modo colorato con la loro forma geometrica.In mare, l’area vietata dalla versione originaria del Pitesai è quella delle acque territoriali, cioè fino a 12 miglia nautiche dalla linea di costa (22,2 chilometri), estesa però anche alla distanza di 12 miglia dal perimetro delle aree protette attuali o da istituire, cioè non ancora esistenti ma previste per il futuro. In questo modo i vincoli potrebbero estendersi fino a ricomprendere i giacimenti Argo e Cassiopea dell’Eni, già autorizzati e quindi con gli investimenti già in corso per almeno 700 milioni di euro. Sbloccare le infrastrutture I ministri dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, e della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, vogliono raddoppiare rapidamente la stanca produzione italiana di gas. Senza investimenti per riaggiornare macchinari e pozzi, i grandi giacimenti che fino a una ventina d’anni fa producevano una ventina di miliardi di metri cubi si stanno disseccando e nel 2021 si estrarranno meno di 3,5 miliardi di metri cubi di metano. Dato di novembre, l’ultimo disponibile: 3,05 miliardi di metri cubi nazionali (-19,1%) contro 65,6 di importazione (+8,9%). Secondo le compagnie, per raggiungere l’obiettivo del Governo serve altro oltre a un aggiornamento del Pitesai o a un aumento degli investimenti. Servono autorizzazioni lampo per i giacimenti ma anche per i collegamenti alla rete di gasdotti. E vanno coinvolte subito le comunità locali e le loro istituzioni, ricordano all’Assorisorse che chiede una cassetta degli attrezzi piena di strumenti. Sconti per famiglie e imprese L’obiettivo dell’aumento dell’estrazione è stipulare accordi di fornitura per il gas aggiuntivo di origine nazionale, il quale sostituirebbe una pari quantità di metano importato da Paesi remoti a prezzi feroci e con un peggiore impatto ambientale e climatico.Si pensa per esempio a un prezzo concordato per le famiglie a reddito molto basso, le quali oggi hanno il “bonus sociale” che riduce le bollette, e per i consumatori industriali di alcune categorie, come l’artigianato e le piccole e medie imprese esposte alla concorrenza sui costi (i produttori emiliani di ceramica o le fornaci vetrarie di Murano, per esempio) o gli energìvori ad altissima intensità di domanda (siderurgia, fonderie, cartiere, vetrerie, cementifici, chimica e così via). Lo Stato potrebbe delineare il quadro nel quale poi saranno le parti a stringere gli accordi. Le compagnie petrolifere sono un pugno — Eni, Shell, Gas Plus, Energean e in misura minore Total — però manca ancora l’attrezzatura normativa e contrattuale per i consumatori, dai colossi dell’industria fino alle famiglie meno abbienti. Le soluzioni da affiancare possono essere molte, in modo che possano adeguarsi alle diverse esigenze sociali e industriali, come (sono solo alcuni degli strumenti dell’orchestra) take or pay con una fideiussione che permetta di finanziare il progetto minerario, gruppi d’acquisto e comunità energetiche, partecipazione nei progetti minerari, contratti a prezzo fisso, acquisti concordati dell’Acquirente Unico.
NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
lunedì 31 gennaio 2022
Ricerca di gas e petrolio, spunta la prima mappa sui divieti di trivellazione
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento