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azzina di caffè sempre più
bollente. Le quotazioni della
varietà arabica, usata nell’espresso, sono al record da
10 anni. La produzione è
crollata (in particolare in Brasile), ma
soprattutto è diventato difficile rifornirsi. Al punto che si stanno svuotando
i magazzini delle borse e in questi giorni si sono succeduti diversi allarmi sui
rincari del caffè.
Secondo Ico, l’Organizzazione Internazionale del Caffè, per il 2021-22 la
situazione vede riduzioni nell’offerta
dei principali produttori, quali Brasile
e Colombia, e un parziale aumento dell’approvvigionamento da altre origini:
le esportazioni del Sud America sono
diminuite di circa un quarto (-24,4%) e
il trend sembra continuerà nel corso
nell’anno.
Deficit produttivo
«La maggioranza degli analisti e operatori nel settore del caffè – spiega Gerardo Patacconi, head of operations
dell’International Coffee Organization – concorda su una prolungata fase di scarsità di caffè. L’esatta entità
del danno è ancora difficile da quantificare, ma a partire dal 2022 è previsto
un deficit produttivo». Tra le cause, gli
eventi climatici, in particolare un forte
gelo in Brasile a luglio, l’instabilità in
alcuni Paesi produttori e i vincoli logistici hanno portato a un’imminente
carenza di approvvigionamento che
ha a sua volta portato i prezzi a un forte aumento negli ultimi mesi. Tanto da
arrivare ai livelli più alti degli ultimi
dieci anni, senza prospettive di un calo
significativo in vista nel breve termine.
«Dal momento che i torrefattori non
hanno ancora trasferito l’aumento dei
prezzi ai consumatori, nel 2022 è probabile una maggiore incertezza», sottolinea Patacconi.
Italia terzo importatore
L’Italia, secondo i dati Ico e del Comitato Italiano del Caffè, è un attore significativo nel mercato europeo e mondiale
del caffè. Con oltre 800 torrefattori, è il
terzo importatore di caffè verde dopo
Usa e Germania. Il green coffee nel nostro Paese proviene per oltre il 78,6% da
cinque paesi (Brasile, Vietnam, India,
Uganda e Indonesia) per un totale nel
2020-21 di 9,4 milioni di sacchi (da 60
kg cad.). Il comparto genera 3,6 miliardi di fatturato, ha 7mila dipendenti ed
esporta caffè lavorato per 4,9 milioni di
sacchi nelle differenti forme. Il consumo pro capite in Italia è di 4,94 kg (siamo al 28° posto nel mondo).
Tra l’altro proprio in questi giorni è
stato presentato il dossier per la candidatura del caffè espresso italiano a patrimonio Unesco.
Tra gennaio e dicembre 2021, la media mensile dell'Indice Ico (basato sui
differenziali dei prezzi in un paniere di
tipologie di caffè definite da origine e
mercati di destinazione) è cresciuta del
75,5%. La media annua si attesta a
151,28 centesimi, livello massimo dal
2012, invertendo il trend ribassista che
aveva caratterizzato gli ultimi anni con
gravi conseguenze per milioni di piccoli produttori. La soglia psicologica di
2 dollari per una libbra di caffè verde è
stata superata: la media mensile
dell'indicatore composto a dicembre
2021 si attestava a 203,06 centesimi,
ovvero il valore massimo dal settembre del 2011, quando la media mensile
fu di 213,04 centesimi.
«Il livello attuale dei prezzi del caffè verde – conclude Patacconi – è un
segnale positivo per quei coltivatori
che non sono stati colpiti da eventi climatici estremi, ma l’esperienza mostra che i prezzi del caffè sono soggetti
a cicli a lungo termine, quindi non si
deve presumere che i prezzi elevati di
oggi persistano indefinitamente. È
probabile che i prezzi del caffè rimarranno elevati per i prossimi due o tre
anni, poiché la produzione in Brasile
si riprenderà lentamente. Ma dobbiamo anche tenere a mente che i prezzi
del caffè sono ciclici. Studi sono in
corso per capire quanto dell’aumento
di prezzo raggiunge i coltivatori e
quanto dell'aumento influenzerà il
prezzo al consumo».
Caro tazzina nel 2022
La recente crisi delle materie prime ha
spinto anche Fipe, la Federazione dei
pubblici esercizi, a realizzare uno studio per analizzare come le tensioni sui
prezzi si stiano ripercuotendo sul settore. Gli aumenti sul caffè sono rilevati da cinque ristoratori su dieci, ma è
da considerare che il campione intervistato è prevalentemente composto
da ristoranti e non da bar. Mediamente l’incremento rilevato è del 9,5 per
cento. Poco meno di due imprenditori
su cinque stimano un incremento tra
il 5 e il 10%, per quasi 4 su dieci l’incremento supera il 10%. Il restante 16%
rileva aumenti inferiori al 5%.
Secondo Fipe, però, l’aumento nei listini che potrebbe verificarsi nei
prossimi mesi non trova una spiegazione solo negli aumenti dei prezzi delle materie prime, c'è anche da considerare che quattro ristoratori su dieci da
due anni o più non effettua un ritocco
del listino di vendita.
La conferma arriva, però, da Assoutenti la quale denuncia che il costo del
caffè al bar è arrivato ormai, su alcuni
banconi, a 1,50 euro con un aumento
del 37,6 per cento. Dal loro lato i baristi
lamentano che il prezzo del caffè per
loro è aumentato in media di un euro
al chilo in pochi giorni.
«Per non perdere clienti cerchiamo
di non aumentare la tazzina e riversare
i rincari su altri prodotti, perché il caffè
è un metro di misura dei consumatori,
ma non sappiamo fino a quando potremo resistere» afferma un barista
milanese.
NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
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