Il sentiment anti-Cina che serpeggia in Europa non ha impedito, anche durante la pandemìa, lo shopping da parte delle aziende di Pechino: nel 2021, infatti, le operazioni nel vecchio continente di M&A sono aumentate del 5% a 8,4 miliardi di dollari, mentre quelle in Nord America crollavano del 37% a 4,7 miliardi. L’ottavo report di Baker McKenzie e Rhodium Group sugli investimenti cinesi nel mondo rivela che l’anno scorso l’attività totale di fusioni e acquisizioni è scesa a 23,7 miliardi di dollari, in netto calo anche rispetto all’anno precedente. Ma i cinesi hanno diversificato gli approdi, puntando soprattutto all’aspetto qualitativo e così il Go global si è concentrato sull’Unione Europea, nonostante la barriera innalzata da molti Paesi contro le acquisizioni in settori chiave, come la tecnologia e le infrastrutture. Pechino, nel frattempo, ha imboccato la strada dell’autarchia che ispira il nuovo piano quinquennale, e all’estero ha puntato su settori meno sensibili come prodotti di consumo e l’intrattenimento che hanno totalizzato quasi la metà delle operazioni realizzate. Ricordiamo però che nel 2021 è stata completata l’operazione Porto del Pireo in Grecia, la mossa della China three Gorges in Spagna sulle energie rinnovabili, ma anche quella sul litio (Bacanora acquisita da Jiangxi Gangfeng) e Philips per la parte elettrodomestici senza trascurare che almeno due società del settore medico farmaceutico sono passate in mano cinese. In Asia le M&A hanno raggiunto i 5,4 miliardi di dollari, in America Latina - un ambiente ancora molto favorevole alle aziende di Pechino - ben 3 miliardi di dollari, contro il totale di Oceania e Africa pari a circa 1,5 miliardi. La mappa, in definitiva, è stata modificata anche dagli effetti del Covid-19. «Il trend in calo, però, va avanti almeno dal 2018 - dice Marco Marazzi, responsabile della sede di Milano di Baker McKenzie -. I motivi sono vari. Per l’Italia, poi, che registra solo poche decine di milioni di euro, le cifre impallidiscono rispetto ai capitali investiti in Germania Olanda o Regno Unito. Questo nonostante i tanti casi di successo di aziende italiane di proprietà cinese. Eppure, specie in un momento in cui il Governo italiano sembra favorire investimenti “greenfield” le aziende cinesi sono forse le uniche con la forza finanziaria e la visione di lungo periodo per farli davvero». Al contrario, per gli investimenti esteri in Cina il 2021 è stato un anno d’oro, hanno raggiunto la soglia magica del trilione di yuan, ma il settore investimenti esteri del Mofcom invita alla prudenza, il 2022 non sarà rose e fiori. E si capisce. Le autorità statunitensi hanno appena presentato un disegno di legge corposo, ben 2.912 pagine, che si occupa anche di rafforzare la competitività degli Stati Uniti con la Cina. E c’è da soppesare gli effetti collaterali della sentenza-regalo con la quale la WTO, a distanza di un decennio dall’inizio della controversia, consente alla Cina di imporre agli Stati Uniti dazi compensativi per 645 milioni di dollari su 22 prodotti cinesi, dai pannelli solari al filo di acciaio, relativi a presunte sovvenzioni databili tra il 2008 e il 2012, durante la presidenza di Barack Obama.
NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
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