STUPIDA RAZZA

mercoledì 26 gennaio 2022

Wall Street chiude la peggiore settimana da marzo 2020

 

È accaduto di frequente che ogni timore provocato negli investitori dalle fiammate dell’inflazione e dalla conseguente prospettiva di un irrigidimento delle politiche ultra-espansive delle Banche centrali che tanto hanno dato alle Borse sia stato rapidamente fugato dall’arrivo, nel momento più opportuno, di dati che testimoniavano l’ottima salute delle società quotate. Quando però i conti delle principali banche d’affari Usa non convincono e la trimestrale di Netflix viene accolta a Wall Street con una severa batosta (-23% per il titolo ieri) il meccanismo che ha funzionato quasi come un orologio nel recente passato rischia definitivamente di incepparsi. Si spiega in fondo anche in questo modo la terza settimana consecutiva di ribassi per l’azionario di New York, la peggiore in assoluto da marzo 2020 per l’S&P 500 nonostante avesse un giorno in meno per la festività di lunedì scorso, e anche l’ingresso «ufficiale» del Nasdaq in una fase di correzione. E anche le perdite subite, pur di riflesso e in chiave ridotta, dalle Borse europee, dove Piazza Affari ha con il -1,85% di ieri visto l’indice Ftse Mib riportarsi in territorio negativo non soltanto per l’ottava in corso, ma anche nel pur breve bilancio del 2022. I rischi paventati da più parti all’inizio di questo anno alla luce delle molteplici insidie macroeconomiche e politiche, oltre che legate allo sviluppo della pandemia, ma soprattutto delle quotazioni raggiunte dalle attività di rischio dopo diversi anni di rincorsa quasi ininterrotta sembrano dunque essersi improvvisamente materializzati. Gli analisti di BofA Securities mostrano però come nei primi nei primi 13 giorni di negoziazione del 2022 vi siano stati a livello globale flussi di investimento diretti verso l’azionario per ben 53 miliardi di dollari, praticamente lo stesso valore registrato un anno fa nel medesimo lasso di tempo: dati che lascerebbero pensare come i listini siano ancora lontani dalla capitolazione, ma che d’altra parte potrebbero anche far sorgere il dubbio che gli investitori siano stati colti di sorpresa dagli ultimi sviluppi. Qualcuno sembra già voler correre ai ripari, visto che almeno per quanto riguarda gli Stati Uniti l’ultima settimana ha fatto invece registrare deflussi pari a 5,9 miliardi per la prima volta da un mese a questa parte. E saranno molto probabilmente i prossimi giorni a fare capire se si tratta della decisione giusta. Non soltanto perché la classica stagione delle trimestrali Usa andrà avanti, con i conti di alcune «big» del calibro di Microsoft, Intel, Apple e Tesla a fare da catalizzatore in un contesto in cui gli analisti stanno ancora rivedendo al rialzo le stime, ma soprattutto perché all’orizzonte spunta già una nuova riunione della Federal Reserve. La Banca centrale Usa tornerà a riunirsi mercoledì prossimo e sono in molti in effetti fra gli operatori ad attendere con speranza nuove indicazioni non tanto sul fronte tassi (il primo rialzo nel mese di marzo viene dato ormai per scontato), quanto sul tema dell’eventuale riduzione di quel bilancio che i massicci piani di riacquisto hanno fatto lievitare fino a 9mila miliardi di dollari. L’ipotesi del temuto quantitative tightening, emersa leggendo i verbali dell’incontro di dicembre pubblicati due settimane fa, ha forse rappresentato lo spartiacque per i mercati finanziari. Un chiarimento, se non proprio una marcia indietro, da parte di Jerome Powell e degli altri banchieri di Washington potrebbe ribaltare di nuovo lo scenario.

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