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el 2022, la pandemia e la miriade di
crisi che ha generato potrebbero
iniziare a recedere. Ma anche nello
scenario migliore, è in vista uno
tsunami di nuove sfide. Affrontarle
richiederà che i leader adottino un
modello di governance diverso.
Oggi, tuttavia, molte persone hanno perso la fiducia
nei loro leader. Di fronte a rischi crescenti e alla
nostra incapacità di affrontarli, abbiamo iniziato a
cercare i colpevoli. Alcuni puntano il dito contro
leader politici inetti, altri incolpano i dirigenti
aziendali e una minoranza disperata e in crescita
vede una cospirazione delle élite.
La verità è più complicata. Al centro della nostra
incapacità di prevedere e gestire i rischi globali c’è
un problema di governance. Le nostre istituzioni e le
loro leadership non sono più adatte allo scopo.
Nel periodo della Governance 1.0, dopo la Seconda
guerra mondiale, sia la governance pubblica che
quella aziendale erano contrassegnate dal “leader
forte”. Questo tipo di leadership funzionava in una
società in cui il costo delle informazioni era elevato,
potere e gestione gerarchici funzionavano in modo
fluido, e i progressi tecnologici ed economici
avvantaggiavano quasi tutti.
Il modello di Governance 2.0, emerso a fine anni 60,
affermava il primato della ricchezza materiale, e
coincideva con l’ascesa del “capitalismo degli
azionisti” e la progressiva finanziarizzazione
globale. La nuova classe manageriale, responsabile
solo nei confronti degli azionisti, regnava sovrana.
Il brutale shock sociale ed economico inflitto dal
Covid-19 ha inaugurato la Governance 3.0. La
gestione delle crisi domina il processo decisionale,
con i leader che si concentrano sul pensiero
operativo e mostrano una relativa noncuranza nei
confronti delle possibili conseguenze indesiderate.
Questo approccio a breve termine, per tentativi ed
errori, ha portato a una gestione confusa della
pandemia e delle sue ricadute socioeconomiche.
Ma quando la pandemia finirà, avremo bisogno di
un nuovo modello di governance.
La Governance 4.0 dovrebbe differire dai precedenti
modelli per diversi aspetti.
1 Dovrebbe sostituire l’odierna gestione a breve
termine delle crisi con un pensiero strategico a
lungo termine. L’attenzione ai problemi attuali
come la pandemia, le crisi socioeconomiche, e la
salute mentale delle persone deve essere integrata
con azioni dirette a contrastare i cambiamenti
climatici, invertire la perdita di biodiversità e i danni
ambientali causati dalle attività umane, e ad
affrontare le sfide come le migrazioni forzate.
2 Deve sostituire la visione “a tunnel” e l’approccio
top-down che prevalevano in passato. Viviamo in un
mondo complesso e interconnesso, non in uno
lineare con poche discontinuità. Ciò significa anche
che devono cambiare i ruoli e le responsabilità di
ogni stakeholder della società. Il business non può
più ignorare il suo impatto sociale e ambientale,
mentre i governi non possono più agire come se
fossero gli unici depositari di tutte le risposte.
3 Deve cessare l’enfasi su una concezione angusta
dell’economia e degli interessi finanziari a breve
termine. Il primato della società e della natura deve
essere al centro di qualsiasi nuovo sistema di
governance. Finanza e affari sono importanti. Ma
devono servire la società, non il contrario.
Il mondo è cambiato e la governance pubblica e
aziendale deve cambiare con esso. Per ora, molti
leader rimangono bloccati nella mentalità del
“capitalismo degli azionisti” della Governance 2.0,
mentre alcune società continuano a favorire la
leadership della Governance 1.0.
Ma molti leader stanno già pensando e agendo come
pionieri di una nuova era di governo. Tra questi
sono compresi dirigenti aziendali che sostengono i
valori ambientali, sociali e di governance (Esg), e
leader politici come il presidente francese
Emmanuel Macron e il primo ministro italiano
Mario Draghi che abbattono le frontiere.
Soprattutto, i giovani chiedono un futuro migliore.
Coloro che usano ancora i playbook delle governance
di epoche precedenti criticano tali leader per non
essere “rimasti al loro posto”. Ma noi dovremmo
accogliere con favore i leader che, navigando in
territori in gran parte inesplorati, agiscono come
pionieri al di fuori del loro ristretto interesse, e
sostengono azioni per combattere il cambiamento
climatico e affrontare l’ingiustizia sociale.
Il XXI secolo porterà sfide senza precedenti. Se
vogliamo che figli e nipoti guardino ai nostri
progressi con la stessa soddisfazione che abbiamo
provato alla fine del XX secolo, allora il nostro
modello di governance deve evolversi.
NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
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