STUPIDA RAZZA

mercoledì 26 gennaio 2022

Confindustria: il caro energia taglia la crescita 2022 (-0,8%)

 

La risalita è a forte rischio. «Con gli attuali prezzi abnormi dell’energia, i margini erosi, la scarsità di commodity e l’aumento dei contagi il rischio è che il pil subisca uno stop nel primo trimestre». Tradotto in numeri è «almeno -0,8% l’impatto del caro energia sul pil del 2022». A inizio di quest’anno «si sono fatte più fitte le nubi, già addensatesi a fine 2021, sul pil italiano, stimato in frenata nel 4°trimestre». L’allarme arriva dalla nota Congiuntura Flash diffusa ieri. Secondo il Csc l’attesa è di una flessione per l’industria. Il costo insostenibile del gas (+723% a dicembre sul pre-crisi), più i rincari degli altri input, «sta causando temporanee chiusure di imprese nei settori energivori». L’impatto sulla produzione industriale in Italia «sarà registrato tra dicembre e gennaio». Lo scenario ha già iniziato a peggiorare a dicembre: il PMI (l’indice dei responsabili degli acquisti) è sceso (62,0 da 62,8). Gli ordini reggono a fatica. Se si guardano i servizi e i consumi, sono «di nuovo giù». Il PMI è calato a dicembre, 53 contro 55,9, segnale che la risalita sta frenando. Il recupero dei consumi (che presenta un gap di -3,6% dal pre-crisi, tutto nei servizi) «rischia di interrompersi». Questa situazione si riflette sugli investimenti: le attese sono pessimiste. Già nel terzo trimestre 2021 in Italia gli investimenti hanno rallentato (+1,6 rispetto al +2,4 del secondo trimestre), e le aspettative sulle condizioni economiche per il primo trimestre 2022 «sono in caduta». A frenare sono i bassi margini, erosi dalle commodity, e il contesto molto incerto, nonostante Pnrr e incentivi. Contemporaneamente aumenta l’inflazione: in Italia resta più bassa che nel resto dell’Eurozona, +3,9% a dicembre 2021, «ma è il valore più alto dal 2008». Per il 2022 il valore acquisito è già 1,8%: le previsioni per l’anno in corso sono in calo dal picco, in media +2,4. In Italia se si avvereranno le attese di una parziale riduzione dei prezzi energetici sarebbe confermato lo scenario di rientro dell’inflazione a livelli pre Covid, anche per il «perdurare della debolezza della domanda». Viceversa le attuali pressioni sui costi e sui nodi delle catene del valore potrebbero in parte trasmettersi sui prezzi 2022. Non frena il mercato del lavoro: a novembre gli occupati sono aumentati, +64mila unità. È stata recuperata quasi tutta la caduta, +700mila, anche se siamo a -140mila rispetto a fine 2019. I lavoratori dipendenti sono a livello pre-pandemia, -41mila i permanenti, +79mila i temporanei, mentre continua il calo degli indipendenti. Il credito resta stabile, +0,4% a novembre, e non si vedono impatti sulle sofferenze bancarie. L’export è tra luci e ombre: lo scenario a inizio 2022 è molto incerto, accanto ad una robusta ripresa della domanda estera, «permangono difficoltà nelle forniture e pressioni sui prezzi». Sfiducia e timore si percepiscono anche nell’Eurozona: gli indicatori mostrano un indebolimento delle prospettive, l’indice PMI nell’industria e nei servizi scende. Anche negli Usa si sta assistendo ad una frenata, la Fed ha tagliato la previsione del pil 2021-2023. Gli emergenti vanno avanti piano: stagnante il Brasile, in lieve espansione Cina e Russia, in crescita sostenuta l’India. Dovunque la fiducia degli imprenditori è condizionata dalla pandemia e dalle «strozzature nelle filiere internazionali». 

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