Un terzo dei volumi persi tra 2020 e
2021, un calo che raggiunge il 35% se
confrontato con il 2016. Le fabbriche
Stellantis dove si producono motori
(637.400 l’anno scorso, erano quasi
un milione cinque anni fa) in Italia
soffrono l’impatto della transizione
tecnologica e il calo della domanda
sul mercato. Il ceo Carlos Tavares ha
visitato questa settimana due dei
principali stabilimenti, Termoli e
Pratola Serra. Al centro degli incontri
il futuro industriale di queste realtà,
che dovranno far fronte al progressivo ridimensionamento delle motorizzazioni tradizionali. Un sistema
che conta 7.500 addetti diretti tra motori, cambi e basamenti (Teksid) e che
negli ultimi cinque anni ha già perso
oltre 1.100 addetti.
«L’arco temporale che abbiamo di
fronte è molto stretto e servono risposte che rassicurino nel breve periodo sia i lavoratori che il Paese. Gli
stessi obiettivi annunciati da Stellantis entro il 2030, 70% di elettrico nelle
produzioni per Europa e 40% per gli
Usa – argomenta Ferdinando Uliano,
responsabile settore Automotive per
la Fim-Cisl – evidenziano la necessità
e l’urgenza di garanzie per le prospettive future di oltre 7mila lavoratori del gruppo che in Italia operano sui motori tradizionali. Quota che
raddoppia se consideriamo anche
l’indotto collegato».
Agli stabilimenti di Termoli - con
alle spalle volumi quasi dimezzati in
5 anni – e di Pratola Serra – focalizzato
sulle alimentazioni diesel – si affianca
la realtà della Vm di Cento, a Ferrara –
specializzata in diesel ad alta cilindrata – accanto alle Meccaniche di Mirafiori e la fabbrica di Verrone, entrambi
in Piemonte, dove si producono cambi e componenti per i motori a combustione, oltre alla Teksid specializzata
in basamenti per motori. «La situazione più critica è certamente quella
dello stabilimento di Cento – analizza
Uliano – dove gran parte delle produzioni sono sul motore diesel V6, destinato in prevalenza a vetture del mercato nord americano». Lo stabilimento in provincia di Ferrara ha registrato
un crollo occupazionale più importante rispetto agli altri poli negli ultimi
5 anni, pari al – 36% della forza lavoro
e del 17% dei volumi secondo l’indagine della Fim-Cisl, con cig per un terzo
dei lavoratori anche nel corso del
2021. «Nonostante gran parte delle
produzioni siano destinate al mercato
americano, dove gli obiettivi per elettrico sono meno stringenti che in Europa, si sono riscontrati alcuni blocchi
nei progetti di sviluppo del V6 di quarta generazione che ci preoccupano
fortemente» aggiunge Uliano.
Molto più definita, soprattutto
dopo la conferma di Tavares, è la situazione di Pratola Serra, in provincia di Avellino. L’assegnazione dei
motori Euro 7 diesel B22 per tutti i
veicoli commerciali del gruppo Stellantis è positiva perché consentirà
dal 2024 un potenziale raddoppio dei
volumi, come stimano i sindacati. «Il
nuovo motore – aggiunge Uliano sarà destinato a tutti i veicoli di Sevel
e quelli del futuro stabilimento polacco del Gruppo. Certo, restano dei
punti di incertezza legati all’erosione
della quota di mercato dei diesel a
fronte dei nuovi motori elettrici e ad
idrogeno e al blocco previsto nel
2040 delle produzioni di motori a gasolio imposto dall’Europa».
Il progetto più strategico per
Stellantis in Italia, con ricadute sull’intero indotto automotive del Paese, è quello della Gigafactory da realizzare a Termoli. Annunciato da
Tavares l’estate scorsa, il progetto
sembra però ancora tutto da definire a livello governativo. Con più di
qualche incognita che preoccupa il
mondo del lavoro. «Senza Gigafactory in prospettiva tutti gli stabilimenti sono a rischio» dice Uliano.
I volumi dello stabilimento lucano
in particolare si sono quasi dimezzati negli ultimi cinque anni.
«Per noi è fondamentale che si apra
nei prossimi giorni con i vertici di Stellantis Europa e con il Mise – insiste Uliano – un dialogo su come governare questo processo che vedrà l’erosione nei
volumi sui motori endotermici, finalizzato anche a definire quali saranno gli
interventi di “reindustrializzazione” sia
sul fronte della componentistica elettrica per le nuove motorizzazioni che nell’ambito dei semiconduttori». Serve
una strategia, dunque, per spostare la
catena delle forniture nel paese.
NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
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