STUPIDA RAZZA

mercoledì 26 gennaio 2022

salviamo i libri dai roghi dell’oblio e dell’incuria


C he ne sarà dei nostri libri, di questi taciti e fedeli amici, che – basta un gesto della mano – ci vengono accanto nelle ore liete e dolorose della vita? La rete telematica ha preso il luogo dei libri cartacei: in aziende economiche, studî professionali, ricerche di singoli studiosi, indagini scientifiche.C he ne sarà dei nostri libri, di questi taciti e fedeli amici, che – basta un gesto della mano – ci vengono accanto nelle ore liete e dolorose della vita? La rete telematica ha preso il luogo dei libri cartacei: in aziende economiche, studî professionali, ricerche di singoli studiosi, indagini scientifiche; in breve, dovunque vi sia bisogno di una memoria del passato. E poi incalza il problema dello spazio, di abitazioni ristrette e sobrie, di costumi di vita che si svolgono in ambiti più limitati. Tutto nel nostro tempo congiura contro le biblioteche larghe e distese sulle pareti, divise in scansie e fondi, poste nel piano nobile di palazzi o nella sala centrale d’una casa borghese. Ora, già in vita, lo studioso e l’amatore si danno pena per il domani, e progettano soluzioni di atti liberali o lasciti testamentarî. Ma anche Università, e altre istituzioni di cultura, sono sovente costrette al rifiuto, a non esaudire desideri e propositi. Alcuni anni or sono Nino Aragno, figura nobile e generosa fra gli editori italiani, e familiare con grandi biblioteche, propose che un castello piemontese potesse ricevere e salvare cospicue raccolte e fondi speciali. La proposta non trovò attuazione, ma pur rimane come segno di un problema che attende soluzione. Su questa linea è forse immaginabile non so quale pubblico luogo, castelli o palazzi di varie regioni e città, che accettino donazioni e lasciti testamentari provvedendo alla razionale sistemazione dei libri. Non una triste fossa comune, ma una biblioteca nazionale, che impedisca la dispersione di raccolte e il destino sui bouquinistes lungo le rive dei nostri fiumi. È che la biblioteca di uno studioso non è semplice somma di volumi, ma, anch’essa, nel suo costituirsi ed espandersi, opera di cultura individuale, recando traccia del cammino dell’autore, e di suoi gusti e fonti, rifiuti e predilezioni. È il suo volto rispecchiato nella scelta e composizione della biblioteca: non passivo e materiale strumento, ma persona partecipe dello stesso viaggio. La storia europea ha conosciuto roghi di libri, e ancora rammemora le cupe immagini e le sacrileghe fiaccolate del 10 maggio 1933. Ma parimenti grave e distruttivo sarebbe il rogo decretato, per incuria o abbandono o fisica rovina, dalla rete telematica e dalla scarsezza di spazio. Se non una “FAI del libro”, concepita o idealmente vagheggiata da Nino Aragno, ben si potrebbe istituire un luogo di raccolta, adibito a ricevere, scegliere, conservare i libri, non solo di grandi studiosi e celebri casate, ma anche di quella borghesia a cui è cara la custodia di vecchie edizioni o opere legate a stagioni della vita. Distruggere libri, in uno dei diversi roghi che l’uomo può accendere nella propria storia, significa cancellare epoche culturali, “far pulizia” di scelte individuali e collettive. Castelli e palazzi, in cui sarebbero riunite le biblioteche di tutte le classi sociali, si staglierebbero all’orizzonte come forzieri e custodi di civiltà. Le biblioteche, anche più umili e modeste, composte di pochi volumi (che non siano semplici oggetti decorativi) o di estese enciclopedie, raccontano la storia di individui e famiglie, dal primo e timido avvicinarsi alla cultura fino alla piena maturità delle scelte. Sono spesso cammini ardui e faticosi, in cui il libro figura come simbolo di un'attesa sociale o di una mèta raggiunta. Queste storie non possono andare disperse o distrutte: sarebbe un rogo più crudele e triste di ogni altro. Dietro ogni libro c'è un frammento d’umanità.

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