STUPIDA RAZZA

lunedì 24 gennaio 2022

Pensioni, -3% l’anno sul retributivo

 

Diventa sempre più ampio il ventaglio di ipotesi per rendere più flessibile dal 2023 la legge Fornero. In attesa che, dopo la conclusione della partita per l’elezione del capo dello Stato, governo e sindacati affrontino il capitolo della flessibilità in uscita, che è più delicato del confronto in corso sulle pensioni, sul tavolo arriva un’altra proposta, allegata alla relazione di fine mandato presentata ieri dal Consiglio di indirizzo e vigilanza (Civ) dell’Inps insieme alla rendicontazione sociale 2017-2021. A metterla nero su bianco in forma di “valutazione esperta” sulle prospettive del sistema pensionistico è Michele Reitano, membro della Commissione tecnica istituita dal ministero del Lavoro per studiare le possibilità di separare le voci assistenziali da quelle previdenziali, che suggerisce di porre fine al susseguirsi di misure eterogenee per aprire canali d’uscita limitati e ristretti, come ad esempio Quota 100 e, dal 1° gennaio 2022, Quota 102. E di imboccare un’altra strada per permettere, partendo da una età minima (che non viene indicata), l’uscita anticipata «subendo una riduzione della quota retributiva della pensione (ad esempio, intorno al 3% per ogni anno di anticipo rispetto all’età legale) che compensi, in modo attuarialmente equo, il vantaggio della sua percezione per un numero maggiore di anni». Questa soluzione, sfruttando le potenzialità offerte dal passaggio verso lo schema di calcolo contributivo, offrirebbe «un’opportunità in più ai lavoratori» indipendentemente dalla loro carriera pregressa e senza troppi problemi per i conti pubblici nel lungo periodo. Un’ipotesi diversa da quasi tutte quelle formulate negli ultimi mesi, compresa l’idea del presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, di consentire l’anticipo della sola quota contributiva dell’assegno rimandando alla soglia di vecchiaia l’erogazione della fetta retributiva. Proprio il posizionamento della soglia minima sembra essere la priorità dei sindacati. Che puntano a una discontinuità con Quota 100 e Quota 102. Anche perché i dati contenuti nel dossier del Civ dell’Inps, presieduto da Guglielmo Loy, confermano che lo scorso anno solo l’8,3% dei trattamenti con Quota 100 presentava un importo inferiore a mille euro lordi al mese. Al 30 settembre 2021 risultavano liquidati a soggetti con almeno 62 anni d’età e 38 di contributi 355mila assegni per un costo di 19,5 miliardi: meno della metà del fabbisogno complessivo di oltre 46 miliardi previsto dal decreto legge istitutivo di Quota 100 e anche dei 41,3 miliardi stimati, dopo gli “aggiornamenti” operati dal Mef, dall'Ufficio parlamentare di bilancio (Upb). Tra il 2012 e lo scorso anno sono invece state oltre 144.500 le uscite con Opzione donna. Il Civ dell’Inps ha anche nuovamente lanciato l’allarme contenzioso che comporta per l’Istituto costi attorno ai 230 milioni l’anno in spese legali. Loy, che ha sollecitato una direttiva ministeriale sulla governance duale dell’ente, ha detto che dai dati emerge un Paese che sembra tenere malgrado l’esplosione della pandemia anche se ora si tratta di capire se la prevista crescita dell’occupazione sarà sufficiente a garantire la stabilità del sistema previdenziale. Dal Civ è anche arrivato un no all’ipotesi trasformazione dell’Inps in Agenzia governativa. Il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, ha confermato che, essendo scaduto il Civ dell’Inps, il ministero si accinge a nominare il nuovo Consiglio. Orlando ha anche sottolineato che «l’ultima sfida sarà l’implementazione dell’assegno unico universale».

Nessun commento:

Posta un commento