STUPIDA RAZZA

lunedì 31 gennaio 2022

Neanche il super Pil aiuta: Wall Street ancora in affanno

 

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The day after. Dopo Powell, ovviamente. Per gli investitori non è semplice metabolizzare il messaggio di mercoledì sera con cui il governatore della Federal Reserve ha cambiato la politica monetaria sdoganando nella narrazione finanziaria l’aggettivo “nimble”, agile. Tale sarà da ora in poi l’azione della Fed per contrastare l’inflazione. Si è quindi preparato il terreno, in base ai dati che verranno, per agire rapidamente senza un copione cadenzato e progressivo, che sarebbe più semplice da far digerire ai mercati. Ed ecco perché nella notte i future di Wall Street hanno proseguito all’insegna delle vendite, alimentate nel finale del discorso di Powell. Nel corso della giornata l’umore è migliorato in scia all’ottimo dato sul Pil statunitense dell’ultima parte del 2021, cresciuto del 6,9% anziché del 5,5% atteso (si veda approfondimento in basso). Tuttavia se i mercati salgono accompagnati da un indice della volatilità a 31 punti (anziché sotto la zona di tranquillità sotto i 20) il dietrofront può essere sempre dietro l’angolo. Così non ci si è stupiti quando in serata a New York c’è stata l’ennesima inversione a U con le quotazioni tornate in rosso. I dati macro difatti sono contrastanti. Ottimo quello sulle richieste di sussidi di disoccupazione in netto calo la scorsa settimana - segno che gli effetti della variante Omicron si stanno ridimensionando - meno buono il calo di due punti percentuali dell’indice Russell 2000, quello che rappresenta l’economia reale statunitense. Come mai questo paniere (che se vogliamo è un leading indicator, proiettato quindi al futuro) non ha festeggiato la corsa del Pil nel 2021 (che a conti fatti resta un lagging indicator, cioè rivolto al passato)? Altro dubbio che gli investitori aggiungono alla lista. Insieme a quello che arriva dall’analisi delle performance dei settori più comprati ieri. È stata la giornata dei titoli bancari (+0,65% negli Usa e molto bene anche in Europa con un +1,33%) ma il settore più premiante è stato quello delle utilities (+1,86% in Europa e +1,61% a Wall Street). I bancari hanno beneficiato dello scenario rapido di strette monetarie presentato da Powell (difatti i tassi Usa a 2 anni sono balzati all’1,15% andando a scontare 4-5 rialzi e appiattendo la curva dei rendimenti) ma il balzo delle utilities potrebbe fare più il paio con la crescente aspettativa di una parte degli istituzionali di una stagflazione - intesa come rallentamento della crescita a fronte di un’inflazione ancora sostenuta - all’orizzonte.Bancari e utilities fanno molta della performance del Ftse Mib di Piazza Affari che non per caso è risultato tra i migliori in Europa (+0,99% a fronte del +0,49% dell’Eurostoxx 50). Va precisato che tra i vari regimi economici, quello della stagflazione - paventato anche dal Fondo monenario internazionale - è quello che tende a dare più boost alle utilites, un comparto che offre elevati dividendi (e quindi protegge dall’inflazione) ma è anche difensivo (e quindi funge da rifugio). Essendo poi un settore ad alto debito beneficia delle fasi di appiattimento della curva. Pertanto è una situazione che andrà monitorata con attenzione nelle prossime sedute. Così come sorvegliato speciale resta il dollaro che ieri si è spinto (a livello globale e quindi analizzando il dollar index) oltre i 97 punti, come non accadeva dall’estate 2020. Non è stato “risparmiato” dal movimento neppure l’euro, scivolato sotto 1,115, quasi un punto percentuale in 24 ore. Il dollaro si rafforza in armonia con la nuova veste sempre più da “falco” indossata da Powell, anche alla luce del fatto che l’Eurozona (salvo colpi di scena) dovrebbe restare ancora ferma sul fronte tassi, almeno per tutto il 2022 e forse per l’anno successivo. Ne sapremo certamente di più la prossima settimana quando la palla passerà alla Bce che aggiornerà la sua politica monetaria. Nel mentre la volatilità si sta prendendo tutta la scena.

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