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The day after. Dopo Powell, ovviamente. Per gli investitori non è semplice metabolizzare il messaggio di mercoledì
sera con cui il governatore della Federal
Reserve ha cambiato la politica monetaria sdoganando nella narrazione finanziaria l’aggettivo “nimble”, agile.
Tale sarà da ora in poi l’azione della Fed
per contrastare l’inflazione. Si è quindi
preparato il terreno, in base ai dati che
verranno, per agire rapidamente senza
un copione cadenzato e progressivo,
che sarebbe più semplice da far digerire
ai mercati. Ed ecco perché nella notte i
future di Wall Street hanno proseguito
all’insegna delle vendite, alimentate nel
finale del discorso di Powell.
Nel corso della giornata l’umore è
migliorato in scia all’ottimo dato sul Pil
statunitense dell’ultima parte del 2021,
cresciuto del 6,9% anziché del 5,5% atteso (si veda approfondimento in basso). Tuttavia se i mercati salgono accompagnati da un indice della volatilitÃ
a 31 punti (anziché sotto la zona di tranquillità sotto i 20) il dietrofront può essere sempre dietro l’angolo. Così non ci
si è stupiti quando in serata a New York
c’è stata l’ennesima inversione a U con
le quotazioni tornate in rosso. I dati macro difatti sono contrastanti. Ottimo
quello sulle richieste di sussidi di disoccupazione in netto calo la scorsa settimana - segno che gli effetti della variante Omicron si stanno ridimensionando
- meno buono il calo di due punti percentuali dell’indice Russell 2000, quello
che rappresenta l’economia reale statunitense. Come mai questo paniere
(che se vogliamo è un leading indicator,
proiettato quindi al futuro) non ha festeggiato la corsa del Pil nel 2021 (che a conti fatti resta un lagging indicator,
cioè rivolto al passato)?
Altro dubbio che gli investitori aggiungono alla lista. Insieme a quello che
arriva dall’analisi delle performance dei
settori più comprati ieri. È stata la giornata dei titoli bancari (+0,65% negli Usa
e molto bene anche in Europa con un
+1,33%) ma il settore più premiante è
stato quello delle utilities (+1,86% in Europa e +1,61% a Wall Street). I bancari
hanno beneficiato dello scenario rapido di strette monetarie presentato da
Powell (difatti i tassi Usa a 2 anni sono
balzati all’1,15% andando a scontare 4-5
rialzi e appiattendo la curva dei rendimenti) ma il balzo delle utilities potrebbe fare più il paio con la crescente aspettativa di una parte degli istituzionali di
una stagflazione - intesa come rallentamento della crescita a fronte di un’inflazione ancora sostenuta - all’orizzonte.Bancari e utilities fanno molta della
performance del Ftse Mib di Piazza Affari che non per caso è risultato tra i migliori in Europa (+0,99% a fronte del
+0,49% dell’Eurostoxx 50). Va precisato
che tra i vari regimi economici, quello
della stagflazione - paventato anche dal
Fondo monenario internazionale - è
quello che tende a dare più boost alle
utilites, un comparto che offre elevati
dividendi (e quindi protegge dall’inflazione) ma è anche difensivo (e quindi
funge da rifugio). Essendo poi un settore ad alto debito beneficia delle fasi di
appiattimento della curva. Pertanto è
una situazione che andrà monitorata
con attenzione nelle prossime sedute.
Così come sorvegliato speciale resta il dollaro che ieri si è spinto (a livello globale e quindi analizzando il dollar index) oltre i 97 punti, come non accadeva dall’estate 2020. Non è stato
“risparmiato” dal movimento neppure l’euro, scivolato sotto 1,115, quasi un
punto percentuale in 24 ore. Il dollaro
si rafforza in armonia con la nuova veste sempre più da “falco” indossata da
Powell, anche alla luce del fatto che
l’Eurozona (salvo colpi di scena) dovrebbe restare ancora ferma sul fronte
tassi, almeno per tutto il 2022 e forse
per l’anno successivo. Ne sapremo
certamente di più la prossima settimana quando la palla passerà alla Bce
che aggiornerà la sua politica monetaria. Nel mentre la volatilità si sta prendendo tutta la scena.
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