T ra Nord e Sud dell’Europa sembra che finalmente le distanze si accorcino. Sull’asse Est-Ovest invece avviene il contrario: dal grande amore degli esordi all’incomunicabilità diffusa. Senza una leadership politica attenta e lungimirante, la ferita potrebbe finire in cancrena infettando tenuta e stabilità dell’Europa intera già sotto un pesante assedio geopolitico, che ne smaschera tutte le vulnerabilità. L’Est sta diventando il suo ventre molle, la palude che potrebbe risucchiarla. Per varie ragioni. Si trova al crocevia delle pressioni di Russia e Cina, l’una ansiosa di riportarlo nella propria ormai perduta zona di influenza, l’altra di farne la propria docile testa di ponte nell’Ue. Entrambe unite nello sforzo di dividere l’Europa per meglio condizionarla. Vive sulla propria pelle l’Est, complice la geografia di frontiera, lo scontro tra Stati Uniti e Nato – gli scudi oggi un po’ ammaccati cui affida la propria sicurezza - e Russia e Cina assetate di revanscismi e ansie egemoniche globali. Peggio, si ritrova stretto in una doppia morsa: esterna e interna. Dentro l’Unione la mala convivenza è ormai quasi regola. I copiosi aiuti strutturali Ue, vera manna economica e sociale, non servono a placare incomprensioni e diffidenze: in fatto di sicurezza ai confini, politiche migratorie, valori, identità societaria e stato di diritto. Con la sensazione di essere considerati cittadini Ue di seconda categoria, in balia altrui come ai tempi del vecchio Comecon, si ripete spesso. Esagerazione? Certo. Ma anche il risultato inevitabile sia di un travaglio integrativo troppo rapido tra due mondi e culture troppo a lungo lontane, opposte. Sia della faciloneria con cui l’Ovest si illudeva bastasse una pioggia di miliardi a fare la riunificazione europea. Ora che scopre che non è così, non trova di meglio che imboccare la scorciatoia delle regole invece delle fatiche della politica e del dialogo per riportare all’ordine i renitenti facendo rientrare fronde pericolose. E così la Polonia deve pagare una multa di 69 milioni, che salirà di 1 milione al giorno fino a che non recepirà la sentenza della Corte europea (contestata) a garanzia dell’indipendenza della magistratura. Se non pagherà, le sarà sottratto l’equivalente dagli aiuti europei che le spettano. È la stessa Polonia che ha visto inascoltati, come i Baltici, i suoi allarmi per il raddoppio della dipendenza Ue dal gas russo attraverso il gasdotto Nord Stream 2 voluto dalla Germania. La stessa catapultata nelle crisi bielorussa e ucraina. Scioccata come tutto l’Est dalla proposta di Emmanuel Macron per un «nuovo ordine di sicurezza continentale da discutere anche con la Russia», proprio quando Putin lo rivendica da Stati Uniti e Nato per resuscitare le frontiere del defunto impero sovietico. Nell’inazione dei partner Ue, per aver accolto una sede diplomatica di Taiwan la Lituania da mesi subisce il boicottaggio commerciale cinese. Siccome non cede, Pechino minaccia di ritorsioni sulle loro attività in Cina tutte le multinazionali che non chiudano i ponti con Vilnius. Bruxelles propone uno strumento anti-coercizioni economiche dai paesi terzi ma l’accordo richiederà tempo. Solo la Slovenia su Taiwan ha seguito le orme di Vilnius. Non c’è poi da stupirsi se, quando si deve decidere all’unanimità, Polonia, Ungheria pongano riserve e veti: è appena successo con la direttiva Ue sulla tassazione minima del 15% delle multinazionali. Succederà di nuovo sul pacchetto clima Fit for 55, riforma degli ETS e aumento dell’1,1% entro il 2030 delle rinnovabili da riscaldamento. Per bloccarli Varsavia avrebbe il sostegno di quasi tutti i paesi dell’Est, Danimarca, Portogallo, Spagna e Svezia. Se non ferma la corsa alle ritorsioni e non supera la crisi di fiducia in atto appianando paure e conflitti di interessi economico-strategici ma ancora di più distanze e incomprensioni politiche e culturali, l’Europa alla fine potrebbe pagare carissima l’incapacità di sanare la propria frattura Est-Ovest. Né può sperare che siano gli Stati Uniti di Biden a toglierle le castagne dal fuoco. Per non cedere al fuoco incrociato del ricatto energetico-militare della Russia e del boicottaggio della Cina su commercio e catene del valore, che hanno i loro terreni di coltura a Est, l’altra Europa non ha altra strada che la riconciliazione.
NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
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