STUPIDA RAZZA

giovedì 27 gennaio 2022

perché il 2022 sarà l’anno delle blockchain

 

I l 2022 potrebbe essere un anno decisivo per la DeFi, la finanza decentralizzata che tramite blockchain e contratti intelligenti (smart contracts) permette agli utenti di effettuare direttamente transazioni finanziarie senza intermediari. Da inizio 2020 a oggi i ritmi di crescita sono stati impressionanti. Il valore totale degli assets depositati nei protocolli DeFi è balzato da meno di 1 miliardo a 230 miliardi di dollari, mentre il numero di indirizzi distinti che hanno usato giornalmente tali protocolli è salito da 91mila a quasi 4,5 milioni.D opo le prime applicazioni legate al prestito di stablecoins (le cripto-valute ancorate con un cambio fisso a un asset sottostante), in poco tempo sono nate piattaforme per transazioni d’ogni tipo: strategie passive, derivati, assicurazioni e trading di cripto-assets (“token”) sulle borse decentralizzate, i c.d. DEX. Ad alimentare questa euforia sono stati i tassi d’interesse molto bassi e la pandemia, che ha portato molti di noi a passare più tempo su device elettronici e quindi anche a scoprire la DeFi. È comunque probabile che l’exploit sarebbe avvenuto anche senza il Covid, al più con qualche anno di ritardo. Disintermediazione, anonimato, poche barriere all’entrata sono tutti fattori che hanno creato negli utenti la sensazione di una finanza prêt-à-porter. Così non è. Come ogni operatività finanziaria, anche la DeFi presenta diversi profili di rischio. Innanzitutto, come osservato di recente dalla Banca dei Regolamenti Internazionali, la decentralizzazione della DeFi è solo un’illusione per l’inevitabile incompletezza degli algoritmi (che impone una governance centrale) e per la tendenza dei meccanismi del consenso della blockchain a concentrare il potere decisionale. Occorre poi notare che la promessa di rendimenti appetibili è l’alter-ego di un rischio di mercato molto elevato, con volatilità a 3 cifre, su cui spesso si costruiscono posizioni a leva finanziaria particolarmente alta e prodotti simili a quelli che meno di 15 anni fa hanno scatenato la crisi finanziaria globale. Si tratta di pura speculazione, peraltro in un contesto in cui il collaterale è l’unico ammortizzatore: una volta che il suo valore si azzera, la perdita è consolidata per intero. Infine, va ricordato che la finanza decentralizzata è una calamita per il riciclaggio e il finanziamento di attività illecite, come documentano i già numerosi episodi. I rischi della DeFi rappresentano una grossa sfida per governi e regulators. La normativa è per lo più inesistente o lacunosa, anche perché parliamo di un ecosistema che offre servizi in cui la complessità della materia finanziaria si somma a quella delle scienze dell’informazione. Una disciplina adeguata richiede conoscenze specifiche e di alto livello in ambo i campi. L’Ue sta lavorando a un pacchetto normativo detta Markets in Crypto-Assets che, però, non dovrebbe entrare in vigore prima del 2024. Chissà cosa accadrà prima di allora in un mondo che procede a ritmi così spediti. Alcuni paesi come Cina, Iran e Kosovo hanno tagliato corto vietando i cripto-assets. Ma i divieti – specie nel caso di un’operatività decentralizzata – sono facilmente aggirabili e favoriscono arbitraggi regolamentari tra giurisdizioni. Una regolamentazione risk-based e il più possibile armonizzata su scala globale e un enforcement tempestivo e rigoroso sono la priorità per i policymakers e le autorità di vigilanza.

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