STUPIDA RAZZA

giovedì 27 gennaio 2022

Su gas e nucleare von der Leyen scontenta tutti, nuovo rinvio

 

Nel parere inviato alla Ue sulla tassonomia di gas e nucleare l’Italia chiede limiti più blandi sulle emissioni delle centrali a gas. Le forti divisioni tra i Paesi provocano un nuovo rinvio.Tutti scontenti. O quasi. Perciò è diventato inevitabile un nuovo rinvio. La bozza di atto delegato complementare per la classificazione di sostenibilità di gas e nucleare diffusa il 31 dicembre dalla Commissione europea per la consultazione, ha fatto arrabbiare tutti. O quasi tutti. La pronuncia era prevista nella riunione di domani, 26 gennaio, ma a questo punto slitterà sicuramente almeno di una settimana, al primo collegio di febbraio. E c’è chi non esclude decisioni più radicali che sono comunque nelle mani della presidente Ursula von der Leyen. Dopo la bocciatura giunta dai 70 esperti della Piattaforma sulla finanza sostenibile, espressione del mondo accademico, ma anche dei settori industriali (c’è il rappresentante di Airbus, quello di BusinessEurope, di Iberdrola, di E.On, ma anche quello del Wwf, dell’associazione dei proprietari delle foreste, di BnpParibas e di Allianz...), sono arrivate in ordine sparso le posizioni dei 27 Stati membri che avrebbero dovuto inviare entro il 21 gennaio una posizione comune e invece non sono riusciti a fare sintesi e si sono mossi ognuno per sé. Tutti hanno qualche critica, più o meno pesante, sul documento della Commissione. Solo un paese non ha protestato, perché evidentemente aveva fatto sentire, prima e per bene, la propria voce: la Francia di Emmanuel Macron che ha ottenuto - nella bozza - quello che chiedeva: non mettere in discussione il modello energetico francese basato sul nucleare. Ieri è trapelata da Bruxelles anche la posizione critica italiana. Come ha riferito l’agenzia Il Sole 24 Ore Radiocor, l’Italia contesta i limiti di emissioni - ritenuti troppo bassi - previsti per concedere il bollino verde alle centrali a gas. Il governo italiano chiede che la soglia di emissione di Co2/kWh venga alzata a 340 grammi. Oppure che debba essere mantenuta una media annuale di 750 kg di Co2/kWh calcolata sul ciclo di vita di vent'anni. La soglia standard fissata dal regolamento è di 100 grammi di Co2 per kWh. Nella bozza di Capodanno la Commissione ha indicato una fase di transizione fino al 2030 ammettendo nella tassonomia le centrali a gas che producono fino a 270 grammi di Co2 per kWh oppure che mantengono una media annuale di 550 kg di Co2 per kWh, sempre su vent’anni. L’Italia, dunque, è allineata alle posizioni del governo tedesco, ma solo per ciò che riguarda il gas. Sul nucleare, infatti, Roma ha scelto di non pronunciarsi affatto. In linea teorica non è interessata per via del referendum che ha bandito questa fonte energetica qualche decennio fa, ma questo sembra solo un pretesto. La sensazione è che Roma non abbia voluto dar fastidio alla Francia, primo produttore europeo di energia nucleare con un parco di 58 centrali attive e in gran parte da rinnovare, più altre in costruzione. In Germania, invece, il nuovo governo rosso-giallo-verde si è espresso in modo drastico contro il nucleare che dovrebbe essere completamente dismesso entro quest’anno. Tornando al gas, con Italia e Germania c’è buona parte o tutto il blocco dell’Est dove il gas consente un salto di qualità nel taglio delle emissioni rispetto al carbone, dalla Polonia all’Ungheria. Su questa linea anche Grecia e Cipro. Al contrario, altri Stati membri di gas non vogliono neanche sentir parlare: Austria (che ha minacciato il ricorso alla Corte di giustizia), Danimarca, Spagna, Irlanda, Lussemburgo, Olanda, Portogallo e Svezia. Francia e Finlandia sarebbero in linea di principio contrarie al gas, ma hanno assunto una posizione di neutralità pur di non mettere in discussione il nucleare che è il loro obiettivo prioritario. Il percorso del provvedimento si fa dunque sempre più contorto: se a parole tutti concordano entusiasticamente sull’obiettivo di neutralità climatica al 2050 fissato da Bruxelles, troppe sono le distanze nelle posizioni di partenza per riuscire a individuare una linea condivisa che consenta di centrare l’obiettivo. Di fronte ad un dossier che sta diventando sempre più ingestibile (a complicare il quadro ci si è messa anche l’escalation in Ucraina e la coincidenza non aiuta visto che le decisioni su sanzioni e aiuti Ue passano sempre dalla presidente) per la Commissione è diventato inevitabile prendere più tempo nella speranza di trovare il bandolo della matassa.

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