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Uno sforzo olimpico. Una maratona mediatica senza precedenti. Il Presidente della Corte Costituzionale Giuliano Amato l’altro giorno è tornato in televisione per una lunga intervista in prima serata. Ed è solo l’ultima apparizione in pochi giorni. In nemmeno un mese di presidenza, ha già rilasciato tre interviste “m o n s tre” a network nazionali, una lunga lenzuolata sui giornali, un “t we et” che ha anticipato gli orientamenti della Corte prima della camera di consiglio, fino all’inusuale conferenza stampa “s h ow ” sui quesiti referendari. Di questo ,passo ce lo ritroveremo presto nei programmi di cucina o alle previsioni del tempo. Abituati a presidenti della Consulta grigie comparse in ermellino, ci ritroviamo oggi un primattore sulla scena, il più presente sugli schermi nazionali subito dopo A m ad eu s . Ciò solleva più di un dubbio. Chiariamo subito: nessuno vuole censurare il presidente della Corte. «Le sentenze vanno anche spiegate», ha detto A m ato. Per carità: abbiamo a che fare con un personaggio di p r i m’ordine, più volte premier e ministro, con un’i nte l l i ge n za sopraffina e una capacità oratoria difficile da arginare. Tuttavia, nel caos istituzionale cui stiamo assistendo, gettare anche la Consulta nella canea politica quotidiana non è un bene per nessuno. A lasciare spiazzati, peraltro, non sono soltanto le parole di Giuliano Amato. Ma anche i silenzi. Ciò che non si comprende è perché, nella sua nuova veste divulgativa, Amato abbia deciso di parlare di tutto - Ucraina, giustizia, suicidio assistito, matrimoni gay - tranne che del primo argomento sulla bocca degli italiani: l’emergenza sanitaria. Eppure, su quel fronte, di dilemmi costituzionali ce ne sarebbero parecchi. Mentre il resto dell’Occidente festeggia una ritrovata libertà, in Italia il governo sta confermando le sue regole restrittive, nonostante sia scemato l’al la rm e pa n d e m ic o. A l l’estero riaprono quasi tutto, qui il ministero della Salute vorrebbe farci sottoscrivere una sorta di abbonamento al green pass, semplicemente perché «fa parte della nostra strategia». Eminenti costituzionalisti hanno sollevato più di un sopracciglio, all’i p ote s i che l’emergenza venga prolungata ad libitum, fino a somigliare inquietantemente alla normalità. Lo stesso presidente emerito della Corte, C e s a re M i ra b el l i , disse che «la proroga emergenziale non può avvenire senza una motivazione grave e documentata». Insomma, mentre Draghi promette di chiudere formalmente l’emergenza il 31 marzo, di fatto gli obblighi restano ad oltranza: su tutto questo Ama - t o, tra una pausa pubblicitaria e l’altra, non trova nulla da dire? Visto che la Costituzione va anche «spiegata», potrebbe il capo degli ermellini «spiegarci» perché la proroga del divieto di lavorare per gli over 50 sarebbe regolare? Potrebbe gentilmente spiegarci, nella prossima «messa» in onda, in base a quale logica il prolungamento estivo del green pass - provvedimento unico al mondo - risponderebbe al dettato costituzionale? Potrebbe spiegarci perché in altre democrazie, con le loro corti costituzionali, il cappio delle restrizioni si allenta, mentre da noi no? Lo diciamo non per partito preso, ma solo con la curiosità del discente, vista la disponibilità di Amato a salire in cattedra ad ogni fascia oraria del palinsesto. Per dirla con parole sue, «il bisogno di trasparenza nutre la sovranità popolare», e va bene: ma non può esservi trasparenza solo quando fa comodo a lui. Altrimenti i suoi diventano interventi più «politici» che «giuridici»: e questo non deve accadere. Perché il rischio, a lungo andare, è quello di ridursi ad essere una sorta di «influencer» del governo. Snaturando così la figura del «giudice costituzionale», quello che con imparzialità e buon senso è chiamato a pronunciarsi sull’ap pl ic az io ne della Carta. Purtroppo, il timore è che il danno sia già stato fatto. In questo sventurato periodo di riforme costituzionali de fact o, con il governo che ormai risponde più al Quirinale che al parlamento, anche la Consulta sta subendo una metamorfosi ac c e l e rata . Probabilmente anche le supreme toghe, come la presidenza della Repubblica, assumeranno sempre più spesso un ruolo politico tout court, pur senza risponderne a nessuno. E questo potrebbe minare la fiducia dei cittadini verso l’unica istituzione che, mediamente, ha saputo mantenere un profilo super partes. Almeno di facciata. A riprova della deriva «politica» della Corte, basti pensare all’unica frase uscita al presidente Amato sulla pandemia, nel tour de force mediatico di questi giorni. Una frase che potrebbe tranquillamente finire in un libro di Roberto Spera n za , in quarta di copertina. La crisi sanitaria, ha detto Amato a microfono acceso, ha alimentato «l’antiscienza come ricerca del nemico». Tutto qua. Secondo il presidente della Corte, l’unico cascame preoccupante dell’e pid em ia sarebbe questo: l’a nt i s c ie n za . Non il lockdown, non i dpcm, non i lasciapassare, non le restrizioni, non le disparità di trattamento: ma l’a nt i s c ie n za . Se questa è la cosiddetta trasparenza, tanto valeva tenersi i bei vecchi tempi, quando i «giudici delle leggi» parlavano solo con le sentenze.
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