STUPIDA RAZZA

domenica 27 febbraio 2022

FATTORE TEMPO decisivo sui costi della crisi energetica

 

È stato difficile per gli analisti prevedere l'estensione della guerra che la Russia sta scatenando contro l'Ucraina in queste ore. La maggioranza degli analisti ritenevano probabile (forse anche certa) la ripetizione del modello Crimea. In modo repentino il presidente russo Vladimir Putin ha riconosciuto l’indipendenza delle Repubbliche di Donetsk e Luhansk, ed affermato “L’Ucraina non è uno stato vicino, ma parte della nostra storia”. Tra le conseguenze che questa guerra trascina con sé vi sono aspetti meno drammatici, ma che riguardano direttamente il nostro paese, come il problema degli approvvigionamenti del gas naturale. Facciamo due conti per iniziare. L’Italia è tra i Paesi europei più legati a Mosca per le forniture di gas naturale e secondo i dati più recenti del Ministero della Transizione Ecologica, nel 2020 il 40,7% del gas naturale importato dall’Italia proveniva dalla Russia, che è di gran lunga il primo fornitore di metano del nostro Paese. Solo la Germania, tra i grandi Paesi è più dipendente di noi dal gas russo (circa il 60%). Completano le nostre forniture di gas naturale l'Algeria (21,5%), la Libia (6,2%), la Norvegia (9,8%), il Qatar (9,8%), gli Stati Uniti (2,4%). La produzione nazionale conta solamente per l'Italia il 5,8%. Se per una ragione o un'altra si interrompessero del tutto le forniture di gas naturale dalla Russia, il nostro Paese perderebbe una buona fetta delle proprie importazioni. D'altra parte, dato che la produzione interna corrisponde a meno del 6% del totale, ci troveremmo di fronte ad un problema molto serio. Questo rischio è molto presente nel dibattito anche parlamentare, e certamente qualunque azione il Governo decida di intraprendere dovrà essere coordinata con i partner europei e con gli Stati Uniti. Possono esserci diverse modalità che porterebbero comunque come risultato la riduzione drastica della fornitura che, per ragioni di completezza e di sensibilità politica rispetto al tema, è necessario rimarcare. È possibile in primo luogo che la Russia decida di tagliare le forniture di gas metano che arrivano in Italia da molto lontano (Novyj Urengoj, Siberia, oltre 6 mila chilometri da Roma). Il gasdotto in questione attraversa anche l'Ucraina e fu l'origine di una crisi già diversi anni fa. In quell'occasione la Russia e la Germania ne progettarono e realizzarono un altro (fortemente osteggiato dagli Stati Uniti) che potesse portare gas naturale in Germania senza passare per l'Ucraina. La Russia ha quindi un'arma – la riduzione delle forniture - che potrebbe giocare rapidamente anche contro il nostro paese. D'altra parte, se ci si accordasse come sembra su una delle possibili sanzioni da comminare alla Russia (il blocco del sistema dei pagamenti SWIFT), l'Italia non potrebbe ritirare la fornitura di gas naturale perché impossibilitata a pagare. Va ricordato al riguardo che i pagamenti SWIFT, o trasferimenti bancari internazionali, rappresentano uno dei sistemi di mercati finanziari più grandi al mondo. Sebbene politicamente non sia indifferente se l'Italia dovesse non acquistare, o se la Russia decidesse di non esportare, il risultato cambierebbe poco: perderemmo circa la metà delle importazioni. Una delle soluzioni più logiche e immediate per Roma potrebbe essere quella di aumentare la quota delle forniture di gas extra russo, guardando soprattutto alle alternative di approvvigionamento attraverso i paesi con cui abbiamo allo stato attuale degli scambi commerciali. Non tutti i paesi sarebbero teoricamente disponibili, né ci si potrebbe attendere lo stesso costo. Ci sarebbe poi l'incremento della produzione interna, come ricordato dal Ministro Cingolani anche di recente. Opzione valida ma non attivabile nell'immediato, richiedendo investimenti e probabilmente troppe autorizzazioni. Nell'ipotesi più ottimistica, sarebbero necessari dai 18 ai 24 mesi. Ha dichiarato il Ministro: “una possibile opzione è la valorizzazione della produzione di gas da giacimenti esistenti. Consumiamo circa 70 mld di gas all'anno e ne produciamo 4,5 di nostro. Ho posto una condizione irrinunciabile: non vogliamo aumentare l'estrazione di gas da giacimenti esistenti aumentando la quota totale di gas” quindi,” per rispettare l'accordo di Parigi dovremmo mantenere la quota a 70 e se ne tiro di più dall'Italia diminuisco l'importazione”. In ogni caso - produzione interna o aumento importazioni - attendersi un rincaro dei prezzi medi all'importazione sembra davvero scontato. Difficile - se non impossibile in questa fase - fare una stima dell'extra bolletta. Il tempo in questo caso gioca ovviamente un ruolo cruciale. Se la crisi dovesse rientrare rapidamente, il peso sul nostro Paese potrebbe non essere eccessivo e rientrare rapidamente. Vi è infine un'ultima importante considerazione. Supponiamo che l'Italia riesca in un modo o in un altro a coprire metà dell'offerta ex russa. Resta evidente in questo caso che la seconda metà dovrebbe prendere necessariamente la forma di importazione di carbone per alimentare quelle centrali elettriche per le quali si progettava la dismissione entro il 2024. Un ulteriore danno (e una beffa) rispetto a tutte le previsioni fatte sul livello delle emissioni di anidride carbonica al 2030 ed oltre.


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