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Il Credit Suisse è nella bufera. Il suo
software è stato violato e una parte
del suo database con 30mila conti di
18mila clienti è ormai di dominio
pubblico, finito sotto la lente di 150
giornalisti di 47 testate di tutto il
mondo (in Italia IrpiMedia e La
Stampa) che hanno cominciato da ieri a pubblicare nomi, cifre, circostanze che avrebbero dovuto rimanere
segrete.
Per il secondo istituto bancario
svizzero è quanto di peggio poteva
accadere perché alla base della fuga
di notizie non c’è un’indagine giudiziaria ma qualcosa di più pericoloso:
un furto di dati di cui non si conoscono le caratteristiche.
L’inchiesta giornalistica denominata “Suisse Secrets”, è partita dai
documenti che un ignoto whistlebloser ha consegnato al giornale tedesco
Suddeutsche Zeitung. I file contengono informazioni su depositi bancari per 100 miliardi di franchi svizzeri (circa 96 miliardi di euro) depositati tra il 1940 e il 2010. Tra i clienti
del Credit Suisse ci sarebbero anche
politici corrotti, sospetti criminali di guerra, trafficanti di droga e di esseri
umani e uomini vicini alla ‘ndrangheta sui quali la banca avrebbe
chiuso un occhio.
E poi persone politicamente esposte (Pep) come re Abdullah II di Giordania (già coinvolto nei Pandora Papers), la famiglia dell’ex presidente
del Kazakistan, Nursultan Nazarbayev, e dell’attuale leader, KassymJomart Tokayev, i figli dell’ex capo di
Stato egiziano Hosni Mubarak e dell’ex viceministro dell’energia venezuelano, Nervis Villalobos, finito
al centro di inchieste per riciclaggio.
Il Credit Suisse si difende e in una
dichiarazione «respinge fermamente le accuse e le insinuazioni» e sottolinea che i dati riportati sono riferiti
al passato: circa il 90% dei conti og getto dell’inchiesta sono già chiusi o
in via di chiusura e il 60% è stato
chiuso prima del 2015. Ma serve a poco. Il danno è fatto, perché quelle informazioni non sarebbero dovute
mai uscire dai sistemi informatici
della banca.
E adesso la Finma, l’Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari, si sta occupando del caso, mentre
il titolo del Credit Suisse ha perso ieri
il 3,09% in Borsa. Non è la prima volta
che la Finma mette la banca sotto osservazione. Due procedimenti di esame nei confronti di Credit Suisse erano stati avviati nell’autunno del 2018.
Il caso degli “Suisse Secrets” è arrivato fino al Governo di Berna, dopo
che il Partito popolare europeo (Ppe),
il gruppo più numeroso al Parlamento europeo, ha invitato la Commissione Ue a «rivalutare la Svizzera come paese ad alto rischio di riciclaggio
di denaro» per una possibile retrocessione nella blacklist. E così il ministero delle Finanze elvetico ha dovuto ricordare che «oggi la Svizzera
soddisfa tutti gli standard internazionali sullo scambio di informazioni
in materia fiscale e sulla lotta al riciclaggio di denaro, al finanziamento
del terrorismo e alla corruzione». (🤣🤣🤣)Nel 2015 furono gli archivi della
filiale di Ginevra della Hsbc a essere
violati. Hervé Falciani, che partecipò all’operazione era convinto che
il sistema bancario svizzero fosse
paradossalmente fragile. «Dentro
un’azienda o una banca – affermò –
basta una sola persona contraria al
mantenimento del segreto per far
saltare tutto. (🙏🙏🙏) La mia azione non rimarrà isolata. Quando si fa un passo gli altri ti seguono». È quello che
è accaduto.
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