Con tamponi, quarantene e gli altri Paesi già liberi il nostro turismo è spacciato
Pare proprio
che i turisti non
li vogliamo. Siamo infatti alla
mattina del 22
febbraio, ed è
esattamente in questi giorni
(se non l’hanno già fatto con
ampio anticipo) che i turisti
di mezzo mondo stanno prenotando le vacanze di Pasqua
(17 aprile) e il ponte del Primo
Maggio. Quanto a quelli italiani, vorrebbero farlo anche
loro, magari aggiungendo
pure il weekend lungo che
porta al 25 aprile: ma basta
guardarsi intorno per capire
quanto i consumi interni siano tuttora drammaticamente rattrappiti, e quanto le nostre città abbiano
un aspetto letteralmente
s p ettra l e.
Tornando ai non italiani,
la domanda sorge spontanea. Un turista straniero,
desideroso di svago e divertimento, e non certo in cerca di angoscia e preoccupazioni, quale paese sceglierà
per il suo break di primavera? Preferirà tutti i Paesi
ormai totalmente riaperti,
privi di restrizioni o comunque già dotatisi di scadenze certe e ravvicinate
per il ritorno alla vita (dalla
Spagna al Regno Unito, dalla Svizzera a Israele, per
fare quattro esempi), o sarà
così masochista da scegliere l’unico Paese, l’Italia, che
ancora prevede vincoli e restrizioni, e il cui ministro
della Salute imperversa in
tv spargendo panico?
Va detto che da settimane, meritoriamente, il titolare del Turismo, Massimo
G a rava g l i a , spinge in direzione opposta: lo fa in primo luogo nella comunicazione, segnalando come
«Paesi concorrenti» abbiano già fissato le date «per
l’eliminazione delle restrizioni». E ancora ieri, G a rava g l i a ha pubblicamente richiamato «la necessità di un
pieno ritorno alla vita e alla
normalità e il fisiologico superamento delle misure res tr i tt ive » .
Di più: il ministro del Turismo, anche nel dibattito
interno alla maggioranza e
all’esecutivo, sta premendo
affinché la cosiddetta road
map annunciata da M a r io
D ra g h i l’altra settimana sia
ufficializzata presto e soprattutto sia rapida. Senza
giri di parole, G a rava g l i a si
attende che in tempi veloci
sia annunciato che, con il 31
marzo, finisca non solo lo
stato di emergenza, ma ogni
altra restrizione (green pass
incluso), eccezion fatta per
ciò che ha già un’altra data
di scadenza (ad esempio,
l’obbligo vaccinale, esteso
fino al 15 giugno).
Ma come si sa, è ancora
Roberto Speranza (con il
supporto dell’i n ef f abi l e
Walter Ricciardi) a far pesare i suoi no, e a ribadire la
volontà di far durare molte
misure ben oltre il giro di
boa del 31 marzo.
In questo senso, c’è già un
precedente che inquieta gli
operatori turistici. Il 14 dicembre scorso, nell’i m m inenza del Natale, un’o rd inanza aveva stabilito che,
per arrivare in Italia da un
Paese Ue, non sarebbe più
bastato il green pass, ma
sarebbe servito pure il risultato negativo di un tampone. E si ricorderà che,
non essendo stata concordata con gli altri Paesi, la
misura suscitò significative
proteste in sede europea.
Solo a fine gennaio S p e ra nza si decise finalmente al
contrordine: in base alla
nuova ordinanza, infatti,
dal 1º febbraio al 15 marzo,
per arrivare da noi partendo da un altro paese Ue, è
diventato sufficiente - si fa
per dire - il green pass, senza più la necessità del tamp o n e.
A onor del vero, la virata
fece seguito a un’u l te r io re
sollecitazione europea.
Sempre a gennaio, infatti, il
Consiglio dell’Unione Europea, con una raccomandazione, aveva chiesto ai Paesi
membri di non affidarsi al
criterio delle aree di rischio
epidemiologico, ma di basarsi sulla condizione sanitaria delle singole persone.
Tutto ciò, sempre a parere
del Consiglio, per semplificare «considerevolmente le
norme applicabili» e fornire
«ai viaggiatori ulteriore
chiarezza e prevedibilità».
Avete capito? Ce lo siamo
dovuti far dire dal Consiglio
dell’Unione Europea, quando bastava ascoltare il buon
senso di un ristoratore o
anche semplicemente dell’ultimo turista.
Tutto bene, quindi? Purtroppo no. Perché la decisione di fine gennaio è avvenuta «a babbo morto» rispetto alle vacanze di Natale
e al cuore della stagione
sciistica, contribuendo in
modo determinante alla
crisi di turismo, ristorazione, hotellerie. Ancora: perché anche dopo la decisione
di fine gennaio, è rimasto il
problema di chi proviene da
fuori l’Ue. E infine: perché
pure per chi proviene dall’Ue, la sola idea di aver
ancora a che fare con green
pass, mascherine al chiuso,
quarantene lunghe in caso
di positività, rappresenta
un poderoso disincentivo a
scegliere l’Ita l i a .
Ecco perché G a rava g l i a si
attende almeno quattro decisioni. Primo: che non sia
rinnovata la norma (scadenza 31 marzo: ma l’a n nu n c io
della mancata proroga dovrebbe essere il più possibile rapido) che impone il
green pass rafforzato per
alberghi e strutture ricettive, fiere, congressi, eventi.
Secondo: che non sia rinnovato (scadenza sempre il 31
marzo) l’obbligo di green
pass rafforzato per aerei,
treni, navi, trasporto pubblico locale. Terzo: che si
chiarisca presto quanto dureranno le restrizioni per i
locali al chiuso. Quarto: che
si alleggerisca il regime delle quarantene, altro elemento che getta comprensibilmente nel dubbio i turisti, timorosi di restare intrappolati lontano da casa.
Ora tocca a D ra g h i far
sapere a tutti, italiani e non,
se è S p e ra n za che impone la
l i n ea .
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