L’industria 5.0 riparte dalle persone e dalle supply chain
RIANDATE A FANCULO !
D
ell’alba di una nuova rivoluzione industriale, l’Industria 5.0, si vede qualche
raggio anche se quella
precedente, la 4.0, deve
ancora realizzarsi pienamente. Le
tecnologie della quarta rivoluzione
industriale stanno trasformando la
fabbrica e il lavoro degli addetti, i processi, la produzione – sempre più personalizzata e in lotti sempre più ridotti - e hanno integrato digitalmente la
catena del valore, dalla supply chain
alla distribuzione. Connettività, Internet of Things industriale (IIoT), realtà aumentata, digital twin, cloud, intelligenza artificiale, sensori, calcolo
nell’edge dei sistemi It, linee riadattabili, robot e manifattura additiva sono
tutte tecnologie che stanno sovvertendo anche i modelli di business.Tra
gli addetti nella fabbrica proprio l’accento sulla tecnologia ha creato un
senso di sostituibilità. Ora invece le
stesse tecnologie, assumendo i compiti routinari e integrando prodotto e
servizi, cominciano a creare per gli
addetti lo spazio per nuovi ruoli multispecialistici e di maggiore crescita.
«Seguiamo la manifattura da molto
tempo e stiamo osservando elementi
che caratterizzeranno la quinta rivoluzione industriale» , spiega Ram Ramasamy, vicepresidente e responsabile globale clienti di Frost & Sullivan,
la società di consulenza che per prima
ha messo a fuoco la visione della nuova fase dell’evoluzione. L’industria
realizza di essere ancora indietro nel
percorso di Industria 4.0, anche nel
Nordamerica, dove il 70% della manifattura non è neanche andata molto
oltre la seconda rivoluzione. «Quando parliamo di Industria 5.0 ai leader,
ci fanno notare che molti sono ancora
alle prese con le sfide della 4.0. Tuttavia, come consulenti noi dobbiamo
proporre una visione secondo cui ciò
che osserviamo sarà il futuro».
Se l’IIoT crea efficienza tra le mura
della fabbrica, Industria 4.0 ottimizza
l’intera catena del valore riducendo
residui e ridondanze e generando
nuovi modelli di business. «Industria
5.0 sarà invece l’era dell’esperienza:quale che sarà il sistema utilizzato, ai
risultati dovrà allinearsi anche l’esperienza di chi contribuisce a conseguirli». L’aspetto esterno dell’esperienza sarà, per esempio, la possibilità
per i clienti finali di seguire passo per
passo la produzione, come nel caso di
automobili iper personalizzate.
L’aspetto interno è che i manager dovranno mirare alla migliore esperienza di chi lavora nell’industria. Si è visto quanto la pandemia abbia cambiato le aspettative. «Oltre al lavoro
ibrido - sostiene Ramasamy -, gli addetti vogliono stare in ambienti che
arricchiscano e siano efficienti per
sfidare lo status quo».
La grande opportunità del 2022 sarà collegare tutto ciò che non è ancora
connesso, anche con wireless 5G che
abbasserà a millisecondi la latenza.
Lo si vedrà più diffusamente tra trecinque anni e il risultato sarà una
maggiore competitività. Le linee, per
esempio, saranno monitorate con un
dispositivo di realtà aumentata o virtuale, forse dall’ufficio o da casa. Saranno le macchine a comunicare se
hanno un problema. «È ciò che chiamiamo parziale autonomia della fabbrica. Non arriverà mai il momento in
cui affideremo tutta la gestione delle
operazioni al software o alle macchine, ma questi sistemi saranno di complemento per rendere più veloce, intelligente e semplice il processo decisionale». Gli addetti dunque dovranno conoscere sia il lato It che Ot, la
tecnologia operativa per il controllo
dei macchinari. Non basterà conoscere i punti critici di una macchina, ma
anche saperla collegare al sistema It e
alla rete, sapere quali dati si vogliono
catturare, dove collocare i sensori e
conoscere i protocolli di cybersicurezza. La forza lavoro industriale dovrà essere multispecialistica. «Demoliti i muri tra Ot e It si vedranno convergere i ruoli tra il meccanico e il digitale. Forse gli ingegneri meccanici
come me saranno avvantaggiati, perché imparare a programmare per noi
è relativamente semplice».
Un’altra esigenza della nuova forza lavoro sarà superare i sistemi a silos con un approccio di piattaforma
unica, perché «quando gli addetti alla
manutenzione, alle operazioni, alla
sicurezza, alla produzione accedono
tutti a console differenti si abbassa la
produttività». In Germania c’è una
fabbrica Daimler creata già sui parametri della Fabbrica 5.0. Anche se
molti leader capiscono i benefici di investire in una fabbrica così avanzata
che migliorerà la produzione e la redditività, non tutti hanno così tanto capitale. «E serve anche visione per dare
tempo alle strategie di trasformazione della manifattura - conclude Ramasamy -. Certi segmenti dell’industria saranno molto lenti, altri meno
e qualche punta sarà velocissima dietro a pionieri come Daimler. A un certo punto Industria 4.0 maturerà, ma
ci vorrà del tempo. In generale, niente
è veloce nella manifattura».
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