STUPIDA RAZZA

mercoledì 23 febbraio 2022

Lo sapevamo: quel Piano è una camicia di forza

 

Chi non legge La Verità s ta scoprendo in quale infernale ginepraio il nostro Paese si è cacciato aderendo al piano di investimenti «per la ripresa e la resilienza» concepito dalla C o m m i s s io n e. Ne l l’ultima settimana si sono fatti sempre più frequenti i segnali di insofferenza per un abito troppo rigido e costruito secondo linee guida comuni a tutti i 27 Paesi, senza tenere conto delle singole specificità. C’è addirittura chi ha scoperto che si tratta di debito e, per tale motivo, si tratta di somme che dovrebbero essere concentrate su capitoli di spesa ad elevato m o l t i p l ic ato re. Ribadiamo ancora una volta che qui non si contesta l’opportunità di fare investimenti pubblici, ma del metodo utilizzato che comporta costi palesi e occulti, capaci di depotenziarne l’efficacia per l’Italia. Infatti, gli investimenti finanziati dai 69 miliardi di sussidi e 121 miliardi di prestiti saranno appena sufficienti a far ritornare la loro incidenza rispetto al Pil pari a quella che il nostro Paese aveva già prima della crisi del 2009. Quindi niente di trascendentale: dopo la fallimentare stagione 2012-2019 fatta di austerità, tagli e crescita asfittica, c’è voluto il Covid per realizzare che il Paese stava cadendo a pezzi. Ma, come ribadito più volte, sono le condizioni a cui dobbiamo sottostare che ne mettono in forte dubbio la convenienza. Il diavolo si nasconde nei dettagli. Si tratta di una minuziosa tabella di marcia fatta di poco più di 500 obiettivi e traguardi intermedi, adottati con decisione dal Consiglio Ue a luglio 2021, poi trasferiti in un decreto ministeriale firmato dal ministro Da - niele Francoad agosto ed infine cristallizzati in un accordo operativo (operational arrangement) firmato il 22 dicembre scorso tra quest’u l t i m o, per conto della Repubblica italiana, e la Commissione Ue, nella persona del Commissario Paolo Gentiloni. Qui sono minuziosamente riproposti tutti gli obiettivi ed i traguardi, distinti per semestre di previsto conseguimento (dal secondo del 2021 fino al primo del 2026). Adempiere a quegli impegni significa per l’Italia sbloccare il rimborso di circa 46 miliardi per il 2022 (23 sussidi e 23 prestiti) e così via fino a metà 2026. Si tratta del sigillo finale sulla camicia di forza stretta intorno al nostro Paese per assicurarsi che faccia presto e bene tutto ciò che è stato previsto. È infatti disciplinato uno rigoroso e puntuale meccanismo di consultazione tra i servizi della Commissione e l’organo istituito presso il Mef per il coordinamento del Pnrr. Incontri trimestrali per verificare l’ava n za m e nto dei progetti ed eventuali problemi nella loro attuazione, tavoli tecnici che la Commissione potrà richiedere, con frequenze molto ravvicinate, per interloquire direttamente con i diversi enti italiani incaricati dell’attuazione delle misure, un flusso di informazioni costante da Roma a Bruxelles con pieno accesso della Commissione a tutta la base dati che attesti l’esecuzione degli investimenti. Per essere certi di aver serrato bene le catene, nell’ac - cordo c’è pure la disciplina della imponente reportistica che deve fluire costantemente verso la Commissione. Nell’ambito del Semestre europeo, l’Italia deve rendicontare lo stato di avanzamento dell’esecuzione degli accordi il 30 aprile ed il 15 ottobre di ogni anno. Ma non finisce qui. Ogni 28 febbraio e 31 agosto devono essere valorizzati ben 14 indicatori relativi ai sei pilastri del Pnrr (green, digitale, coesione, salute, ecc.). Si spazia dalle nuove strutture sanitarie, alla nuova capacità installata di energie rinnovabi l i . Ammesso e non concesso di riuscire a passare indenni da queste forche caudine, l’accordo di dicembre prevede che, man mano che si avanza nel conseguimento di obiettivi e traguardi semestrali, i pagamenti restano condizionati all’assenza di passi indietro sugli obiettivi già rendicontati in passato. Per cui un ipotetico nuovo governo in carica dal 2023 che volesse cambiare idea, per esempio, sulla riforma della giustizia civile o penale, avrà le mani legate. Una delle prime occasioni di inciampo è stata l’aumento della soglia massima per pagamenti in contante da 1000 euro a 2000 euro, avvenuta la settimana scorsa con un emendamento  al Milleproroghe. L’i n c e nt ivo al cashless viene ritenuto - nonostante le evidenze empiriche siano abbastanza controverse - il cavallo di battaglia per la lotta all’eva s io n e fiscale. Su questo fronte il Pnrr prevede che a fine 2025 si debba rendicontare che nel 2023 ci sia stato un taglio del 5% della propensione all’eva - sione rispetto al 2019 e che, entro giugno 2026, il calo misurato nel 2024 sia almeno del 15%. Si dovrà scendere dal 18,5% del 2019 al 15,7% del 2024. Un traguardo così sfidante, che difficilmente sarà messo a rischio solo dalla microevasione favorita dall’uso del contante. Nel frattempo sono ormai cariche di pioggia le nubi da tempo all’orizzonte relative alla ratifica del Trattato del Mes. Dall’Eurogruppo sono già partiti i richiami ufficiali al ministro Fra n c o e il 10 marzo Mario Draghi dovrà delle spiegazioni ai suoi colleghi eu ro p ei . A Bruxelles vogliono essere certi che l’Italia resti saldamente a bordo della barca europea e l’eventuale salvagente deve essere quello progettato da loro, con adeguate gara n z ie.

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