STUPIDA RAZZA

domenica 27 febbraio 2022

La politica monetaria in tempo di guerra non ha bisogno di corvi

 

L a guerra russa contro l’Ucrania richiederà alla Bce di aumentare i presidi della politica monetaria in termini di prudenza e trasparenza. L’aumento della prudenza potrà evitare improvvise fughe in avanti restrittive, come piacerebbe ai falchi, ma neanche repentini passi indietro espansivi, come gradirebbero le colombe. Ma dovrà aumentare anche la trasparenza: la comunicazione della banca centrale deve essere sempre più chiara, chiara ma soprattutto unanime: basta corvi. L’aggressione russa all’Ucraina ha fatto materializzare il rischio geopolitico già presente come una eventualità rilevante da considerare, nel momento in cui la la Bce ha comunicato la sua strategia. Prima dell’aggressione, la posizioni dei falchi, preoccupati dall’innalzamento dell’inflazione, aveva iniziato a farsi sentire, con inviti ad accellerare la normalizzazione della politica monetaria. Ora ricominciano a farsi vive anche le colombe, che all’opposto vorrebbero una rallentamento della normalizzazione, per rispondere alla maggiore incertezza del quadro congiunturale con una maggiore espansione monetaria. Agli inviti a cambiare la rotta è probabile invece che la Bce possa rispondere che la strategia non cambia, ma va adattata ai nuovi dati disponibili. Vediamo in che modo. I due pilastri della attuale politica della Bce sono da un lato l’articolazione del suo obiettivo inflazionistico, e dall’altro lato, e di conseguenza, quello dei suoi strumenti, con particolare attenzione agli annunzi vincolanti. Riguardo all’inflazione, la Bce è stata finora chiara: l’orientamento della politica monetaria non cambierà dall’attuale tono espansivo a un eventuale tono restrittivo finché non si realizzeranno tre condizioni. Nell’ordine: un’aumento totale dei prezzi per l’Area euro pari al 2% dovrà essere effettivamente conseguito, con una prospettiva di rimanere tale per almeno 12-18 mesi, e infine in modo strutturale, anche oltre quell’orizzonte temporale. Quindi il primo quesito diventa: l’aumento del rischio geopolitico può modificare la velocità con cui i prezzi cambieranno nei prossimi mesi? È un quesito che a sua volta presuppone la risposta alla domanda che ha caratterizzato lo scenario macroeconomico degli ultimi mesi: l’aumento dei prezzi che si sta registrando va considerato temporaneo o permanente?  Finora la Bce ha risposto senza dubbi: è un aumento temporaneo, (👌👌👌) che si affievolirà alla fine di quest’anno solare. Non solo: la Bce ha assicurato che continuerà a monitorare l’andamento dei salari, per capire se emergerà il rischio che, tramite aspettative inflazionistiche incorporate nel rialzo del costo del lavoro, tale aumento possa invece cambiare natura: da temporaneo a permanente. (DEFLAZIONE SALARIALE !) Le risposte che la Bce darà alle due domande le conosceremo verosimilmente a marzo, quando la banca centrale avrà dati aggiornati. In parallelo, e proprio perché la variabile cruciale è quella delle aspettative, la Bce dovrà fare particolare attenzione alla trasparenza di quello che fa e di quello che dice. È stato annunziato un percorso di normalizzazione della politica monetaria – prima riduzione della immissione della liquidità, poi aumento dei tassi (🤣🤣🤣) – improntato al gradualismo. È un percorso che può essere confermato, o anche modificato, se i nuovi dati lo richiedessero. È però fondamentale che non ci siano dubbi o ambiguità su tale percorso. Inoltre la voce della Bce deve essere univoca. Purtroppo finora non è stato così. Dissonanze tra la comunicazione ufficiale e quella informale non sono mancate. Ma quando la discrasia, o addirittura la contraddizione, tra fonti ufficiali e non, passa attraverso informazioni rese in forma anonima da singoli membri del consiglio della Bce, l’effetto può diventare destabilizzante. Ma la Bce e i suoi membri devono essere un fattore di stabilità. Falchi e colombe fanno da sempre parte della dialettica sulla politica monetaria. I corvi sono una patologia.

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