NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
giovedì 24 febbraio 2022
Anche dopo 30 anni la classe dirigente continua a impegnarsi per farsi odiare
Alla vigilia di Mani Pulite un volume intitolato icasticamente Perché odio i p o l itic i rac c h i u - deva un condensato delle critiche alla classe dirigente raccolte intervistando esponenti della società civile. A 30 anni di distanza. lo iato tra Palazzo e ciò che vive al suo esterno è ancora lì: diverse responsabilità, stesso livore. I politici si stanno facendo belli e si rimettono in mostra. Dopo le varie e diverse figuracce degli ultimi mesi scelgono le prossime smorfie, slogan, banalità per stare a galla. Non c’è in fondo niente di male. Le elezioni si stanno avvicinando e le iniezioni magari allontanando, anche perché tutti le hanno abbondantemente ricevute, così come i successivi virus Covid 19 in tutta la loro ricca varietà. L’ormai annoso gioco non può continuare all’infinito. Come chiede Sus anna Ta m a ro, adesso: «Tana per tutti». Nessuna sorpresa o scandalo dunque se i politici, che dopotutto sono o dovrebbero anch’essi essere dei professionisti, si mettono, come raccontava con innocente autoironia applicata agli psicoanalisti il loro disincantato maestro C e s are Musatti, «sotto il loro lampione con la borsetta roteante in vista e le calze nere a rete». Nell’ap o l ogo musattiano la calza a rete era l’Edipo, il narcisismo, la scena primaria, il linguaggio. Qui vedremo... Però i politici devono stare attenti a non esagerare. Perché è difficile valutare tutto con precisione, ma potrebbe anche darsi che adesso gli italiani siano davvero stufi e non ne possano più di loro, dei politici. Le insofferenze (anche da ciò che si vede nello studio dell’a n a l ista) sembrano davvero profonde e la stima azzerata. La tragica insipienza e arrogante protervia nella gestione economica e sanitaria dell’epidemia ha fatto il resto; ma la situazione è assai più antica e non riducibile alla ridicola coppia Gianni (no vax) vs Pinotto (ministro e associati). C’è un libro di 30 anni fa Pe rc h é odio i politici con approfondite testimonianze di 249 importanti protagonisti della cultura e società civile d e ll ’epoca sul perché di questo odio. (Si era comunque a un livello di libertà oggi neppur pensabile, e Mondadori poteva pubblicare un inno all’odio per i politici senza scandali, denunce e piagnistei. Pensate: Zan non era ancora comparso all’orizzonte!) Il curatore era Guido Almansi: altro personaggio oggi impensabile per cultura, senso dell’umorismo e indomabile amore, inquietudine e allergia per il Bel Paese. Insegnò per 20 anni letteratura inglese all’Un ive rsità di East Anglia, prese la cittadinanza britannica; tornò poi in Italia e insofferente all’ipocrisia locale finì comunque la sua vita nel Canton Ticino. La sequenza di sfuriate antipolitiche del libro, feroci ma snocciolate con eleganze d’altri tempi rispetto alle inconsulte sbruffonate di oggi, rappresenta bene la delusione di personaggi allora al vertice dell’i nte re s s e della cultura e di ambienti produttivi anche internazionali, ma in Italia già pressoché ignorati dai corrispondenti ministri e autorità politiche, persi come sempre nel farsi gli affari loro. L’Italia, di cui loro erano fra i simboli più apprezzati, era in vetta all’i nte re sse nel mondo, ma loro qui contavano meno dell’u l t imo portaborse (come è anche oggi e le cronache puntualmente raccontano). C’è ad esempio G ae Au l e nti , già da tempo protagonista internazionale dell’a rch itettura e del design internazionale che serafica spiega: «È difficile odiare uomini così mediocri». «Quando abbiamo progettato il Musée d’Orsay a Parigi ho trattato con Giscard d’E s ta i n g e poi con M i tte r ra n d , personalmente, con tutta quell’alta burocrazia francese che ha un funzionamento perfetto che non si interrompe mai, neanche con i cambiamenti di governo; nel giro di dieci giorni da un rimpasto ministeriale o da un cambio delle guardia all’Eliseo tutto riprende a funzionare. La situazione in Germania o in Spagna non è molto diversa: questo per me, abituata alla situazione italiana è stato fonte di grande meraviglia. Qui da noi ogni volta che cambia il governo, o l’a m m i n istrazione locale, si ferma tutto e si ricomincia daccapo, per accontentare gli interessi dei nuovi dirigenti politici, per soddisfare questo o quel politico rampante nella zona. Non vedo nessuna possibilità di miglioramento nel futuro: questo è il sistema». Già alla fine del Novecento la generazione di professionisti appassionati al sociale che aveva accompagnato lo sviluppo italiano nel dopoguerra si allontanava delusa dalla vita pubblica cui aveva partecipato fin da molto giovane. Un esemplare interessante di questo gruppo fin certamente l’ottimo neurologo Renato Boeri (padre di Stefano, Tito e Sandro), giovanissimo comandante della Brigata partigiana Stefanoni, attiva nella zona del Mottarone, cui partecipava anche Eugenio Cefis con il nome di Alberto. Boeri, con cui condivisi l’ap p rez zamento per le leggendarie pizzette del Gigi bar di Stresa, confessa nel libro di provare per i politici « un’indispettita antipatia, che ha preso il posto dell’ammirata simpatia provata per loro nel periodo- che io considero felice - del dopoguerra fino all’inizio degli anni Sessanta». La ragione è, spiega Boeri, nel fatto che «col tempo si è perduta sia l’intelligenza critica profondamente originale che il rigore civile che caratterizzavano i politici di allora». «Ciò è derivato», spiega, «dal preferire la filosofia dell’avere rispetto a quella dell’essere, e dal fatto che oggi si è politici per professione, non per scelta di dovere sociale». «Sono tutti noiosi», conclude B o er i senior, «perché sanno parlare di politica solo in un linguaggio da addetti, e sono per lo più tristi e privi di prospettive di speranza » . «Chi potrà mai dimenticare», incalza già allora furibonda Natalia Aspesi, «certi occhi rotondi e vacui, segno demoniaco del male, offesa estetica degna di un rivoluzione?». Nessuno, cara Natalia, anche perché 30 anni dopo sono già in pista i loro cloni, tali e quali: stessi occhi rotondi e vacui stessa bocca aperta e aria scimunita, come racconti tu. Guardali. Pare un incubo.
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