I sette motivi per cui il caro vita in Europa è diverso dagli Usa (e potrà rallentare)
BINGO !👍👍👍👍👍👍👍👍👍👍👍👍👍
È vero, l’Eurozona non ha mai visto
dalla sua nascita un’inflazione così
alta, come quel 5,1% esibito a gennaio. C’è chi si stupisce allora come mai
la Banca centrale europea tenga ancora fermi i tassi a “0”. Tuttavia prima di agire l’istituto di Francoforte
vuole vederci più chiaro perché ci
sono almeno sette fattori che inducono a riflettere sul fatto che l’inflazione nell’area euro sia diversa rispetto a quella degli Stati Uniti (che
a proposito viaggia al 7,5%) e che,
probabilmente, nel corso dell’anno
tenderà a diminuire.
Inflazione “core” in frenata. Se si analizza l’andamento del dato
“core”, ovvero depurato per le componenti più volatili come energetici e alimentari, nel mese di gennaio c’è già
stato un rallentamento (dal 2,6% di dicembre al 2,3%). «Questo è un segnale
che l’alto livello di inflazione complessiva è dovuto per la maggior parte al
rincaro dei prezzi dell’energia e che
quindi l’Eurozona sta vivendo un’inflazione più legata all’offerta, che non
alla domanda, e quindi ai consumi», (ESATTO !) spiega Gero Jung, chief economist di
Mirabaud am. Negli Usa, invece, sta salendo anche l’inflazione “core”, passata
dal 5,5% al 6%.
La spirale salari-prezzi. «In Europa poi non vi sono indizi di
una spirale tra salari e prezzi - prosegue Jung -. Discorso diverso negli Usa
dove i salari stanno crescendo». Il possibile passaggio di testimone da un’inflazione da offerta a una da domanda
si ricaverebbe, come già appare negli
Usa, proprio con l’aumento delle buste
paga. Scenario per il momento trascurabile nell’Eurozona, vuoi per la sua
natura meno flessibile del lavoro rispetto al mercato Usa.
Affitti e macchine usate. Oltre ai salari negli Usa stanno “scappando di mano” i prezzi delle locazioni,
balzati al 4,4% su base annua a gennaio
(ma molto di più nelle grandi città).
Nell’Eurozona non vi è alcun fermento
in tal senso. Così come non v’è traccia
di tensione sui costi delle auto usate, i
cui prezzi negli Usa sono invece lievitati di oltre il 40%.
Colli di bottiglia in frenata. Secondo il governatore della Bce Christine Lagarde le pressioni sui prezzi
dell’offerta, gli ormai noti “colli di bottiglia” dovrebbero allentarsi. Il 3 febbraio, al termine del consiglio direttivo,
ha sottolineato che «la crescita dell’economia rimarrà sottotono ma che
la crescita dovrebbe rimbalzare con vigore nel corso dell’anno grazie alla riduzione dei colli di bottiglia delle forniture e trainata da una robusta domanda interna che è sempre meno colpita
dalla pandemia». (🤣🤣🤣)
Produzione sotto il potenziale. Quella che poi non è una bella notizia
macro potrebbe rivelarsi come una
buona notizia sullo spauracchio inflazione. «Gli indicatori di output nell’Eurozona sono ancora più bassi dei livelli
pre-Covid anche perché le misure fiscali e monetarie sono state meno aggressive rispetto agli Usa», ricorda
l’economista di Mirabaud.
L’inflazione “a tasse costanti”. C’è poi un altro parametro che osservano da vicino gli addetti ai lavori, l’inflazione “core a tasse costanti” che misura l’andamento dei prezzi senza le
componenti fiscali, come ad esempio
l’Iva (Imposta sul valore aggiunto).
«Questa misura dell’inflazione sarebbe ancora più bassa nell’Eurozona se
considerassimo costante il livello di
tassazione», spiega Jung.
Il peso dell’“effetto base”
In ultimo c’è un fattore sul quale tanto la
Bce quanto la Federal Reserve negli Usa
in realtà stanno confidando molto per
avere un aiuto nella loro azione contro il
surriscaldamento dei prezzi: il cosiddetto
“effetto base”. Per spiegarlo bisogna ricordare che l’inflazione è sempre un dato
di confronto tra due periodi. Quindi confrontare un mese di un anno in cui i prezzi hanno avuto più spinta rispetto allo
stesso mese dell’anno precedente in cui
i prezzi erano fermi rischia di distorcere
il dato di variazione, ingigantendolo.
Presto, in particolare dalla prossima
estate, i nuovi dati di inflazione saranno
relazionati con un più elevato “effetto base”, ovvero con mesi del 2021 più “tosti”,
dove i prezzi già erano saliti e di conseguenza il confronto potrebbe risultare
più “alla pari”, andando quindi a ridurne
quella variazione percentuale che chiamiamo inflazione. E che da qualche mese
non fa dormire tranquilli i banchieri centrali. Ma anche investitori e mutuatari.
Nessun commento:
Posta un commento