Fintech, da inizio anno bruciati 300 miliardi
T
recento miliardi di dollari
bruciati in poco più di sei
mesi. Più di cinquecento,
se si considera la débâcle
che ha colpito le valutazioni delle aziende non quotate. È
un 2022 difficile per il fintech, travolto da una pluralità di fattori che
sta spazzando via tutta l’euforia
conquistata negli ultimi due anni.
Dalla primavera 2020 solo a Wall
Street si sono quotate più di 30 società legate alla finanza digitale, secondo l’ultimo report sul settore stilato da CB Insights. E lo hanno fatto
catalizzando le attenzioni degli investitori, convinti che l’accelerata
alla digitalizzazione imposta dalla
pandemia fosse un treno da prendere in fretta. Con le persone bloccate in casa, del resto, gli acquisti
online e un po’ tutti i servizi finanziari digitali sono diventati prioritari. Così il fintech è stato il settore
tecnologico che ha tratto i maggiori
benefici da un momento storico
senza precedenti.
Lo scenario però è cambiato rapidamente e il sell off è arrivato con altrettanta velocità. Le preoccupazioni per l’aumento dei tassi di interesse, l’inflazione, i profitti in bilico e i
modelli di business ancora poco
maturi sono diventati zavorre,
mentre l’economia globale si dirige
verso una sempre più possibile recessione. Così gli investitori hanno
preferito spostarsi su lidi più sicuri.
Nel primo trimestre del 2022 CB Insights stima che gli investimenti in
venture capital nel fintech siano stati di 21 miliardi di dollari, in calo rispetto ai 37 miliardi di un anno prima e ai 29 del trimestre precedente.
Il fintech, insomma, si è riscoperto
fragile. E aziende come PayPal,
Block (già Square), Robinhood,
Wise, hanno perso dal 40 al 60% del
valore solo nei primi sette mesi dell’anno. Un crollo che risulterebbe
ancora più drammatico se lo rapportassimo al boom del 2021.
Un’azione di PayPal, che rimane una
delle l’aziende fintech a maggior capitalizzazione nel mondo, oggi viene scambiata poco sopra gli 80 dollari. E il suo market cap è ampiamente sotto i 100 miliardi. Un crollo
drammatico rispetto ai massimi
storici di un anno fa, quando le azioni volavano a 308 dollari e la capitalizzazione di mercato navigava sopra i 360 miliardi. In un anno, insomma, il colosso californiano ha
bruciato circa il 75% del suo valore.
E a guardare l’andamento delle altre
società del settore, il comportamento è molto simile.
Secondo un’analisi del Sole 24
Ore, il valore di 10 fra le società fintech più capitalizzate al mondo è
sceso del 35,9% dall’inizio dell’anno: un calo superiore a quello del
Nasdaq Composite, che nello stesso periodo ha perso il 24%. La loro
capitalizzazione di mercato cumulativa è scesa di oltre 285 miliardi
nel 2022. E i numeri sono decisamente peggiori se ai dati di queste
società si aggiungono quelli relativi
alle aziende fintech non quotate.
Un esempio lampante è quello di
Klarna, che un anno fa valeva 46
miliardi di dollari e oggi ne vale poco più di 6 (-85%).
Il malessere del settore è confermato dalla scelta di rimandare l’Ipoda parte di Chime, banca digitale
non quotata che doveva sbarcare in
Borsa a marzo scorso con una capitalizzazione iniziale stimata fra i 35
e i 45 miliardi di dollari. Il listing è
stato rimandato e, anche se da fonti
vicine alla società fanno sapere che
si stanno concentrando sul rilascio
di nuovi prodotti (che potrebbero
includere funzionalità di prestito e
investimento), l’impressione è che
l’aria pesantissima che si respira
attorno al mondo fintech abbia
spinto al rinvio, almeno al quarto
trimestre di questo 2022.
Per l’intero comparto, insomma,
il quadro non sembra dei migliori.
L’allontanamento degli investitori
è evidente e preoccupa. Di contro
c’è l’interesse degli utenti verso i
servizi offerti da queste aziende,
che rimane un dato di fatto. E che
alla lunga potrebbe garantire maggiore stabilità. Come spiega al Sole
24 Ore Filippo Renga, direttore dell’Osservatorio Fintech del Politecnico di Milano, è forte la «propensione degli utenti nello sperimentare servizi innovativi legati al settore». In particolar modo quelli
relativi al «trasferimento di denaro
via app» e alla «gestione di sinistri
da smartphone», che nell’ultimo
anno hanno fatto registrare i tassi
di utilizzo a maggior crescita. Presente incerto, futuro in tasca. O almeno così sembra.
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