STUPIDA RAZZA

lunedì 25 luglio 2022

la sostenibile debolezza dello yen

 

T ra le tante novità che il 2022 sta riservando ai mercati finanziari internazionali c’è il forte deprezzamento dello yen. Da inizio anno la moneta giapponese si è svalutata di quasi il 20% rispetto al dollaro arrivando ad un cambio di 137 yen per 1 dollaro, il più basso da oltre 20 anni. Dietro questo declino c’è soprattutto il decoupling tra la politica monetaria della Bank of Japan (BoJ) e quella delle altre principali banche centrali che, per frenare l’inflazione galoppante, stanno alzando vigorosamente i tassi d’interesse.L a BoJ invece continua a portare avanti una politica monetaria ultra-accomodante incentrata sul controllo della curva dei rendimenti con un tetto di 25 punti base sul titolo di Stato decennale. Secondo gli investitori alla fine anche la banca centrale giapponese capitolerà e perciò da mesi ne testano la credibilità attraverso massicci convergence trades. Vendono titoli denominati in yen con l’intenzione di ricomprarli a un prezzo più basso appena il costo del denaro aumenterà e incassare la differenza. Nel frattempo comprano assets denominati in valuta forte che offrono rendimenti più appetibili spingendo in basso lo yen e in alto i rendimenti dei titoli governativi giapponesi. A giugno il rendimento del decennale ha superato il cap dello 0,25% due volte in pochi giorni, costringendo la banca centrale ad acquisti record per riportarlo sotto soglia. La fermezza della BoJ deriva dalla convinzione che l’economia sia ancora troppo debole dopo lo shock pandemico e che, nonostante i progressi degli ultimi mesi, il target di un’inflazione core stabilmente sopra il 2% non sia stato ancora raggiunto. (BINGO !) Del resto, per molti analisti la bassa inflazione è ormai parte del DNA del Giappone caratterizzato da rigidità salariale, invecchiamento della popolazione e modesto passthrough degli aumenti dei prezzi alla produzione e all'importazione sui prezzi al consumo. Ovviamente un minimo passthrough c’è stato ed era inevitabile data la portata epocale dei rincari sulle commodities alimentari ed energetiche. Ma sinora l’effetto è stato molto più contenuto che in Europa o negli USA ed è soprattutto per questo che la debolezza dello yen non è vista con eccessiva preoccupazione. Le più recenti dinamiche di mercato suggeriscono peraltro un possibile allentamento delle pressioni al ribasso sulla divisa giapponese. Giovedì scorso, infatti, gli investitori hanno digerito abbastanza bene la decisione della BoJ di mantenere invariata la politica monetaria. In parte la notizia era stata già metabolizzata dal tasso di cambio ma non si può escludere che i traders stiano rivedendo le loro aspettative.Intanto cala anche la convenienza dei convergence trades. Nell’ultimo mese lo spread tra i rendimenti reali dei titoli di Stato statunitensi e quelli giapponesi è sceso per via della flessione del rendimento dell’US Treasury a 10 anni. Il fenomeno è legato ai crescenti timori di un’imminente recessione negli USA, dove nelle ultime settimane la curva dei rendimenti si è invertita e si reputa sempre più probabile una conclusione relativamente rapida del ciclo di rialzi dei tassi da parte della FED. Visto il clima di forte incertezza sul quadro economico-finanziario globale dovuto alla guerra in Ucraina e agli strascichi della pandemia, la view della banca centrale giapponese potrebbe rivelarsi più lungimirante di quella delle sue omologhe di altre aree valutarie. (👍👍👍)

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