STUPIDA RAZZA

lunedì 18 luglio 2022

«Ora dico no al tamponificio e alla quarta dose per tutti»

 

Professor Matteo B as setti r iavvol gi amo il nastro e torniamo a m a rzo 2 02 0 . L’Italia scopre il coronavirus. Cosa succedeva nel suo reparto di malattie infettive al San Martino di Genova? «Arrivarono i primi sei pazienti. Tutti lombardi in vacanza ad Alassio con forme broncopolmonari bruttine. Dopo è come se si fosse aperto un rubinetto. Nel successivo mese e mezzo avevamo costantemente 40 malati gravissimi ricoverati. Potenziammo il sistema di ossigeno del reparto. Avevamo quaranta caschi e ventilatori polmonari vari di cui ci approvvigionammo in fretta e furia». Che età avevano mediamente q uei r ic ove rati ? «C’era di tutto. L’ho raccontato nel mio libro. Avevo fatto una diretta televisiva con Rete 4. Luca l’ope - ratore e Paolo - bravissimo regista di Mediaset di 60 anni - erano con me. Avevano prima realizzato una trasmissione in esterna in Piemonte. Scoprono di essere contagiati. Li devo ricoverare. Luca 55 anni se la cava con venti giorni di rianimazione. Paolo purtroppo no. C’era di tutto in quel momento nei reparti. Persone anziane e più giovani. Dai 30 ai 35 anni in su. Quelli che stavano già male e chi invece stava tutto sommato bene fino ad allora». E invece oggi? «È un altro mondo. L’80%-85% dei pazienti classificati come Covid entra in ospedale per altri motivi: una frattura, un infarto, un ictus. Facciamo lo screening a tutti e scopriamo che ha anche il Covid. C’è poi un’altra parte di pazienti che arriva in ospedale a seguito dell’uso improprio del saturimetro. Chiunque lo ha in casa da quando è arrivato il Covid. Abbiamo lanciato un messaggio: “se avete la saturazione sotto un certo livello è bene che vi facciate vedere da un medic o”. Ma se ti misuri la saturazione 10-15 volte al giorno pure uno come me cui piace fumare due sigarini la sera troverebbe la saturazione più bassa. E se corri al pronto soccorso per poi essere ricoverato, soprattutto quando hai più di 85 anni, inevitabilmente a casa non ci torni. La desaturazione si rileva per molteplici ragioni. Il cuore che pompa ed ossigena di meno piuttosto che la febbre. Ma la mente del paziente inesperto e suggestionato corre alle bare di Bergamo. Possiamo anche arrivare a 10.000 pazienti col Covid ricoverati. Ma non è come nel 2020. Questi necessitavano di un carico assistenziale spaventoso.Tutti da ventilare. Tutti con il casco. Tutti da far valutare al medico anestesista. E anche nei casi più gravi di polmonite oggi abbiamo due antivirali orali e un’e n d ove n a . Sappiamo quando e come usare cortisone ed eparina. Abbiamo antinfiammatori potentissimi. E anche i monoclonali. In due anni la scienza ha fatto enormi progressi. Ma se questi strumenti non sono usati è come se volessimo combattere la guerra nel 2020 con la baionetta anziché con i missili». Che differenza c’èfra il virus d el 2 02 0 e quello di oggi? «Una differenza tutta clinica. Prima di tutto strutturale. Chiamiamola genetica e biochimica. Il virus ha subito centinaia di mutazioni. Quello del 2020 non trovava anticorpi. Quelli che chiamo i poliziotti del sangue. Ed entrava come se fosse in autostrada dentro i polmoni. Oggi si concentra sulle tonsille. E in più trova anticorpi. Coloro che sono solo vaccinati. Coloro che sono guariti. Chi oltre alla guarigione ha fatto la vaccinazione. Le forme gravi si vedono ancora ma nei pazienti immunodepressi (leucemici, trapiantati, oncologici). Ma questo è sempre successo. Anche con normali virus influenzali. Nel 2020 su cento malati ne vedevi anche venti con malattie polmonari gravi. Oggi con Omicron lo 0,1% è già tanto». Il virus evolve sempre in forme più contagiose, ma meno letali? «Il Coronavirus si adatta all’uo - mo e quest’ultimo al virus. La sua capacità di mutazione è infinitamente superiore rispetto a quella di altri virus come, ad esempio, il morbillo o la varicella». Ma l’esplosione dei contagi in e s tate? «Non è inconsueta. Nel mondo in qualsiasi momento c’è un emisfero nord dove ci sono le stagioni che conosciamo ed uno a sud con clima specularmente opposto. Prenda l’India. Quando fa freddo hanno le temperature che noi registriamo a maggio. L’esplosione dei contagi è continua. Lo stesso vale per il sud America o l’Africa. Non è una questione climatica ma di attitudini sociali. In inverno abbiamo minori occasioni di socialità ma stiamo più al chiuso. E questo facilita la circolazione del virus. In estate stiamo all’aperto ma facendo molta più vita sociale (dagli aperitivi ai concerti) è naturale che il virus trovi ancora il modo di propagarsi. Questa variante è arrivata nella stagione calda. Ma sarebbe potuta arrivare in inverno. La differenza è che nel 2020 un paziente infetto ne contagiava mediamente 2,5. Oggi da 15 a 20. Il virus di oggi è dieci volte più contagioso in un contesto di socialità all’aperto. Sindromi influenzali in estate non sono un’anomalia. È già successo in passato » . Il tamponificio Italia con le sue code interminabili di pazienti a fare lo s c re e n i n g? «Completamente sbagliato. Con i miei tanti anni di studio all’uni - versità e poi di specializzazione in Italia e all’estero ho gli strumenti per dire quando il tampone dovrebbe essere fatto, leggerne i risultati e quindi interpretarli. Oggi invece abbiamo creato il piccolo chimico del 2020. L’altro giorno abbiamo fatto 600.000 tamponi. In tempi normali un paese più grande dell’Italia non li faceva in un anno. Non ha alcun senso che gli asintomatici vi si sottopongano. Deve essere il medico a consigliarlo nei casi gravi. Ma quando mai in passato abbiamo tamponato per un anno intero i cittadini alla ricerca del virus influenzale? Se lo avessimo fatto avremmo trovato numeri più o meno identici e chissà per quanto tempo. Non si tratta di mettere la polvere sotto il tappeto. Ma di convivere col virus. Tutti cercano il Covid e magari arrivi all’ospedale con una polmonite devastante da streptococco e sei però positivo al Covid. Ma è lo streptococco che devi curare non il Coronavirus. L’unica ricerca che facciamo è Covid sì/no dimenticando tantissime altre malattie infettive. Con letalità che vanno dal 4% al 10%. Se il tampone è negativo non è che non hai niente. Semplicemente non hai il Covid». Quarta dose di vaccino? Sì o no? «Gli over 80, vale a dire i più fragili, avrebbero dovuta farla nella prima parte del 2022. Così non è stato. L’informazione ha parlato di altro. La guerra, ad esempio. È su di loro che dobbiamo concentrarci. Di over 80 con tre dosi in terapia intensiva ne vediamo eccome. E pensare oggi di proporre la quarta dose a tutti mettendo sullo stesso piano il sessantenne sano con il novantenne bronchitico cronico, cardiopatico e cortisonizzato è profondamente sbagliato. In più dobbiamo essere chiari: farsi la quarta dose non significa non aver bisogno dei richiami annuali. Non vedo affatto l’urgenza a luglio di vaccinare con la quarta dose persone che abbiano meno di 80 anni». L’obbligo di vaccinazione dei sanitari è comunque ingiusto. Non trova? C’è carenza di personale nel settore sanitario oltre tutto. «Tante regole ci mettono in difficoltà. Il sanitario col figlio positivo deve farsi cinque giorni di isolamento che possono salire a sette se il Covid lo ha lui anche senza sintomi. Gli operatori sociosanitari che hanno un ruolo cruciale devono poter lavorare anche da positivi con la mascherina Ffp2. In America il medico senza vaccinazione antinfluenzale non può lavorare. Non ci trovo niente di male. Al pari dell’operaio che per stare nel cantiere deve avere il casco in testa. È chiaro che non ti salverà dalla trave in acciaio che ti cade sulla testa. Ma da un martello che vola sì». Ma sinceramente è razionale vaccinare un pa z ie nte che dal Cov id è guarito? «Tanti sono gli operatori sanitari che sono guariti dal Covid pur senza essere vaccinati. È chiaro che quella immunità deve essere considerata così come quella acquisita col vaccino. Hai gli anticorpi e puoi lavorare. Un po’come con il morbillo. Puoi lavorare nel reparto malattie infettive ugualmente. Servono valutazioni individualizzate. Perché devo ad esempio imporre la quarta dose a chi si è fatto una volta se non due il Covid?». Alcuni medici mettono in guardia dai rischi di una ripetuta sollecitazione del sistema immunitario con inoculazioni rav v ic i n ate . Ar - gomentazione convincente. «No. La stimolazione immunologica del sistema immunitario con la vaccinazione è un esercizio. Il muscolo non funziona peggio se vado in palestra tre volte alla settimana piuttosto che due. Magari funziona meglio. Così per gli anticorpi. La paralisi immunitaria quando la si trova è dovuta a ben altre ragioni. Spesso genetiche». Condivide le preoccupazioni per gli effetti avversi delle vaccinazioni? Le miocarditi nei più giovani? «Le miocarditi e pericarditi da virus mi preoccupano molto di più. Gli effetti collaterali nelle vaccinazioni ci sono e non vanno sottaciuti ma spiegati. E se si verificano risarciti. Serve un’analisi costi benefici. Io nella mia esperienza, di miocarditi da vaccino non ne ho viste. E comunque la miocardite si autolimita spesso e volentieri. Non significa un cuore sfasciato per tutta la v i ta » . Diciamoci la verità. La strategia d el l ’obbligo vaccinale anche surrettizia col green pass è stato un errore che ha alimentato diffidenza verso la comunità scientifica.Lo r i fa re b b e? «Ho visto con i miei occhi quarantenni non in perfetta forma ricoverati in terapia intensiva. Ancora oggi mi ringraziano per esserne usciti vivi. L’imprecazione veniva naturale. Ma perché non ti vaccini? Ecco spiegato quel momento storico particolare. E ho pensato che l’obbligo anche surrettizio fosse l’unico strumento. Del resto, la variante nel 2021 era ancora “bastar - d a” e tanti italiani non avevano acquisito l’immunità naturale con la guarigione. L’autostrada verso i polmoni di cui le parlavo era ancora molto aperta. Tutti i medici mi creda in quel momento erano per l’obbligo. Non il green pass. Ma l’obbligo sì. Oggi non avrebbe senso. Variante diversa. Popolazione in gran parte immunizzata ».

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