STUPIDA RAZZA

lunedì 25 luglio 2022

Reti informali, così rinasce la cittadinanza

 

P er salvare il pianeta bisogna costringere o convincere l’opinione pubblica? Nella crisi ambientale e sociale che ha travolto la Francia prima dell'avanzare della pandemia, Libération ha rilanciato questo interrogativo, suscitando ampio dibattito. Proprio in quei mesi Oltralpe il climate change, oggetto delle attenzioni di Greta Thunberg, deraglia con la mobilitazione dei gilet gialli, la cui protesta parte dal rincaro dei prezzi del carburante deciso dal governo come risposta alla crisi ambientale. In quel primo nucleo di protesta si legge in filigrana un movimento trasversale, informale, reticolare, nato in rete e sui social e poi approdato in piazza. Secondo i ricercatori del think tank internazionale Carnegie Europe queste reti di mobilitazione si moltiplicano per i bisogni più disparati. La ricerca dedicata alle rappresentanze informali della società civile è stata promossa col contributo di European Alternatives e dell’Istituto Universitario Europeo. Gli analisti hanno mappato l’ascesa di questi movimenti nati dal basso in Europa e le implicazioni nella partecipazione democratica. L’informalità come caratteristica distintiva dell’attivismo: così queste forme diventano più fluide e meno gerarchiche. «Non esiste una caratteristica distintiva dell’informalità, ma ci si riferisce a gruppi che non hanno grandi strutture e che cercano di tenersi lontano dalle interferenze politiche. Il vantaggio è che possono reagire rapidamente e crescere esponenzialmente. Oggi queste realtà si occupano di clima, problemi giovanili, salute, difesa di beni pubblici come l’acqua, alloggi adeguati e servizi sanitari. Non hanno sempre un potere rilevante, ma ampliano il numero di persone che tornano a occuparsi nuovamente di politica dopo anni di frustrazione. L’Italia è un Paese in cui questo tipo di politica informale ha rimodellato la politica», afferma Richard Youngs, senior fellow in Carnegie Europe. La ricerca suggerisce che queste community non crescono solo con gli strumenti digitali. Perché a volte tornano dinamiche analogiche più basate sul passaparola, sulla comunità, pur mantenendo social e rete rilevanti per una gamma selezionata di scopi. L’elemento critico – sottolinea la ricerca – sta in quella relazione complicata tra queste realtà e la politica e le organizzazioni di rappresentanza. Perché proprio da queste reti potrebbero palesarsi nuove formule sostitutive legate all'associazionismo, al sindacalismo, ai vari organi di rappresentanza. «Queste community possono essere astute nell'intercettare rabbia e frustrazione diffuse nella popolazione, ma le realtà più strutturate possono ancora oggi avere la meglio e tradurre quel senso di malcontento in agenda politica mirata e a lungo termine», precisa Youngs. Le azioni di queste community informali hanno anche conseguenze sull’equilibrio politico e sociale. «Sono presenti a destra e a sinistra, ma sono particolarmente interessanti quelle realtà impegnate su questioni trasversali, che potrebbero incarnare un indebolimento generale delle divisioni politiche tradizionali», dice Youngs. Ma rappresentano un impulso per la democrazia? «Potenzialmente sì, ma per rafforzare il contributo politico dovrebbero consolidarsi, pur limitando la formalizzazione». E allora nel dilemma iniziale tra costringere o convincere, forse basterebbe solo coinvolgere.

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