STUPIDA RAZZA

lunedì 25 luglio 2022

Torna la caccia al fascismo immaginario

 

« L’Italia scelga: o noi o Meloni». Enrico Letta è entrato a gamba tesa nella campagna elettorale, imponendo l’aut aut agli elettori. «Stare con noi vuol dire salvare l’a m bie nte, con loro tornare al nero fossile». Eh, già, non esiste solo il fascismo politico, c’è pure quello energetico. Il segretario del Pd non parla di petrolio, ma di nero fossile, cioè di qualche cosa che sta nel sottosuolo, ma appartiene a u n’altra epoca. Basta questo passaggio per capire dove «il Nipotissimo» intenda andare a parare. Lui che da presidente del Consiglio fece accordi con la Russia, trasformandola nel nostro più importante fornitore di gas. Lui che da premier, fu il solo uomo politico europeo, a baciare la pantofola a Puti n ai Giochi di Sochi, oggi si reinventa ecologista pur di vincere le elezioni. «È l’Italia di chi vuole stare in Europa (ovviamente quella dei compagni, ndr), contro quella di chi vuole i nazionalismi, la salute pubblica per tutti contro la salute differenziata, da una parte l’integrazione dall’altra l’esclusione, la progressività fiscale a fronte della tolleranza all’evasione, la società dei diritti e della diversità e la negazione dei diritti e dei progressi sociali». Su Re p ub b l ic a il segretario del Pd si è scatenato, mettendo da parte l’aria pacifica per indossare la mimetica. Siamo in guerra, in Italia più ancora che in Ucraina e dunque, accantonata la politica del confronto, quella che a Natale lo spinse a salire sul palco della convention di Fratelli d’Italia e strizzare l’occhio alla M el o n i pur di fare dispetto a Sa lv i n i , L etta è passato a quella dello scontro. O noi o loro. Allarme son fascisti. Passato nell’arco di una mattinata dal campo largo al camposanto (copyright Dago - s pia), dopo aver assicurato prima che D ra g h i gettasse la spugna che quella di mercoledì sarebbe stata una bella giornata, L etta si rende conto che dalla campagna elettorale la sinistra può uscire con le ossa rotte. Così, al giornale degli Ag nelli confida di essere pronto a imbarcare chiunque. C a l e n d a? Va bene. S p e ra n za? Me lo auguro. Gli scissionisti di Articolo 1? Ben vengano. Di M a io? Con lui il dialogo è aperto. Renzi? Parleremo con tutti. Anche i ministri di Forza Italia? Certo. Insomma, davanti al rischio di diluvio universale con la vittoria del centrodestra, il Pd è pronto a trasformarsi nell’arca di Noè, imbarcando tutti. Perfino a casa sua storcono il naso, ma il segretario del Partito democratico non ha esitazioni: «Non voglio tracciare confini». Dunque, dentro tutti, destra e sinistra, voltagabbana e guastatori, bibitari e becchini. L’importante è vincere. A governare con quella che pare u n’ammucchiata penseremo dopo. Ciò che conta è non perdere il governo che, vale la pena di ricordarlo, la sinistra detiene da circa un decennio, con i risultati in termini di debito pubblico, caccia agli evasori, diritti, integrazione - tanto per stare ai temi evocati dallo stesso L etta - sotto gli occhi di tutti. Ne l l ’intervista a Re p ub b l ic a il leader del Nazareno ci informa che nelle prossime settimane trasformerà le 400 feste dell’Unità previste in tutta Italia in luoghi di dibattito, ma anche di chiamata ai volontari. «Ne metteremo insieme 100.000 e ad agosto saremo in tutte le città semideserte e nelle periferie per parlare con chi in vacanza non è potuto andare». In pratica, con 30 anni di ritardo siamo alla gioiosa macchina da guerra di Ach i l l e O c ch etto, un po’meno gioiosa perché il tenero Enrico non è uomo da grandi gioie, ma importanti riflessioni. Lui non parla di fascismo, ma di fatti concreti. Ma si capisce subito dove si vada a parare in questa campagna elettorale sfogliando le altre pagine del quotidiano romano. Quello che non dice, ma lascia solo intendere il segretario del Pd, lo scrive chiaro la redazione. Ancora non si conosce quali saranno i candidati di centrodestra, che Re p ub b l ic a si incarica di denunciare «il passato che non passa. Quell’ombra nera mai fugata da M el o n i ». Segue l’elenco di un gruppetto - sempre il solito - di nostalgici. Non c’è nulla di nuovo, ma tutto già sentito. E però a Re p ub b l ic a basta per ricordare il fattore «M». M come M el o n i , ma anche M come Mu s s ol i n i . Sarebbe un po’ come dire che Spe - ra n za ha la stessa iniziale di Sta l i n . O sostenere che «L» di L etta in fondo ricorda Lenin. Potrei continuare, ma la stupidità dell’argomento è tale che non merita altre righe. Che però questo sia il leit motiv che ci accompagnerà da qui alle elezioni è un dato di fatto. Sempre su Re p ub b l ic a , che farebbe bene a mutare la testata in Resistenza, Giacomo Papi, esperto di Invasioni barbariche (con Daria Bignardi) e autore di un fondamentale Il censimento dei radical chic in cui immagina una specie di lista di proscrizione per intellettuali, ha vergato un commento in cui parla di comprensibile paura di fronte a quello che potrebbe accadere il 25 settembre. «Che un secolo esatto dopo la marcia su Roma, i nipotini dei fascisti ritornino in Parlamento grazie a libere elezioni, è un’i p ote s i concretamente e francamente spaventosa». Nel 1994 Elio Di Rupo, un socialista belga che a quei tempi era ministro delle Poste, rifiutò di stringere la mano a Pinuccio Tatarella con la scusa che era un fascista, anche se lo stesso Tata rel l a e ra stato l’ispiratore dell’addio al Msi e della svolta di An. A distanza di quasi 30 anni, si può dire che nessun fascismo minacciava la democrazia italiana. Purtroppo, nonostante sia trascorso più di un quarto di secolo, non si può dire la stessa cosa dell’antifascismo, che a tutt’oggi rende incompleta la nostra democrazia, con quel riconoscimento dell’avversa - rio che sarebbe necessario in un Paese normale, ma che non può esserci fino a quando la sinistra continuerà a esercitare un’indebita influenza sui centri di potere e sull’infor - mazione. Parafrasando L etta: o il buon senso o loro. 



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