Lo si può chiamare ricatto
alimentare oppure salvaguardia della sicurezza nazionale
per il popolo cinese, ma il risultato è lo stesso. Sebbene
non sia stato fatto alcun annuncio ufficiale, la Repubblica Popolare introdurrà un sistema di quote per limitare le
esportazioni di fosfati, ingrediente fondamentale per i fertilizzanti e dunque per la coltivazione di prodotti che finiscono sulle tavole di mezzo
mondo. In parole povere, Pechino ha deciso per la seconda
metà del 2022 che solo una
quota limitata dei fosfati che
produce internamente potranno essere esportati all’es te ro.
L’obiettivo di questa mossa
è chiaro a tutti: da un lato la
Cina intende calmierare i
prezzi interni e proteggere la
popolazione dalla fame ma,
dall’altro, intende dettare legge sul mercato globale degli
alimenti. D’altronde, secondo
quanto rivela l’agenzia Reuters, le quote fissate per le
esportazioni di fosfati sono
ben al di sotto di quanto venduto all’estero nel 2021: si stima, infatti, che le esportazioni per il resto del 2022 non
dovrebbero superare le tre
milioni di tonnellate di prod otto.
La mossa, del resto, non
giunge inaspettata. Lo scorso
ottobre, la Cina si era mossa
per frenare le esportazioni introducendo un nuovo requisito per i certificati di ispezione
da usare per i fertilizzanti, di
fatto contribuendo alla stretta
dell’offerta globale. Va detto,
però, che i prezzi dei fertilizzanti sono stati sostenuti dalle sanzioni imposte ai principali produttori come Bielorussia e Russia. Inoltre, l’au -
mento dei prezzi dei cereali ha
incrementato la domanda di
fosfati e di altri nutrienti per
le colture di tutto il mondo. Se
dunque la soglia delle tre milioni di tonnellate di fosfati venisse confermata, questo segnerebbe un calo del 45% rispetto alle spedizioni cinesi
dell’anno scorso, quando i livelli erano a circa 5,5 milioni
di tonnellate.
Tra l’altro, anche gli analisti di S&P Global Commodity
Insights hanno dichiarato di
aspettarsi una quota di circa
tre milioni di tonnellate nel
secondo semestre. Secondo
quanto ha spiegato la Reuters,
i principali produttori di fosfati in Cina sono la Yunnan
Yuntianhua, la Hubei Xingfa
Chemical Group e la Guizhou
Phosphate Chemical Group,
di proprietà statale. Nessuna
di queste società ha voluto
commentare la notizia.
Oltre alla Cina, insomma,
potremo comprare fosfati da
altri produttori mondiali come Marocco, Stati Uniti, Russia e Arabia Saudita. Il problema, però, è che la Cina da sola
rappresenta un terzo del mercato globale di questi prodotti
e ciò pone Pechino in uno stato di vantaggio nel caso intendesse utilizzare questa stretta
per ricattare l’O c c id e nte.
Certo è che questa mossa
sta già avendo degli effetti negativi per il mercato occidentale. Anche a causa di questi
timori, i costi di tutti i nutrienti per l’agricoltura hanno iniziato a salire, mentre i prezzi
interni cinesi sono rimasti ancora bassi e ben al di sotto dei
livelli medi globali. Pallottoliere alla mano, in Cina una
tonnellata di fosfati vale circa
300 dollari in meno rispetto ai
1.000 biglietti verdi che si pagherebbero in Brasile.
Il calo delle esportazioni ha
avuto inizio alla fine del 2021.
Le esportazioni di fosfato di
ammonio e fosfato monoammonico nei primi cinque mesi
di quest’anno hanno raggiunto le 2,3 milioni di tonnellate,
con un calo del 20% rispetto a
un anno fa. Secondo alcuni
analisti, queste restrizioni alle esportazioni manterranno
alti i prezzi globali, ma spingeranno anche i compratori a
cercare fonti alternative di app rov v i g io n a m e nto.
Un analista citato dalla
Reuters, Glen Kurokawa, ha
fatto sapere che, «anche se i
prezzi dei fosfati sono scesi
leggermente nelle ultime settimane - adattandosi alle ripercussioni dettate dalla crisi
ucraina - in realtà i valori
avrebbero potuto essere ben
più bassi se non fosse stato per
le quote di esportazione decise dai cinesi».
Ma la supremazia alimentare cinese non si vede solo nel
campo dei fosfati. La Repubblica Popolare da 1,4 miliardi
di abitanti, secondo quanto
diffuso dallo US Foreign Agricultural Service, avrebbe accumulato grano nei silos per
140 milioni di tonnellate, un
valore equivalente a quanto
stoccato nel resto del mondo.
Non solo, secondo i dati del
dipartimento dell’a g r ic o l tu ra
degli Stati Uniti, la Cina entro
la fine del 2022 riuscirà a stoccare il 69% delle produzioni
mondiali di mais, il 60% di riso
e il 51% di grano, divenendo di
fatto la maggior superpotenza
alimentare al mondo. Solo nel
2020, la Cina avrebbe speso
98,1 miliardi di dollari per importare cibo (bevande escluse) all’interno dei suoi confini,
decretando un aumento di 4,6
volte rispetto al decennio precedente. A Pechino, insomma,
è da tempo che si pensa di utilizzare il cibo come leva a livello geopolitico. Inoltre, la crisi
ucraina potrebbe aver rappresentato l’assist che mancava
per fornire alla Cina tutte le
carte in tavola per essere la
superpotenza alimentare che
sta diventando.
NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento