STUPIDA RAZZA

lunedì 18 luglio 2022

Gas russo, situazione ad alto rischio Dietro l’angolo il taglio dei consumi

 

L’Europa è col fiato sospeso. Ancora tre giorni e lo scenario sul mercato del gas cambiarà. In meglio, oppure – come si teme – in peggio. Molto peggio. Le manutenzioni sul Nord Stream, cominciate lunedì scorso, secondo i programmi dovrebbero concludersi il 21 luglio. A quel punto il gas dalla Russia potrebbe ricominciare a fluire come e forse anche più di quanto non facesse prima dello stop del gasdotto, consentendoci di continuare a riempire gli stoccaggi e forse anche alleggerendo – almeno un po’ – il prezzo del combustibile, che in piena estate continua a correre a livelli nove volte superiori a un anno fa, intorno a 180 euro per Megawattora al Ttf. La situazione rischia però di prendere una brutta piega: Mosca con qualche scusa, più o meno fondata, potrebbe procrastinare i lavori oltre la scadenza pianificata. O addirittura interrompere del tutto le forniture all’Europa, che già oggi sono ridotte all’osso: meno di un quinto, via pipeline, di quanto arrivava l’anno scorso. Da Gazprom non ci sono segnali incoraggianti. Il Canada – cedendo alle insistenze della Germania e sollevando l’irritazione dell’Ucraina – ha deciso di chiudere un occhio sulle sanzioni autorizzando la restituzione ai tedeschi (e dunque in ultima istanza ai russi) della turbina che aveva trattenuto nello stabilimento Siemens Energy di Montreal. Ma la società russa mercoledì scorso ha diffuso un comunicato che non prelude a nulla di buono: «Gazprom – si legge – non ha in mano un singolo documento che permetta a Siemens di riportare dal Canada la turbina per Portovaya», la stazione di compressione del Nord Stream che dal 14 giugno funziona a ritmi ridotti, tagliando del 60% i flussi nel gasdotto, proprio per la mancata revisione di alcune turbine. Da allora Mosca (che non sta compensando con il maggiore impiego di altre rotte di esportazione) fornisce all’Europa appena 70-75 milioni di metri cubi di gas al giorno via pipeline, contro una media di 380 milioni l’anno scorso. «In queste circostanze – prosegue la nota di Gazprom – non è possibile delineare una conclusione oggettiva sull’ulteriore sviluppo della situazione riguardo alla sicurezza operativa a Portovaya». Frasi involute, ma inequivocabili: Nord Stream rischia di non tornare a pieno regime giovedì. Peggio ancora, potrebbe rimanere chiuso. Se va a finire così per l’Europa, è inutile nasconderlo, si mette male. Finora nessuno ha dovuto sopportare blackout e addirittura abbiamo proseguito l’accumulo di scorte di gas per l’inverno: in Italia siamo già oltre il 65% della capacità dei depositi, un po’ meglio della media europea. Ma secondo gli obiettivi fissati dalla Ue bisogna arrivare all’80% entro l’inizio dell’anno termico, a ottobre. E se le forniture dalla Russia non risalgono diventerà impossibile, a meno di grandi sacrifici sul fronte della domanda: un razionamento dei consumi, che la Commissione Ue (e i governi nazionali) stanno già pianificando. Bruxelles presenterà una proposta mercoledì, che secondo indiscrezioni indica come settori “sacrificabili” in prima istanza quelli di vetro, ceramica e chimica, responsabili di metà dei consumi industriali di gas in Europa, ma di appena il 10% del valore aggiunto e con un numero limitato di  addetti. Nel testo filtrato al Financial Times, che potrebbe essere rivisto, si propone anche una limitazione delle temperature di riscaldamento o raffrescamento degli edifici. La guerra in Ucraina è scoppiata il 24 febbraio e in questi pochi mesi l’Europa ha già fatto grandi passi avanti nel diversificare le fonti (non solo di gas ma più in generale di energia) e nell’assottigliare – se non ancora recidere – il cordone ombelicale con cui ci siamo legati a Mosca. L’Italia è stata addirittura più brava di chiunque altro in Europa ad emanciparsi, decreta Bloomberg, perché in cinque mesi abbiamo ridotto la quota di forniture da Gazprom dal 40% ad appena il 25%. In realtà nelle ultime settimane (non per scelta) siamo anche andati oltre, importando solo il 15% del gas da Mosca. Nel frattempo siamo anche riusciti a proseguire le iniezioni negli stoccaggi. In fondo siamo tra i Paesi meglio attrezzati per la diversificazione con gasdotti verso il Nord Europa, il Nord Africa e il Mar Caspio (il tanto contestato Tap), più tre rigassificatori per importare Gnl, che diventeranno cinque grazie alle navi Fsru che Snam è appena riuscita a reperire. Oggi come oggi però più di così non si può fare: i fornitori alternativi alla Russia non riusciranno nel breve a inviarci molto più gas. Se Nord Stream rimane chiuso non resta altra strada se non tagliare i consumi.

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