STUPIDA RAZZA

giovedì 28 luglio 2022

Lo studio segreto Ue rivela che gli agricoltori italiani falliranno per i diktat verdi

 

Il Green deal europeo ora che si riaccendono le centrali a carbone, che si va accattonando il gas e che «il nucleare ti dà una mano», è uno slogan propagandistico che rischia di fare molto male agli agricoltori soprattutto italiani e di costare un occhio della testa ai consumatori già bersagliati dall’infla - zione. L’importante è che non si sappia in giro nei giorni in cui Greta T hu n b e rg convoca a Torino - salvo dare buca all’ul - timo - i suo «sorcini verdi» (sembrano i fan di Renato, in questo caso a emissioni zero) e mentre l’Europa si prepara a varare il Nutriscore - che sarà discusso all’inizio della prossima settimana - l’etichetta a semaforo che fa ricche le multinazionali della nutrizione che vogliono darci il cibo chimico preparato in laboratorio e mette sul lastrico la nostra produzione di qualità. C’è un rapporto - di cui La Ve rità è entrata in possesso - redatto dal centro studi della Commissione europea, tenuto sotto chiave da Ursula von derL eye n e dal suo vice l’olan - dese, Fra n s Timmermans, da cui si evince che il programma Farm to fork, la declinazione agricola del Green deal, trasforma l’Europa in un giardino senza coltivazioni, demanda il soddisfacimento dei bisogni alimentari all’importazio - ne di prodotti insalubri e inquinanti e sposta la spazzatura ambientale nel resto del mondo. Le conseguenze sono già ampiamente visibili. Fruitimprese - una delle maggiori organizzazioni dell’o rto f r utta - ha registrato nei primi quattro mesi di quest’anno un ulteriore crollo dell’export: -3,15 in valore, meno 8,1% in quantità. Per converso crescono le importazioni che tornano a superare le esportazioni - 1,3 milioni di tonnellate contro 1,1 milioni vendute all’estero - con un tracollo del saldo commerciale: da 564 milioni di euro dei primi quattro mesi del 2021 a 207 milioni euro del primo quadrimestre 2022 (- 63,2%). Esattamente il paradigma del Farm to fork con Marco Salvi - presidente di Fruitimprese - che ribadisce come i costi troppo alti mettano fuorigioco il prodotto ital i a n o. È quello che c’è scritto nel rapporto del Jrc - il centro comune di ricerca della Commissione europea - che ha valutato gli impatti del Farm to fork. A quello studio si sono dedicati anche l’Usda - il dipartimento agricolo degli Stati Uniti - e l’università di Wageningen. I risultati non sono stati mai pubblicati, ma Divulga, think tank dei Consorzi agrari d’Italia, ha messo le mani sul dossier e il professor Fe - lice Adinolfi(università di Bologna) coordinando un team di ricerca ha «letto» le conseguenze del Green deal in agricoltura con risultati allarmanti. Il Farm to fork prevede la riduzione entro il 2030 di almeno il 20% dei fertilizzanti, del 50% dei pesticidi e degli antimicrobici e l’aumento del 25% della superficie agricola biologica. Risultato possibile? Sì se si smette di produrre. Risultato efficace? No, perché il resto del mondo fa esattamente il contrario. Mentre negli ultimi 30 anni l’Europa ha ridotto le emissioni agricole (- 18,5%) il Brasile le ha aumentate del 47%, la Cina del 9,7% e gli Usa del 6,2%. Da soli coprono il 27% delle emissioni agricole globali. Brasile, Usa e Cina sono i Paesi da cui l’Europa importa di più. Va peggio con i pesticidi: l’Europa ha valori di 1,6 chili per ettaro, i Paesi dell’Est asiatico hanno valori dieci volte superiori. Un terzo dei pesticidi autorizzati in Brasile e un quarto di quelli usati in America da noi sono vietati. Il paradosso è che l’Europa, leader nel mercato dei fitofarmaci, esporta in questi Paesi quello che è vietato al suo interno. Lo stesso vale per i fertilizzanti. Quanto al biologico i valori europei non sono neppure paragonabili con quelli del resto del mondo. Ma noi siamo gli unici condannati al ve rd e. La conseguenza è che produrremo sempre di meno e importeremo sempre di più. Come sottolinea il professor Ad i n ol f i : «Il rischio concreto è di concentrare l’i n qu i n amento nelle aree del pianeta con sistemi normativi e di controllo più deboli, che spesso coincidono con quelle in condizioni di minore sviluppo». Al prezzo di importare prodotti insalubri perché i nostri vanno fuori mercato. Ultimamente gli accordi commerciali europei - l’ultimo con la Nuova Zelanda - sono assai blandi sul rispetto della sicurezza alimentare. I tre studi messi a sintesi da Divulga spiegano che la produzione europea calerà dal 10 al 30%. I prezzi della carne bovina cresceranno del 24%, quelli della carne suina del 43%, importeremo il 39% di cereali in più con punte del 98% per la colza. Le produzioni più colpite saranno olio di oliva e vino: ne esporteremo il 50% in meno con prezzi in aumento tra il 24 e il 46%. Il Nutriscore se la prende proprio con vino, olio extravergine di oliva, salumi e formaggi: i prodotti italiani sacrificati al Green deal di Ur su l a von derL eye n . Probabilmente perché sono molto inquinanti per i bilanci delle multinazionali: mal sopportano che l’Ita - lia esporti per oltre 52 miliardi di euro e abbia il primato della qualità. Dobbiamo smetterla. Anche stavolta ce lo chiede l’Eu ro pa . 

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