STUPIDA RAZZA

mercoledì 23 febbraio 2022

Il futuro post-pandemico è un armistizio tra noi e i virus

 

C iò che viene prospettato - dopo due anni di pandemia - è l’endemicità del coronavirus. Ovvero un futuro in cui il nostro rapporto con il virus diventa semplice, di routine, niente più di un’influenza o di un comune raffreddore. (🤔🤣🤔🤣) In sintesi, l’endemicità è il modo in cui riprende la vita normale. «In realtà, il termine su cui puntiamo le nostre speranze post-pandemia ha così tante definizioni che non significa quasi nulla. Non ci sono garanzie su come o quando raggiungeremo l’endemicità, o se mai la raggiungeremo» ha dichiarato l’esperto di malattie infettive di Harvard Yonatan Grad. Per l’infettivologo questa narrazione serve più che altro a tracciare una linea chiara in cui le restrizioni scompaiono dall’oggi al domani, le ansie legate al Covid vengono messe a tacere dal momento che smettiamo di esserne seriamente turbati. Insomma lo tolleriamo. Di certo, però, il termine non annulla le decisioni difficili da pianificare per plasmare questo futuro post-pandemico, evitando che il virus decida per noi come è successo fino adesso. Il periodo post-pandemia è dunque un armistizio tra agente patogeno e ospite, e ciò significa che entrambe le parti possono dettarne i termini. «La storia ci insegna che questi virus persistono per qualche anno e poi scompaiono, (ALLORA A CHE CAZZO SERVE IL VAXXINO.....?🤔🤣🤔🤣) è stato così per la Sars e la Mers che sono durati due anni al massimo - commenta Pierangelo Clerici, presidente Amcli (Associazione microbiologi clinici italiani) e direttore U.O. Microbiologia Asst Ovest Milanese - Per quanto riguarda le varianti, l’esperienza virologica dice che di norma queste diminuiscono il potere patogeno e aumentano la diffusibilità perché si adeguano maggiormente all’ospite e di conseguenza perdono patogenicità. Piuttosto, la mia preoccupazione è che si ricada in maniera sempre più ravvicinata in questi eventi, perché la storia ci insegna che gli spillover stanno accorciando i tempi. È quindi necessario essere pronti e avere un piano pandemico globale, continentale, nazionale. Questa la conditio sine qua non». Del resto, il futuro sanitario si basa sulla prevenzione per le quanto riguarda le malattie oncologiche e sulla organizzazione degli eventi epidemici, che vanno gestiti immediatamente. «Dal nostro osservatorio - continua Clerici - vanno aumentate le microbiologie autonome (a oggi sono 41,ndr), il doppio di quelle che sono oggi, non per corporativismo, ma perché in questo modo possiamo essere capillarmente presenti su tutto il territorio e nei grandi ospedali. Avevamo già chiesto nell’estate 2020 - e non c’erano ancora le varianti - che si generassero degli hub di processazione che fossero in grado di testare 50mila tamponi al giorno, così da sgravare gli ospedali da tutta la routine del tracciamento. Sembrava che questo concetto fosse stato recepito dalle regioni o quanto meno da alcune, poi è scemato perché è calata la curva dei contagi e sembrava non esserci più questa esigenza. Invece è rientrata in crisi quest’inverno perché dopo le varie ondate ci siamo trovati, anche a causa delle norme restrittive, a processare più tamponi giornalmente che non durante l’emergenza. Se noi avessimo creato questi hub saremmo stati in condizioni di averli predisposti anche per la tipizzazione delle varianti. Non solo, con l’arrivo delle nuove terapie, la velocità diagnostica è sempre più fondamentale». A questo si aggiunge una grande disorganizzazione gestionale: regole, circolari, decreti comunali, regionali, ministeriali per la tracciabilità, l’esecuzione dei tamponi, la refertazione ... «siamo impazziti da un punto di vista burocratico» conclude Clerici. E a mettere in guardia contro nuovi eventuali rischi futuri per la salute globale (🤔🤔🤔) è anche uno studio appena pubblicato su Nature da scienziati della National University e dell’Institut Pasteur del Laos, i quali hanno identificato nei pipistrelli tre nuovi coronavirus che mostrano “somiglianze specifiche” al Sars-CoV2 “in un dominio chiave della proteina Spike”. In pratica, sono potenzialmente in grado di infettare l’uomo.




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