STUPIDA RAZZA

venerdì 15 luglio 2022

Protocolli Covid da buttare: bloccano l’Italia

 

Il ministero della Salute continua a inseguire la chimera del Covid zero. Un approccio improvvisato che spingerà ospedali ed economia al collasso. Per evitare di mandare il Paese in tilt, i protocolli sanitari sui tamponi e l’isolamento dei positivi, in gran parte sani, vanno cambiati. Così come i piani terapeutici dei farmaci antivirali, ancora scarsamente prescritti dai medici di base, e la gestione delle campagne vaccinali.Mentre le autorità di vigilanza europee si stanno chiedendo se inseguire il virus invece di anticiparlo sia la strategia giusta nell’i nte re ss e della salute pubblica, l’Oms continua a lanciare allarmi e a suggerire soluzioni insistendo con il modello Covid zero. Lo stesso modello poi adottato dalla Cina che ha visto il totale fallimento della strategia di lockdown-lampo per fermare i contagi delle megalopoli. Anche in Italia il ministero della Salute sembra voler insistere sulla stessa strada, improvvisando. E senza accettare il fatto che se non si cambiano subito i protocolli, non solo si manderanno in tilt le già precarie strutture sanitarie ma si darà anche il colpo di grazia all’economia già alle prese con l’impatto dell’i n f l a z io - ne e della crisi energetica innescata dalla guerra in Ucraina. Invece si continuano a gestire le infezioni da Covid senza fare differenze tra chi si infetta e chi si ammala. Il problema è che, o si trova un vaccino che ferma le infezioni (ma quello del vaccino universale è ancora un miraggio) oppure si continua a inseguire il Covid in maniera indistinta minacciando a singhiozzo nuove chiusure e limitazioni devastanti per la ripresa. Qualcuno, adesso, avanza nuove soluzioni come il far circolare il virus tra i più giovani proteggendo i soggetti fragili. Benissimo, cosa vuol dire proteggere i fragili? Chiuderli in casa? Mettere in quarantena un fragile sessantenne che lavora? Creare dei Covid hotel dove spostarli temporaneamente? Non si sa. Al netto delle circolari scritte in burocratese e dell’infodemia che viene alimentata dalle varie virostar in tv e sui giornali, cosa vuol fare il ministero in concreto? Come intende procedere con la somministrazione dei nuovi trattamenti antivirali come il Paxlovid, acquistati ormai da mesi ma ancora poco utilizzati perché il piano terapeutico resta troppo complesso e alcuni medici di famiglia non vogliono assumersi la responsabilità di c o n s i g l i a rl i ? La media nazionale dei trattamenti con antivirali avviati per gli isolati a domicilio nell’ultima settimana risulta essere pari a 1.218 trattamenti ogni 100.000 abitanti. Quelli che oggi al ministero, ma non solo, gridano «allarme» sono gli stessi che hanno fallito già due, tre, quattro volte di seguito. Se fossimo in guerra avremmo già perso perché guidati da generali che perdono le battaglie. Come quella sul campo della logistica, a giudicare da come è stata complicata la somministrazione delle terze dosi chiudendo prima gran parte degli hub e poi riaprendoli in fretta e furia. Lo abbiamo sottolineato più volte: è stato sbagliato pensare di affrontare una emergenza diventata «ordinaria» con strumenti di routine che c’erano prima che scoppiasse. Detto in altri termini, se devo vaccinare ogni tot tutta la popolazione, devo trasformare gli strumenti messi in piedi durante l’emergenza in strumenti «ordinari». Come fanno i pompieri che, anche se non c’è un incendio in corso, non è che smettono di fare i pompieri, son sempre pronti a intervenire. Così non è stato fatto. Si insiste di nuovo con il coinvolgere medici e farmacie, le Regioni tornano a ostentare gli «open day» e si leggono titoli sul piano del governo di «riapertura degli hub». Uno ogni 50.000 abitanti, integrati da altri punti vaccinali presso strutture sanitarie stanziali come presidi ospedalieri, case della salute, medici di medicina generale e farmacie, viene assicurato nelle linee di indirizzo sull’estensione della platea vaccinale agli over 60 destinataria del secondo booster inviate alle Regioni dal generale Tommaso Petroni, il successore di Francesco Figliuolo. La platea è stimata in circa 12 milioni, ai quali sottrarre chi sarà guarito. E per quanto riguarda la campagna per le quarte dosi degli over 60, appena varata, l’Unità di completamento della campagna vaccinale che ha sostituito la struttura commissariale ha dato alle Regioni l’obiettivo di 100.000 dosi al giorno. Ebbene, giovedì scorso non si arrivava a 22.000, con una media settimanale di poco più di 21.000 dosi. Non solo. A oggi, in Italia ci sono circa quattro milioni di over 80 che sono idonei a ricevere la quarta dose, avendo fatto la terza dose almeno 120 giorni prima. Di queste persone idonee, solo un milione ha fatto effettivamente il secondo richiamo. Invece di imparare dagli errori del passato, il copione non cambia, in una eterna coazione a ripetere. E se il Covid richiederà un richiamo annuale del vaccino, iniziare adesso a ragionare su come andrà impostata la logistica delle prossime campagne seppure periodiche o magari a rotazione, ovvero non tutte insieme. Per la popolazione generale, come si andrà avanti quando finalmente la pandemia si trasformerà in endemia? Ci sarà una spinta verso i vaccini «universali», ovvero quelli che colpiscono parti di virus che non mutano rapidamente come la proteina Spike? Insomma, cosa succederà dopo? Le domande sono molte e le risposte ancora assai poche. Di certo, dovrà essere fatta una programmazione degli acquisti dei prossimi vaccini aggiornati. E anche se tra poco i vaccini attuali saranno fuori produzione, sostituiti da quelli di nuova generazione, bisognerà comunque continuare a monitorare le varianti con il tracciamento dei contagi.

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