STUPIDA RAZZA

sabato 16 luglio 2022

«Vogliono salvare i numeri, non le persone»

 

« L’epidemia è stata psicologicamente devastante perché ha realizzato un desiderio che era già nella mente delle persone, come un incubo che si concretizza». Un «desiderio»? Sì. Il professor Emilio Mordini non ama l’equilibrio peloso delle parole. Medico psicoanalista e laureato in filosofia, ha insegnato bioetica all’Un ive r s i tà La Sapienza. Segretario scientifico e membro della Commissione di Bioetica del Cnr, di quella dell’Ordine dei Medici di Roma, oltre che docente nei corsi di etica della Società Italiana di Psichiatria (Sip), ha coordinato progetti di ricerca internazionali promossi dalla Commissione europea: si occupava della comunicazione nel settore delle epidemie e delle vaccinazioni. Oggi è research fellow dell’Health and Risk Communication Center dell ’Università di Haifa, in Israele. Insegna ed esercita la sua professione in Israele, in Francia e in Italia, tre osservatori unici. Professore, è un’a f fe rm azione un po’ for te… La gente non avrebbe preferito evitare la pandemia? «Certo, razionalmente non c’è dubbio. Ma l’epidemia era “n ell’a r i a”: sono almeno sess a nt’anni che ci imbeviamo di cultura fantascientifica ed è dal 2004 che nei grandi centri di ricerca si effettuano simulazioni di epidemie. Tutti i report della World Bank e della Cia hanno sempre messo, tra i primi rischi per l’um a ni tà , u n’e pid e m i a » . A n ch e la nostra societàave - va questa fantasia? «Sì, e c’erano ovvie ragioni scientifiche che potevano farla temere. Ma per la gente comune l’epidemia era come uno di quegli incubi ricorrenti che, nel momento in cui diventano realtà, ci si sente quasi sollevati e ci si dice: “F in almente è arrivato”. Meglio dover fronteggiare una paura reale, ma definita, che continuare a immaginare un pericolo dai contorni vaghi». Perch é proprio un’e pidem i a? «Per tre ragioni. Innanzitutto perché è un po’come se la nostra società attendesse una catastrofe, una punizione terribile: tutti noi, anche se non ce ne accorgiamo, ci sentiamo corresponsabili dell’immensa quantità di male compiuta nel Novecento. Poi, perché abbiamo fatto della salute il valore supremo e siamo terrorizzati dal poterlo perdere. L’e pidemia è diventata così il simbolo della punizione non solo per il male compiuto, ma anche per la presunzione, la hyb ri s ,di voler diventare quasi immortali. Infine, perché facendo della salute il valore supremo, abbiamo cancellato ogni altro valore. Una vita così tanto importante diventa, paradossalmente, priva di significato, proprio perché, come direbbe Agamben, è “nuda vita”, semplice attesa della morte». Com’è cambiato il concetto di salute dopo il Covid? «La pandemia ha imposto culturalmente a tutta la società qualcosa che era già dentro di noi: il valore del vivere più a lu n go » . E che male c’è, nel voler vivere più a lungo? «Nessuno, purché vivere non sia un fine in se stesso ma un mezzo per realizzare qualcosa. La salute che si sta imponendo, invece, è una salute che vuole salvare i numeri, non gli esseri umani. È la salute di Shining. Vuole ridurre il numero di morti di Covid, correggere l’indice Rt, migliorare i dati, ma consente che tu, essere umano, possa morire da solo in una Rsa: basta che tutti i parametri siano «corretti». Che senso ha essere vivi se ci si limita ad essere un numero nelle statistiche dell’Istituto Superiore di Sanità? Questa non è salute: è la vita degli zombie, è un film dell’orrore. Non a caso i testi scientifici parlano di “aspettativa di vita”. Quella di cui ci parla la scienza oggi è una salute che ha come sua unità di misura la morte». In quale modo il Covid ha soddisfatto questa filosofia della morte? « L’epidemia ha realizzato l’incubo mortale che tutti noi attendevamo, ma nel contempo ci ha offerto anche la soluzione magica: mascherine, lockdown, distanziamento e infine il Sacro Graal, il vaccino». La salute dei bambini ha risentito moltissimo dell’epide - mia. «Non nei termini in cui se ne parla. Il danno gravissimo che questa epidemia ha fatto e sta facendo alla salute mentale, dei più giovani in particolare, è la realizzazione di quella che si chiama la “nuova normalità”: la vera malattia da temere. Ogni cultura definisce un suo concetto di normalità. Ma le “n o r m al i tà” non sono tutte uguali: esistono alcune normalità “s a n e”e altre normalità “m a l ate”. La “nuova normalit à” post-Covid è gravemente m a l ata » . Il presidente Draghi nel 2021 evocò la necessità di realizzare servizi di base, tra cui i centri di salute mentale… «Grazie, lei mi ha fornito una dimostrazione della giustezza del mio discorso! La psichiatrizzazione e la psicologizzazione dell’epidemia di Covid sono proprio uno degli strumenti usati per procedere verso la normalizzazione malata. Non le sembra strano che proprio coloro che più hanno spinto verso la “nuova normal i tà” si preoccupino ora delle conseguenze psicologiche del Covid? I centri di salute mentale, evocati in questo modo, ricordano in modo lugubre gli ospedali psichiatrici dove erano ricoverati i dissidenti sovietici al tempo di Breznev. Centri per normalizzare, non per g u a r i re » . In quale modo i giovani ne r i s e nti ra n n o? «Il vero pericolo non è che gli adolescenti diventino fragili psichicamente, ma che diventino ignoranti e cattivi. La grande minaccia che incombe su di noi è che venga forgiata una generazione fatta in maggioranza di servi ignoranti, violenti e obbedienti». Gli italiani sono già diven - tati obbedienti, con il Covid. «Gli italiani non sono più obbedienti di altri popoli, anzi per certi versi lo sono di meno, ma a una certa loro pigrizia è connaturato l’amare di essere comandati: è meno faticoso. C’è un sonetto del Belli che descrive la “comodità dell’ubbi - d ie n za”: si ama obbedire, perché così si fa riposare il cervello». Abbiamo obbedito per pigrizia, insomma? «In parte, sì. Certo, l’indo - lenza non è un’att itudi ne esclusiva degli italiani, infatti la hanno dipinta anche grandi autori stranieri come Gogol, Čechov e Balzac. L’Italia, però, ha una struttura sociale che incoraggia l’obbedienza. È lampante che nel nostro Paese la stessa fatica di dover fare carriera sia relativa: si procede per “a n z i a n i tà”. L’e m e rge n za ha creato una situazione che ha reso ovvio per tutti obbedire a qualsiasi disposizione». Quindi la gente non ha obbedito per paura del virus? «La gente oggi si è grossomodo abituata al Covid, sia perché ha verificato di persona che - pur potendo essere una malattia di un qualche impegno, soprattutto per anziani e fragili - non era la peste nera; sia perché ha avuto fiducia nei vaccini e crede di essere un po’ protetta; sia, semplicemente, per noia. Oggi le persone temono più che altro nuove misure draconiane da parte del gove r n o » . Gli esperti sostengono che le misure fossero necessar ie … «Dipende da quali. Alcune regole erano palesemente assurde: non erano evidenze scientifiche, ma obblighi che insegnano a ubbidire. Lo ha detto anche il ministro Bianchi che la funzione della mascherina a scuola è soprattutto pedagogica, no? Tutte le istituzioni gerarchiche hanno sempre saputo che gli ordini davvero importanti, da un punto di vista educativo, sono gli ordini assurdi. Solo quando si impara a obbedire ad ordini senza senso, si impara la disciplina. Oggi le persone non vogliono contraddire il governo perché ne percepiscono il potere quasi assoluto, dato che non esiste un’opposizione né politica né sociale. La gente si sente alla mercé delle decisioni che può prendere il ministro della Salute o un qualsiasi Cts». La domanda d’obbligo è: ne usciremo? E come? «Certamente non “mi gl ior i”. Il Covid ha stravolto i legami nelle comunità. E il paradosso è che i cittadini, per ricostruirli, hanno bisogno di identificare un nemico da odiare, che li compatti. La mia paura è che per ricostruire una qualsiasi forma di comunità, che non sia Facebook, ci sia sempre una campagna “c o ntro” qualcuno. Dobbiamo dunque intervenire sui più giovani: per prevenire e curare la “nuova normalità” sono necessari - più che centri di salute mentale - libri, sale da concerto, teatri, cinema, musei, esibizioni, la musica e una nuova educazione alla bellezza » . 

Nessun commento:

Posta un commento