STUPIDA RAZZA

domenica 9 ottobre 2022

A secco di benzina

 

Due mesi per salvare la raffineria di Priolo della Lukoil e, di conseguenza, il 20% della raffinazione italiana. L’allarme lo lancia Claudio Spinaci, presidente dell’Un io n e delle Energie per la Mobilità (ex Unione Petrolifera), che racconta come con lo scattare dell’e m ba rgo al petrolio russo il 5 dicembre l’impianto siciliano avrà problemi di sopravvivenza: «Dal 5 dicembre non avrà accesso al credito anche la controllata italiana per un eccesso di cautela. Priolo rischia di non poter avere dalle banche le garanzie finanziarie indispensabili per le forniture. Abbiamo chiesto al governo una soluzione ma non abbiamo avuto risposte e ormai siamo all’ultimo miglio». Per Spinaci, se dovesse bloccarsi l’impianto, gli effetti «sarebbero gravissimi» non solo per la raffineria ma per l’economia di tutta la Sicilia. Alla crisi energetica internazionale, insomma, rischiamo di aggiungerne una del petrolio made in Italy.Dai tempi della grande crisi petrolifera l’e n e rg i a non mai stata così al centro del dibattito politico. Ecco perché ora che si profila all’orizzonte un nuovo governo ha senso chiedere a parere a chi di crisi energetiche se ne intende, come Claudio Spin aci , presidente di Unem, l’Unione delle Energie per la M o bi l ità , nuova denominazione di quella che fino al 2020 è stata l’Unione Petrolife ra . «Negli ultimi vent’anni», è la sua ricostruzione, «il tema dell’energia è stato affrontato solo sotto la spinta di una qualche emergenza e non con la necessaria programmazione che la nostra condizione di Paese dipendente dalle importazioni richiederebbe. Errore grave perché per noi approvvigionamento e sicurezza energetica sono necessità vitali. Le conseguenze non solo le vediamo oggi, per effetto della guerra tra Russia e Ucraina, ma ci avevano già colpito a metà del 2021, quando i prezzi del gas erano già saliti alle stelle per effetto dell’aumento della domanda legata alla ripresa post-pandemica, evento non certo imprevedibile. Se addirittura la crescita economica mette in crisi l’ap p rov - vigionamento energetico vuol dire che c’è qualcosa di fondo che non va». C o s’è mancato? «Sono mancati la diversificazione delle fonti e delle tecnologie e piani di sviluppo realistici, purtroppo l’Italia e l’Europa hanno invece concentrato le fonti e puntato solo su alcune tecnologie. Per capirci: le energie rinnovabili vanno benissimo ma è irrealistico pensare che possano sostituire tutte le altre fonti. Al nuovo governo, quindi, chiediamo di far capire all’Unione Europea che la sicurezza energetica richiede in primo luogo realismo». L’Europa, però, con il Fit for 55 ha già fatto la scelta di una decarbonizzazione accelerata che prevede, per esempio, l’addio ai motori a combustione interna già dal 2035. «Nessuno di noi contesta l’importanza della decarbonizzazione e degli obiettivi ambientali ma l’idea che ci sia una sola tecnologia per raggiungerli. Nel campo della mobilità per la Ue non c’è alternativa all’e l ettrico, mentre anche l’industria fossile ha soluzioni per ridurre al minimo le emissioni di CO2. Noi chiediamo quindi diversificazione e gradualità in un percorso condiviso». Restando all’Italia, che cosa non ha funzionato sinora? «Da vent’anni l’Italia ha un programma per costruire dieci rigassificatori e ne ha realizzato solo uno. 30 anni fa in Italia si estraevano 30 miliardi di metri cubi di gas, oggi intorno ai 4 pur avendo riserve cospicue (intorno ai 110 miliardi di metri cubi tra certe, probabili e possibili). Di contro abbiamo sovrastimato la capacità di produzione di energia dalle rinnovabili. In una parola: non abbiamo saputo programmare e nel campo dell’energia la programmazione è tutto, altrimenti si va in emergenza, con i costi sociali ed economici che comporta. In emergenza il problema è solo uno: garantire la quantità necessaria al fabbisogno. Quanto costerà finisce in secondo piano, che è appunto il grande problema che abbiamo ora, che non fa solo galoppare l’inflazione, ma uccide le imprese, crea disoccupazione e fa sprofondare l’economia». Dal 5 dicembre scatta l’embargo al petrolio russo e a febbraio quello ai prodotti. Che rischi corriamo visto che la Russia è un importante fornitore anche per l’Ita - l i a? «Sul petrolio siamo messi meglio, come dimostra il nostro sistema di raffinazione che è più flessibile e ha superato, infatti, crisi più pesanti come quelle irachena e libica. Ci approvvigioniamo dalla Russia solo per un 10-15%, non avremo difficoltà a trovare altri fornitori. L’u n ic o problema che abbiamo riguarda l’Isab di Priolo, società italiana controllata da Lukoil, gruppo che non è colpito dalle sanzioni dirette ma, essendo russo, dal 5 dicembre non avrà accesso al credito, una condizione che per eccesso di cautela (la cosiddetta over compliance) è stata estesa anche alla controllata italiana, che rischia di non poter avere dalle banche le garanzie finanziarie indispensabili per le forniture. Da tempo abbiamo chiesto al governo di trovare una soluzione, ma ancora non abbiamo ricevuto risposte e ormai siamo veramente all’ultimo miglio. Se il 5 dicembre si dovessero bloccare gli impianti di Priolo gli effetti sarebbero gravissimi. Non c’è in ballo solo il 20% della raffinazione italiana, ma l’economia stessa di Siracusa e della S ic i l i a » . Voi siete un settore energivoro. Cosa pensate della proposta di un price cap al tetto del gas? Può essere una soluz io n e? «Non solo siamo energivori, ma nel processo di raffinazione usiamo anche molto gas per traguardare i limiti di emissione, quindi, siamo favorevoli a qualsiasi soluzione possa limitare i costi, ma deve essere una soluzione condivisa da tutta l’Unione e non limitata al solo gas russo, altrimenti non produrrà effetti». Si profila un probabile razionamento nelle forniture di gas. Come vi state prepara n d o? « L’Ue ha stabilito che la raffinazione, per l’im po rta nza strategica che ha nell’economia, avrà priorità nell’a pprovvigionamento, ma i nostri impianti, sempre nei limiti di emissione, hanno già cominciato a utilizzare altri prodotti interni al processo lavorativo, come il gpl o il gas di raffineria. Stiamo massimizzando le nostre risorse, ovviamente tenendo conto dei limiti consentiti». Sta suggerendo che, vista l’emergenza, questi limiti potrebbero essere temporaneamente ritoccati? «È già accaduto in altre occasioni. Stiamo già aumentando come Paese la produzione di energia elettrica da carbone, peraltro utilizzando impianti obsoleti, visto che avendo deciso di abbandonare questa fonte nessuno ha più investito in nuove tecnologie che permetterebbero ora di ricorrere al carbone con emissioni molto basse. E torniamo al problema dei problemi, la mancanza di p rog ra m m a z io n e » . A far impennare l’i n f l a z io n e è stato soprattutto il costo del gas. Tutta colpa del TTF, la Borsa di Amsterdam? «Durante i periodi di instabilità la speculazione finanziaria ha sempre margini d’azione, ma il problema vero è che metà dell’attuale incremento del 700% dei prezzi era già avvenuta prima della guerra per i problemi strutturali già citati. Poi certo, il sistema TTF va rivisto perché non si può legare il costo del gas e di conseguenza quello dell’energia solo alle dinamiche del trading finanziario, ma non dimentichiamo che il problema principale è la diversificazione delle fonti e delle tecnologie, sono le scelte strategiche per il futuro. Ecco perché alla nostra assemblea ho chiesto alla politica di lasciare fuori l’energia dal campo della contrapposizione partitica e della propaganda elettorale. C’è bisogno di uno sforzo condiviso». A Piombino, intanto, le resistenze al rigassificatore galleggiante sono ancora forti. Non è che vorrebbe ridare allo Stato i poteri esclusivi nel campo dell’e n e rg i a? «Quando parlo di sforzo condiviso penso proprio a questo, fare scelte strategiche e non rimanere in balia dei particolarismi e penso pure che nel governo vadano unificate le competenze in campo energetico. Lo spacchettamento tra ministeri ha creato più problemi di quanti benefici si potessero ipotizza re » . La tassazione degli extraprofitti delle imprese energetiche ha portato alle casse dello Stato meno della metà dei soldi previsti. Era sbagliata la misura? Come si concilia con la proposta euro p ea? «Era sbagliata soprattutto la metodologia di calcolo. Parlo per il mio settore, ma se al momento del passaggio tra un anno fiscale dominato dal Covid come il 2020 e un anno di ripresa come il 2021, la tassazione straordinaria viene calcolata sulla differenza tra Iva attiva in cui entrano le accise e Iva passiva e in cui non entrano, a venire tassati non sono gli extraprofitti ma direttamente i ricavi, perché è stata alzata a dismisura la base imponibile. Fortunatamente l’Eu ro pa ha preso un altro indirizzo, con un meccanismo simile all ’addizionale Irpef, mi preoccupa semmai il margine d’azione lasciato ai singoli paesi che potrebbe creare forti distorsioni nella realtà italiana rispetto a quella euro p ea » .

Nessun commento:

Posta un commento