STUPIDA RAZZA

mercoledì 12 ottobre 2022

Giù consumi e prezzi Ma è solo l’e f f e tto della produzione ko

 

Tanto tuonò che piovve. Dopo mesi di calo moderato, la domanda di gas per il mese di settembre si abbatte drasticamente in reazione ai prezzi alti. Le maxi-bollette scoraggiano l’uso dell’energia, in particolare nel settore industriale. Il calo robusto dei consumi energetici non è frutto di una maggiore efficienza, come sarebbe auspicabile, bensì di mancato utilizzo tout court: molte aziende hanno scelto di produrre di meno o di chiudere del tutto i battenti per non subire salassi. Le aziende che tecnicamente ne hanno avuto la possibilità hanno cambiato combustibile e dal gas sono passate ad altro, ma si tratta di pochi casi. Osservando i dati provvisori forniti da Snam, i consumi industriali di gas a settembre 2022 sono stati pari a 928 milioni di metri cubi (- 22.5% rispetto a settembre 2021), quelli per produzione termoelettrica 1,9 miliardi di Smc (-17.8%) e quelli civili pari a 1 miliardo di Smc (-9.4%), per un totale di 3.8 miliardi di Smc (-17%). Numeri davvero pesanti. In termini cumulati, il periodo gennaio-settembre 2022 fa segnare un –12% di consumi industriali e un –6% di consumi civili di gas rispetto allo stesso periodo del 2021. Sul dato di settembre dei consumi termoelettrici potrebbe aver influito anche l’avvio dell’uti - lizzo prioritario delle centrali a carbone richiamate in esercizio. Il tracollo della domanda di gas è un pessimo segnale per l’economia, ma dall’altra parte contribuisce a far scendere i prezzi. Nell’ultimo mese i prezzi sul mercato Ttf sono scesi notevolmente (-67% il mercato spot giornaliero, -46% il mese di novembre, -25% l’an - no di calendario 2023), sia a causa della ridotta domanda per consumo, verificatasi anche in Germania, sia perché ora gli stoccaggi sono pieni e non c’è più urgenza di acquistare per aumentare le giacenze. Nonostante i propositi, sulle dinamiche del prezzo non hanno avuto alcuna influenza le inconcludenti discussioni in corso a Bruxelles su ipotetici meccanismi di tetto ai prezzi o di corridoi. Con i consumi così bassi e gli stoccaggi pieni, i flussi di importazione rimangono stabili in ingresso in Italia e c’è dunque spazio anche per esportare un po’di quantitativi (circa 17 milioni di metri cubi ieri verso l’Austria). I flussi di gas russo attraverso Ucraina ed Austria verso Tarvisio hanno ripreso a fluire regolarmente dopo la breve interruzione di dieci giorni fa. Questo momento di tregua sui prezzi non deve però far abbassare la guardia. Intanto, siamo ancora a livelli di prezzo da quattro a sei volte superiori a quelli di un anno fa. Poi, il momento della verità sarà all’arrivo dei primi freddi, quando si capirà se la riduzione dei consumi civili avviata con decreto dal ministro Rober to Cingolani sarà sufficiente a non far impennare i prezzi e a contenere davvero i prelievi. Ricordiamo che i consumi civili nel mese di dicembre e in quello di gennaio usualmente sono di oltre 5 volte superiori a quelli di settembre. In quei mesi ci sarà bisogno del massimo possibile di gas di importazione per poter usare gli stoccaggi con parsimonia, onde non arrivare ad aprile con i magazzini vuoti. Le incognite sono tante, dall’a nd am ento della guerra alla sicurezza dei gasdotti, alle temperature invernali, alla concreta disponibilità dei nuovi rigassificatori in primavera. Tutto il sistema energetico italiano è di fronte a una prova difficilissima. Nel settore industriale, mentre c’è chi produce meno o ha smesso di produrre, c’è però anche chi continua a lavorare e ad esportare. Gli ultimi dati dell’Is tat sulle esportazioni italiane mostrano un andamento positivo, con un 2022 che secondo le stime del Centro Studi Confindustria dovrebbe chiudersi con un +10% rispetto al 2021, dopo aver fatto segnare un +21% nei primi sette mesi dell’anno. Sempre secondo il CSC, però, nel 2023 le esportazioni faranno segnare solo un +1.8% rispetto a quest’a n n o. Vale la pena segnalare qualche dato in merito: le esportazioni italiane che più dipendono dai costi dell’energia sono salite in valore del 20.8% nel secondo trimestre di quest’anno, rispetto allo stesso periodo del 2021, mentre quelle meno legate all’energia sono cresciute del 28%. In più, i valori dell’export incorporano i costi alti dell’energia e delle materie prime, risultando così gonfiati dall’inflazione. Certamente le statistiche del terzo trimestre saranno assai meno brillanti per l’export italiano più collegato ai costi energetici, considerato che il record dei prezzi di gas ed energia elettrica si sono registrati nel mese di agosto. Dunque, gli alti costi di produzione, infiammati dal caro-energia, sfavoriscono le esportazioni italiane più energy intensive, a maggior ragione rispetto ad altri Paesi che invece hanno varato (o stanno per farlo) ingenti e corposi piani nazionali di aiuto alle imprese. Francia e Spagna hanno avviato da mesi delle forme di tetto ai prezzi, molto diverse tra loro ma ugualmente mirate a sostenere la propria competitività. La Germania ha varato un piano biennale da 200 miliardi, oltre ad avere nazionalizzato diverse compagnie energetiche. L’Italia, invece, dopo avere messo sul tavolo 65 miliardi diluiti in un anno con interventi erga omnes mai risolutivi, ha atteso per mesi che da Bruxelles arrivasse una soluzione a base di tetto europeo ai prezzi del gas, che non è mai arrivata e che, se mai arriverà, sarà di ben poco aiuto e in ogni caso fuori tempo massimo. A quanto pare, l’onere di un nuovo intervento spetterà al nuovo governo, che nell’asfit - tico quadro della finanza pubblica contingentata dall’Unio - ne europea dispone di ben poco spazio. Serviranno inventiva e coraggio, non sono ammessi rinvii né errori. 

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