Numeri che parlano chiaro: nel 2021 poco più di un quarto della popolazione italiana è risultata a rischio di povertà o esclusione sociale (25,4%), percentuale sostanzialmente stabile rispetto ai due anni precedenti. L’Istat nel report “Condizioni di vita e reddito delle famiglie” spiega che il rischio di povertà o esclusione sociale si attenua per le altre tipologie familiari tranne che per le coppie con figli, per le quali aumenta al 25,3% rispetto al 24,7% del ’20 e al 24,1% del ’19. Nel 2021 l’incidenza di questo rischio continua a essere più alta tra gli individui che vivono in famiglie con almeno 5 componenti con il 38,1% contro il 36,2% del 2020. Se si guarda solo alle persone a rischio di povertà, quelle con un reddito netto equivalente inferiore al 60% di quello mediano (ossia 10.519 euro) e non pure ai nuclei con una bassa intensità lavorativa o quelli in una situazione di deprivazione materiale, nel 2021 il dato raggiunge il 20,1% delle persone residenti in Italia (circa 11 milioni e 800 mila individui). A livello nazionale la quota rimane sostanzialmente stabile rispetto ai due anni precedenti (20% e 20,1% rispettivamente nel 2020 e nel 2019), mentre si osserva un certo miglioramento nel Mezzogiorno e al Centro e un aumento del rischio di povertà nelle ripartizioni del Nord. Il 5,6% della popolazione (circa 3 milioni e 300 mila individui) si trova in condizioni di grave “deprivazione” materiale, ossia presenta almeno quattro dei nove segnali di deprivazione individuati dall’indicatore Europa 2020; un valore che risulta più basso rispetto a quello dei due anni precedenti (5,9% nel 2020 e 7,4% nel 2019). Inoltre, l’11,7% degli individui vive in famiglie a bassa intensità di lavoro, ossia con componenti tra i 18 e i 59 anni che hanno lavorato meno di un quinto del tempo, percentuale in aumento rispetto all’11% dell’anno precedente e al 10% del 2019. La popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale (indicatore composito), ovvero la quota di individui che si trova in almeno una delle suddette tre condizioni (riferite a reddito, deprivazione e intensità di lavoro), è pari al 25,4% (circa 14 milioni 983 mila persone), sostanzialmente stabile rispetto al 2020 (25,3%) e al 2019 (25,6%). Il reddito netto medio delle famiglie nel 2020, anno della pandemia, è stato pari a 32.812 euro con gli interventi di sostegno (reddito di cittadinanza e altre misure straordinarie) che ne hanno limitato il calo (-0,9% in termini nominali, -0,8% in termini reali). L’Istat spiega che rispetto al 2007, anno precedente la crisi economica, è ancora inferiore del 6,2%. Tra le misure preesistenti di contrasto alla povertà, il reddito di cittadinanza (RdC) ha assunto durante la pandemia “un ruolo chiave”. L’Istituto sottolinea che nell’anno dell’esplosione dell’emergenza sanitaria, si stima che il RdC abbia raggiunto oltre 1,3 milioni di famiglie (il 5,3% del totale), con un beneficio annuo di 5.216 euro pro capite. Questa quota sale al 15,2% per le famiglie del quinto più povero e al 6,1% per quelle del secondo quinto. Il 10,7% delle famiglie residenti nel Mezzogiorno ha ricevuto almeno una mensilità del RdC, quota di gran lunga superiore a tutte le altre aree.
NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
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