NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
mercoledì 12 ottobre 2022
Sottovalutò il crac Lehman: gli danno il Nobel
Il premio Nobel per l’Eco -
nomia è stato assegnato ieri a
Ben Bernanke, l’ex presidente della Federal Reserve, e ai
suoi colleghi Douglas Diamond e Philip Dybvig, per il
loro lavoro sulle banche e sui
loro salvataggi durante le crisi
finanziarie. Sessantotto anni,
noto anche come «Helicopter
Ben», B e r n a n ke è stato presidente della Federal Reserve
tra il 2006 e il 2014, un periodo segnato dalla crisi finanziaria del 2008-2009 e dal
crollo di Lehman Brothers. Il
più grande fallimento di una
banca nella storia degli Stati
Uniti. L’eccezione che non ha
confermato la regola secondo
cui i colossi bancari erano
«troppo grandi per fallire»,
too big to fail.
Le motivazioni del premio?
L’ex banchiere centrale ha
analizzato la Grande depressione degli anni Trenta, la
peggiore crisi economica della storia moderna, ha dichiarato la giuria del Nobel. In particolare, ha mostrato come i
prelievi massicci - «corse agli
sportelli» - «siano stati un fattore decisivo nel prolungare e
approfondire le crisi». D ouglas Diamond, nato nell’otto -
bre del 1953, e Philip Dybvig,
67 anni, rispettivamente professori all’Università di Chicago e alla Washington University di St Louis, hanno sviluppato modelli teorici che
mostrano perché le banche
esistono e perché il loro ruolo
nella società le rende vulnerabili alle voci di un loro imminente crollo. Questo lavoro ha
portato, in particolare, al modello Diamond-D y bv i g di panico bancario «che si autoavvera», come sottolinea il Comitato per il Nobel.
Dalla ricerca economica
sulla centralità del sistema
bancario si è arrivati alle politiche di oggi: assicurazione
statale dei depositi e liquidità
d’emergenza delle banche
centrali durante le crisi sono
due presupposti dell’approc -
cio moderno proprio sulla base della ricerca economica.
Un primo banco di prova - secondo l’Accademia reale - è
stata la grande crisi finanziaria iniziata nel 2008, quando
l’intervento della Fed guidata
proprio da B e r n a n ke (oggi alla Brookings Institution a Washington) «impedì il collasso»
del sistema bancario ed è
«opinione comune che salvò il
mondo da una depressione».
È alquanto improbabile
che all’Accademia reale delle
Scienze svedese abbiano il
sense of humor dei britannici. Eppure il Nobel a Bernan -
ke potrebbe prestarsi a qualche gelida ironia. Per due motivi: il primo è che coincide
con un momento storico di
profonda transizione per l’economia mondiale e con un
nuovo ciclo che metterà a dura prova il sistema finanziario
alle prese con gli effetti di inflazione e crisi energetica,
esplose subito dopo la pandemia.
Non sarà una nuova
Lehman, perché il contesto e
le cause sono chiaramente diverse, ma l’impatto potrebbe
essere anche più difficile da
gestire nei prossimi mesi/anni. Non solo. Si premia l’uo m o
che ha inventato il quantitative easing, proprio quando le
banche centrali hanno scritto
la parola fine a quel capitolo e
sono impegnate in un «quantitative tightening», ovvero
mentre stanno stringendo i
cordoni della borsa.
Il secondo motivo è che il
riconoscimento a Be rn an ke
rappresenta una sorta di paradosso. George W. Bush lo
chiama, nel 2005, a sostituire
l’ormai troppo provato Alan
G re e n s pa n , che resisteva dal
lontano 1987 e aveva visto più
crisi di qualsiasi altro presidente della Fed. Nel novembre del 2006 B e r n a n ke rassi -
cura: «Il rallentamento dell’economia legato al settore immobiliare gradualmente diminuirà. Il settore auto sembra già mostrare segni di rafforzamento». Solo due anni
dopo arriva il crollo di
Lehman Brothers, morta il 15
settembre 2008 dopo essere
rimasta impigliata nel gioco
mortale dei mutui subprime.
Diventerà non solo l’ic o n a
di quei disastri epocali destinati a generare la Grande recessione, ma anche l’u n ic a
vittima sacrificale tra le big
banks. Nessuno l’ha voluta
salvare: né le più importanti
istituzioni creditizie americane, né l’a m m i n i s tra z io n e
Bush, né la Federal Reserve
che fino a qualche mese prima, attraverso il suo presidente, era impegnata a ridimensionare la portata del virus per evitare il panico. Provocando una reazione lenta,
tanto che gli interventi radicali arriveranno solo a fine
2008 con il primo round del
QE e con la lunga serie di acronimi (Zirp, Nirp, Tarp, eccetera) con cui vennero chiamate
le maxi iniezioni di liquidità
nel sistema.
A gestire l’uso della «siringa», e a ridurre i tassi di interesse vicino allo zero, fu proprio la Fed di B e r n a n ke, poi
imitato dai colleghi al timone
di Bce, Bank of Japan e Bank of
England. Nel dicembre del
2009 «Big Ben» viene nominato «Person of the year» dal
Ti m e che lo definisce «il nerd
più potente del pianeta». Molti anni dopo, nel marzo 2014,
fu lui stesso ad ammettere di
aver «sottovalutato l’i m patto
dei mutui subprime», prevedendo solo un «moderato rallentamento» dell’econ omia.
Invece, disse in quell’occasio -
ne B er na nke, gli Stati Uniti
erano «sull’orlo dell’abi s s o »
già nel 2008, prima che fallisse Lehman. Nell’ottobre del
2015, escono le sue memorie:
The courage to act: a memoir
of a crisis and its aftermath.
B e r n a n ke vi scrive che in uno
dei momenti più cruciali della
storia finanziaria, d’ac c o rd o
con l’allora segretario al Tesoro americano Henry Paulson,
aveva «ingannato» il pubblico, offrendo una visione fuorviante sul possibile salvataggio o meno di Lehman. In
u n’audizione in Congresso
dopo il collasso della banca
d’affari, lui e Pau l s o n e ra n o
stati «deliberatamente vaghi
quando ci è stato chiesto di
discutere se avremmo potuto
salvarla», ma la sua preoccupazione era che Goldman Sachs e Morgan Stanley potessero fare la stessa fine.
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