Susanna Tamaro ha pubblicato il libro che molti avrebbero potuto e forse dovuto scrivere, ma non hanno scritto per paura o per conformismo. Si intitola Tornare umani (Solferino), e Maurizio Caverzan su queste pagine ne ha anticipato i contenuti. È un testo a tratti doloroso, ma sempre onesto e coraggioso. Potrebbe essere interpretato come l’esame di coscienza di una nazione dopo la pandemia, ma anche come un inno pieno di speranza alla ricostruzione, alla riconciliazione. In ogni caso, è una proposta che non va lasciata cadere, e che l’autrice approfondisce in questa conversazione. La versione integrale dell’i nte r - vista è andata in onda nel corso di O rso b ru n o, trasmissione radiofonica quotidiana di Byoblu, che si può recuperare sul sito www.byoblu.com. Lei è stata se non l’u n ica , una delle pochissime intellettuali italiane a pubblicare un libro di questo genere. I più si sono adeguati al pensiero prevalente. Perché secondo lei? «Premetto che io sono una persona che vive fuori dal mondo e dalla politica, da tutto. Però questa epidemia mi ha spinta a osservare con molta attenzione quello che stava succedendo. E ciò che mi ha più turbato a un certo punto è stata proprio la sudditanza delle persone che avrebbero dovuto dire: “Un momento, ragioniamo, pens i a m o…”. Invece sentivo gente dire: “Sono felice di avere il green pass in tasca”o cose del genere, per me assolutamente abominevoli. E le poche persone che obiettavano, come Massimo Cacciari o Giorgio Agamben, venivano messe all’angolo da un sistema dei media agguerrito in una maniera preoccupante». Anche la stampa si è fatta troppo spesso strumento del potere e ha alimentato questo discorso dominante. «Sì. È stato un canto trionfale, senza possibilità di riflessione, e questo è sempre molto preoccupante in un Paese democratico, dove bisognerebbe riflettere. E una scienza che si propone come assoluta è una scienza che apre le porte a una tirannia, naturalmente, perché la scienza è tale quando sa che può sbagliare e lo ammette. Invece c’è stato un monoblocco, tutti in massa si sono messi a convincere che bisognava agire in una determinata maniera. Sono rimasta molto turbata nel vedere l’inerzia prima dello scoppio dell’epidemia, che era prevedibilissimo, e poi l’e s p l o s io - ne dell’irrazionalità. Quando un Paese diventa irrazionale, si mette su una china pericolosissima». Quel che continuo chiedermi è: come è stato possibile? Gli intellettuali hanno taciuto, per lo più, e la stampa si è subito schierata. Ma anche la popolazione si adeguata … Come siamo diventati «disumani» secondo lei? «Io vivo da tantissimi anni in un paese piccolo, di provincia. Ho avuto modo di vedere ancora più chiaramente questa cosa, stava deflagrando il tessuto sociale. In un paese conosci tutti, vedi famiglie spaccate, amicizie rotte, sulla base del “sei vaccinato? ”. Io non ho mai chiesto a nessuno se fosse vaccinato, perché non mi è mai interessato. Perché non si può discriminare. Se cominciamo così, facciamo come nella ex Jugoslavia, dove - lo ricordo nel libro - prima facevano le feste di compleanno a casa dei vicini di altra etnia e poi si sono massacrati a vicenda durante la guerra. Questo è dentro di noi: tutti abbiamo una parte nera dell’anima che aspetta di infiammarsi ed esplodere. E poi ci sono le paure arcaiche, come quella della peste, e il fatto che abbiamo rimosso il discorso sulla morte dalla nostra società. Nessuno pensa più che, democraticamente, siamo tutti destinati a morire. Gli eventi di questi anni hanno sollevato il velo sulle menzogne della nostra società. E questo ha fatto paura». Il filosofo Byung-Chul Han parla di «società senza dolore». Una società che teme la sofferenza della carne perché non possiede altro, non ha un’anima, ed è interessata soltanto al funzionamento del corpo. «Certo, totalmente. Noi siamo solo una macchina da mandare avanti il più a lungo possibile. Ma una volta si sapeva che ognuno ha un destino, che c’è la “tua ora”. E la cosa normale era morire di una “buona morte”, con l’anima in pace. Invece adesso assistiamo a questo prolungamento della vita, anche esagerato in qualche modo, salvo poi invocare metodi di eliminazione perché a un certo punto viviamo troppo a lungo. Ognuno ha un proprio destino, che è sia genetico e sia dipendente dalle condizioni di vita, e poi c’è la “nostra ora” che - come la saggezza antica ha sempre saputo - non si può rimandare. Ci si deve curare certo, e far tutto il possibile per restare in salute, ma dobbiamo anche stabilire un rapporto con la morte». In compenso i morti sono stati molto usati. Si diceva: «Come vi permettete di criticare quando abbiamo migliaia di morti?». «Questo è stato un abuso terribile. Però vorrei anche precisare una cosa. Io vivo in Umbria, ma ho molti amici a Bergamo e in Lombardia. Qui c’era questa sensazione stranissima, tutti chiusi in casa terrorizzati con la polizia a controllare, mentre lì la situazione era davvero grave. Quando a gennaio la Cina ha iniziato a mandare quelle immagini terribili ai telegiornali, un governo di persone responsabili si doveva domandare: “Ma la Cina, che è un Paese che culturalmente di solito non si espone, se manda questo messaggio cosa ci sta dicendo?”. E allora bisognava essere pronti a capire che questa cosa era già da noi, invece c’è stata grande leggerezza e ci sono stati contesti, come purtroppo le Rsa, che sono diventati una bomba biologica, dove ci sono stati tanti, troppi morti». Non solo abbiamo dato una lettura irrazionale ed emotiva, abbiamo passato ciò che accadeva attraverso uno strano filtro morale, abbiamo diviso il mondo in buoni e cattivi. «Anche questo è molto pericoloso, questo manicheismo estremo spacca le civiltà, e ha avviato una guerra civile nel nostro Paese, e su questa guerra civile bisogna ragionare e bisogna anche indagare e chiedere perdono. Sono state fatte cose terribili all’Italia, nel silenzio generale. Questa separazione tra buoni e cattivi la reputo una cosa gravissima. Guardi, io sono vaccinata, perché ho avuto tre polmoniti gravi, un enfisema, sono asmatica e dunque ho pensato: “Ok, mi vaccinerò d’e s tate così in inverno sarò protett a”. In realtà, io avrei dovuto vaccinarmi in aprile, quando sarebbe toccato alla mia fascia d’età. Ma ho pensato, “Se mi vaccino in aprile, probabilmente essendo il vaccino fatto in fretta e furia, quanto mi proteggerà? E quanto durerà la protezione?”. Dunque mi son vaccinata in agosto per essere protetta in inverno. Ho fatto Pfizer, in quanto fragile. Ma ero convinta di essere protetta, all’inizio si diceva che avrebbe dato protezione al 98%, poi ho scoperto che non era così…». Di Pfizer parla anche nel libro. Scrive: «Pfizer fu condannata per essersi approfittata di una epidemia di meningite infantile in Nigeria, nel 1996, per sperimentare nuovi farmaci. Per la morte di un bambino povero, chi potrà mai reclamare? Questo è il livello etico dei nostri salvatori». Quanto è accaduto è curioso: abbiamo presentato questa aziende come i cavalieri bianchi pronti a salvarci. «C’è questa cosa arcaica dentro di noi: abbiamo bisogno di un’entità benefica che ci salvi dal male e dalla morte. La narrazione ha alimentato tutto questo, ad esempio il fatto che i vaccini siano arrivati il 25 dicembre… Non è stato casuale. Questo ha favorito u n’id e nt i f ic a z io n e con la salvezza che forse era, come dire, un po’ e s a ge rata » . Abbiamo favorito la nascita di una sorta di nuova religion e. «Sì, con i suoi sacerdoti, i suoi beneficiari e via dicendo. Questo libro l’ho scritto per indignazione umana e civile. Mi ha offeso prima l’i m p re pa ra - zione, ancora prima del caos, che in fondo in una epidemia ci può anche stare, perché ci si spaventa tutti. Però poi è entrato in atto un meccanismo perverso: il controllo sociale. Un meccanismo, appunto, di divisione delle persone. Che è stato costruito senza avere nulla in mano, perché abbiamo visto che questi vaccini forse aiutano persone fragili e anziani ma su tutti gli altri… Non solo: i vaccinati si ammalano oltre a contagiare. Quindi tutte le misure prese suonano non reali, ma piuttosto repressive » . A questo proposito, nei giorni scorsi abbiamo visto l’audizione di Pfizer al Parlamento europeo, in cui Janine Small ha ammesso candidamente che il vaccino non era mai stato testato riguardo la capacità di garantire immunità. Di nuovo però la stampa non ha ripreso la notizia o, peggio, ha fatto di tutto per smontarla. Non abbiamo imparato proprio nulla da questi anni? C’è stato un peggioramento e non siamo più riusciti a recuperare? «Sì, è molto inquietante che sia rimasta ancora questa cappa di negazione della realtà, quando ormai tutti hanno avuto il Covid anche più volte pur essendo vaccinati. Io conosco tante persone che non si sono vaccinate, sane, le quali si sono ammalate meno di Covid rispetto ai vaccinati e con sintomi uguali ai vaccinati o anche meno forti. Questo è evidente, e anziché accanirsi bisognerebbe cercare di riflettere, perché se non si riflette siamo sempre nell’a n go l o » . I sacerdoti di quella che io chiamo Cattedrale sanitaria le direbbero: «Lei non è uno scienziato, dunque non può parlare». Le sto citando la frase che veniva ripetuta ogni volta per mettere a tacere i critici… «Certo, ma la realtà parla tutti i giorni e ho notato che chi sta in campagna come me è più capace di accorgersi di queste cose perché ha un rapporto ancora reale con quello che succede intorno, non è condizionato dai media in assoluto. Io questa prepotenza della scienza non la tollero. I grandi scienziati di una volta, come Sabin, mai avrebbero esibito questa arroganza. Magari è stato un bellissimo esperimento questo dei vaccini e servirà per il futuro. Io non sono contraria ai vaccini, sono importantissimi, ma la gestione fatta in questo modo è stata estremamente sinistra. Anche perché non ha tenuto conto della salute dei cittadini. Penso che ogni persona normale non desideri ammalarsi dunque tutti si sarebbero vaccinati senza alcun obbligo o forzatura; e chi fa delle vite solitarie non ha bisogno di vaccinarsi, perché deve essere costretto se il rischio del vaccino è più grande di quello della malattia? Non hanno lasciato la libertà di pensiero alle persone, non hanno concesso di decidere secondo il proprio stile di vita e il potenziale di rischio». C’è un capitolo molto interessante, nel suo libro, che parla del perdono. Lei sostiene che i politici dovrebbero chiederlo ai cittadini. Secondo lei aiuterebbe a superare questo trauma pazzesco che abbiamo avuto? «Sì, sicuramente aiuterebbe perché capiamo che ci sia stata una situazione terribile, imprevista, con errori umani, ma la persecuzione nei due anni successivi è stata molto grave. Queste ferite che abbiamo avuto come cittadini in un Paese democratico sono enormi; dunque, soltanto una richiesta di perdono potrebbe sanare questo dolore e questo senso di tradimento da parte di uno Stato che fino a qualche tempo fa era civilmente democratico. Abbiamo subito cose terribili. Persone che hanno perso il lavoro, cose molto gravi. Siamo stati l’unico Paese europeo ad avere questo p rob l e m a » . Ci sono ancora persone sospese dal lavoro perché sottoposte a obbligo fino al 31 d ic e m b re. «Sì, ma non solo. Io ho un caro amico in Rsa e non posso andare a trovarlo perché non ho il green pass. Hanno tagliato i rapporti sociali, è una follia assoluta». Al nuovo governo si chiede di provvedere subito a togliere queste limitazioni che non hanno senso. Però, guardando a certe dichiarazioni sul green pass del nuovo ministro della Salute, Orazio Schillaci, mi vengono dei dubbi sul fatto che verrà chiesto perdono. «Sarebbe un bel gesto perché aiuterebbe a ricucire la società, a ridare fiducia nel ministro della Salute, a ricucire una sanità distrutta, perché abbiamo visto in questi anni una sanità ridotta ai minimi termini. Un’altra cosa che mi ha molto colpito è che nel 2022 si considerino “f ra - g i l i” i sessantenni. Forse potevano esserlo negli anni Cinqu a nta …». E allora perché li consideriamo fragili? «Se un sessantenne, come dice Garattini, prende dalle 15 alle 20 pillole al giorno, è chiaro che è già malato. Non solo: è la medicina a essere ammalata, perché non ha fatto educazione sanitaria, non ha curato l’ambiente. E questa è solo la punta dell’ic e - berg, c’è stato negli anni un uso di pillole smodato al posto dell’educazione sanitaria, e questa è una cosa di cui il nuovo ministro della Salute dovrebbe occuparsi». Pensa che succederà qualcosa del genere? Pensa che il nuovo ministro potrà segnare questo cambio di passo, anche rispetto al passato rec e nte? «In tutte le situazioni della vita noi sbagliamo e si può sempre ricominciare. Chiedere perdono vuol dire compiere una eliminazione dell’orgoglio e aprire la porta alla rinascita. Non si tratta di umiliare, ma di pensare a un futuro in cui le cose possano andare in modo diverso. Bisogna chiedere perdono per tutte le persone che avevano malattie autoimmuni gravi e o si vaccinavano o perdevano il lavoro… Sono cose inammissibili. O chi è stato senza green pass e ha dovuto fare una vita da reietto per mesi e mesi… È stata una cosa veramente folle». Qui la responsabilità della classe medica è stata grande. Sembra che a tanti di loro sia piaciuto parecchio apparire in televisione, tanti che alcuni ancora lo fanno, magari per parlare di politica. «Premetto che dopo il giugno del 2020 ho chiuso la televisione e non l’ho più guardata, ma nei primi mesi di pandemia l’ho guardata. Mi faceva impressione perché dicevano tutto e il contrario di tutto, c’era un protagonis m o… Poi c’erano medici che proferivano delle specie di maledizioni: “Il virus durerà 1.000 anni, no 2.000...”. Ma tutti i virus che entrano nell’ospite convivono con lui per sempre. Conviviamo col virus della rabbia dei cani da 20.000 anni… Dicevano anche cose terroristiche. Come dico nel libro incitare alla paura fa malissimo alle difese immunitarie, perché se hai paura le difese crollano. Sarebbe stata meglio una campagna positiva. Si poteva invitare a portate i bambini e gli anziani fuori, al sole, per esempio. Invece è stato tutto difensivo e aggressivo e questo non è il modo giusto di gestire la salute pubblica». Mi sembra che ci sia un filo conduttore in tutto questo discorso, ovvero la mancanza di contatto con la realtà. Abbiamo perso il radicam e nto, la capacità di toccare le cose, di vivere la natura e coltivare la nostra parte spirituale. Se pensiamo anche a certe derive linguistiche del politicamente corretto, ai mutamenti che impongono, alla cultura della cancellaz io n e… Vediamo un continuo rifugiarsi in un mondo artefatto, costruito a tavolino, una burocrazia ideologizzata. Come si fa a ricostruire, a recuperare un rapporto con la realtà? «Dobbiamo ricordarci che la nostra grande cultura e civiltà deriva dal mondo ebraico, greco e cristiano. Questo lo abbiamo archiviato rapidamente e ci siamo genuflessi alla Silicon Valley e a tutti i suoi presunti benefici. Abbiamo buttato a mare una cultura basata su un’u m a n i tà profonda per riverire l’efficienza e il guadagno. Ritornare alle radici è fondamentale perché senza veniamo spazzati via rapidamente. Bisogna ritornare a parlare della complessità dell’uo mo, dell’esistenza di una cosa misteriosa che si chiama anima. Una cosa di cui abbiamo sempre avuto consapevolezza, come ci dicono le prime sepolture della storia umana. Bastano anche cose semplici. Se uno ha un pollaio, nota che i polli stanno bene al sole, mangiano i vermi e stanno bene. Se io stipo tanti polli in un pollaio, li tengo chiusi, poi dovrò per forza fare iniezioni per mantenerli sani. Noi siamo come i polli dal punto di vista fisiologico: bisogna curare la salute, quella semplice, e disintossicare. Anche dalla follia dell’i n fo r m a z ione. Penso, tanto per dirne una, anche all’uso di Twitter che è una cosa perversissima. Credo che i politici non dovrebbero usarlo, perché rischiano ogni volta di dimostrare la loro pochezza. Questo è un mondo finto, costruito, artificiale. Dobbiamo tornare a educare i bambini non nell’ideologia ecologica, che è anche molto deprimente, ma insegnando loro a toccare e vedere, a osservare. Queste tre cose fanno l’umanità. Bisogna cominciare dall’e ducazione e cominciare a dire che queste ideologie sono s tupid a g g i n i » . Se volessimo concludere con una massima potremmo dire: «Curate i vostri polli»… «Gi à… Ricorderei anche che siamo la patria di San Benedetto che è il grande salvatore della civiltà europea dal crollo dell’Impero romano. Ci ha insegnato l’ora et labora che è la via di salvezza dell’Europa, non a caso San Benedetto è patrono d’Eu ro pa . Ci dimentichiamo troppo spesso di lui e dei suoi grandi insegnamenti, dobbiamo tornare alla profondità della nostra cultura».
NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
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