STUPIDA RAZZA

lunedì 24 ottobre 2022

Riscaldamenti e rischio morosità, in condominio pesa il caro energia

 



L’aumento delle bollette fa inevitabilmente crescere anche la morosità in condominio. L’importo preventivato dall’assemblea per la gestione terminata lo scorso 30 settembre (o in via di conclusione in questi giorni) non è infatti in grado di coprire i costi che l’amministratore si vede costretto ad attribuire ai condòmini proprio a causa dei rincari delle utenze per le parti comuni e del servizio di riscaldamento. Tutti i rendiconti consuntivi dei condomìni si chiudono con un saldo passivo; e anche il singolo proprietario virtuoso, che ha puntualmente saldato le rate calcolate in base alla delibera di inizio gestione, si trova incolpevolmente a essere moroso. L’onda lunga dei debiti In molti casi i condòmini sono rimasti sordi agli inviti di pagamento di rate straordinarie, disposte dagli amministratori nei mesi scorsi per far fronte all’evidente aumento dei costi e alla mancanza di fondi. E adesso tutti riversano la propria inquietudine nell’assemblea chiamata a consuntivare la gestione e a preventivare quella prossima. All’inesorabile crescita della morosità delle famiglie l’amministratore non può rimediare con i normali strumenti oggi a disposizione: si può certo chiedere al giudice l’emissione di un decreto ingiuntivo nei confronti del condomino moroso, ma ciò significa aumentare il suo debito senza risolvere il problema. Oltretutto, non si tratta più del singolo che si trova in un temporaneo momento di difficoltà economica e che può sperare nella solidarietà degli altri (possibilità prevista anche dalla legge 220/2012), oppure del “moroso cronico” che, per abitudine, antepone il pagamento di altre spese a quelle condominiali: oggi il rischio – che sta già diventando realtà – è quello di una morosità diffusa, che secondo le prime stime delle associazioni degli amministratori potrebbe passare dal 15 al 40% e oltre. La via del risparmio... I tempi per il recupero del credito comune attraverso la via giudiziaria sono lunghi e non consentono al condominio di diminuire nell’immediato l’insolvenza verso i fornitori. L’amministratore è dunque chiamato a cercare altre soluzioni. La prima strada da percorrere è senza dubbio quella del risparmio energetico, anche se i condòmini non sono sempre disponibili a sopportarne il sacrificio. A tal proposito l’Enea ha da poco diffuso il vademecum, previsto dal decreto Cingolani (Dm 383 del 6 ottobre 2022), con le indicazioni per contenere i consumi da riscaldamento invernale, riferiti ai sistemi alimentati a gas naturale. Dalla regolazione degli impianti alle date d’avvio e spegnimento. Il vademecum, che gli amministratori dovranno distribuire ai condòmini, segue dunque le misure ministeriali che stabiliscono per questo inverno 15 giorni in meno di accensione delle caldaie, un’ora in meno di accensione al giorno, e la riduzione di un grado delle temperature (quelle interne alle abitazioni   dovranno essere settate a un massimo di 19 gradi, più due di tolleranza, salvo particolari eccezioni). Diverse città, come Milano o Bologna, approfittando del clima hanno scelto di posticipare lo start agli impianti comuni. Ma i singoli condomìni non dispongono della stessa flessibilità, dello stesso potere di deroga: al punto che sarebbe nulla un’eventuale delibera che vada oltre quanto stabilito dal decreto Cingolani, per esempio limitando ulteriormente i gradi e le ore di funzionamento degli impianti termici. ...e quella della rinegoziazione L’altra via a disposizione degli amministratori, nei fatti la più logica, è quella di risalire alla fonte, vale a dire ai fornitori: non a quelli delle utenze primarie (verso i quali si confida in provvedimenti governativi), ma a quelli dei servizi. Comprendendo tra questi le imprese addette alla gestione del servizio di riscaldamento che, benché anch’esse colpite dalla crisi generale, hanno certo più margine per concedere dilazioni di pagamento o addirittura prezzi più vantaggiosi a fronte della garanzia di un rapporto contrattuale di più lunga durata rispetto a quello attuale: un accordo di fedeltà reciproca che si traduce in un vantaggio per entrambe le parti. Una ferma presa di posizione da parte del fornitore, d’altro canto, comporterebbe per lui l’incognita della perdita del cliente (il fenomeno colpisce oggi la maggior parte dei complessi condominiali), oppure la seria probabilità di vedersi costretto a recuperare il proprio credito non più dal condominio, ma dai singoli condòmini morosi, così come previsto dalla legge.

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