Riscaldamenti e rischio morosità, in condominio pesa il caro energia
L’aumento delle bollette fa inevitabilmente crescere anche la morosità
in condominio. L’importo preventivato dall’assemblea per la gestione
terminata lo scorso 30 settembre (o
in via di conclusione in questi giorni) non è infatti in grado di coprire
i costi che l’amministratore si vede
costretto ad attribuire ai condòmini
proprio a causa dei rincari delle
utenze per le parti comuni e del servizio di riscaldamento. Tutti i rendiconti consuntivi dei condomìni si
chiudono con un saldo passivo; e
anche il singolo proprietario virtuoso, che ha puntualmente saldato
le rate calcolate in base alla delibera
di inizio gestione, si trova incolpevolmente a essere moroso.
L’onda lunga dei debiti
In molti casi i condòmini sono rimasti sordi agli inviti di pagamento
di rate straordinarie, disposte dagli
amministratori nei mesi scorsi per
far fronte all’evidente aumento dei
costi e alla mancanza di fondi. E
adesso tutti riversano la propria inquietudine nell’assemblea chiamata a consuntivare la gestione e a
preventivare quella prossima.
All’inesorabile crescita della morosità delle famiglie l’amministratore non può rimediare con i normali strumenti oggi a disposizione:
si può certo chiedere al giudice
l’emissione di un decreto ingiuntivo
nei confronti del condomino moroso, ma ciò significa aumentare il suo
debito senza risolvere il problema.
Oltretutto, non si tratta più del singolo che si trova in un temporaneo
momento di difficoltà economica e
che può sperare nella solidarietà
degli altri (possibilità prevista anche dalla legge 220/2012), oppure
del “moroso cronico” che, per abitudine, antepone il pagamento di
altre spese a quelle condominiali:
oggi il rischio – che sta già diventando realtà – è quello di una morosità diffusa, che secondo le prime
stime delle associazioni degli amministratori potrebbe passare dal 15
al 40% e oltre.
La via del risparmio...
I tempi per il recupero del credito
comune attraverso la via giudiziaria
sono lunghi e non consentono al
condominio di diminuire nell’immediato l’insolvenza verso i fornitori. L’amministratore è dunque
chiamato a cercare altre soluzioni.
La prima strada da percorrere è
senza dubbio quella del risparmio
energetico, anche se i condòmini non
sono sempre disponibili a sopportarne il sacrificio. A tal proposito l’Enea
ha da poco diffuso il vademecum,
previsto dal decreto Cingolani (Dm
383 del 6 ottobre 2022), con le indicazioni per contenere i consumi da riscaldamento invernale, riferiti ai sistemi alimentati a gas naturale. Dalla
regolazione degli impianti alle date
d’avvio e spegnimento.
Il vademecum, che gli amministratori dovranno distribuire ai
condòmini, segue dunque le misure
ministeriali che stabiliscono per
questo inverno 15 giorni in meno di
accensione delle caldaie, un’ora in
meno di accensione al giorno, e la
riduzione di un grado delle temperature (quelle interne alle abitazioni dovranno essere settate a un massimo di 19 gradi, più due di tolleranza,
salvo particolari eccezioni). Diverse
città, come Milano o Bologna, approfittando del clima hanno scelto
di posticipare lo start agli impianti
comuni. Ma i singoli condomìni non
dispongono della stessa flessibilità,
dello stesso potere di deroga: al
punto che sarebbe nulla un’eventuale delibera che vada oltre quanto
stabilito dal decreto Cingolani, per
esempio limitando ulteriormente i
gradi e le ore di funzionamento degli impianti termici.
...e quella della rinegoziazione
L’altra via a disposizione degli
amministratori, nei fatti la più
logica, è quella di risalire alla
fonte, vale a dire ai fornitori: non
a quelli delle utenze primarie
(verso i quali si confida in provvedimenti governativi), ma a
quelli dei servizi. Comprendendo
tra questi le imprese addette alla
gestione del servizio di riscaldamento che, benché anch’esse colpite dalla crisi generale, hanno
certo più margine per concedere
dilazioni di pagamento o addirittura prezzi più vantaggiosi a
fronte della garanzia di un rapporto contrattuale di più lunga
durata rispetto a quello attuale:
un accordo di fedeltà reciproca
che si traduce in un vantaggio per
entrambe le parti.
Una ferma presa di posizione da
parte del fornitore, d’altro canto,
comporterebbe per lui l’incognita
della perdita del cliente (il fenomeno colpisce oggi la maggior parte
dei complessi condominiali), oppure la seria probabilità di vedersi costretto a recuperare il proprio credito non più dal condominio, ma dai
singoli condòmini morosi, così come previsto dalla legge.
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