Un taglio della produzione di petrolio da 2 milioni di barili al giorno. Era dal 2020, in piena pandemia, che l’Opec+ non deliberava di chiudere i rubinetti in modo tanto aggressivo. Una decisione motivata da relazioni molto tese tra l’Organizzazione e gli Stati Uniti. Intanto le Borse, dopo il forte rimbalzo degli scorsi giorni, hanno nuovamente corretto gli indici al ribasso: Milano -1,52%, Francoforte -1,23% e Parigi -0,98%. Sul fronte dei titoli di Stato, il rendimento dei Bund decennali è tornato sopra il 2%, quello dei BTp è salito al 4,43% L’Opec+ approva un taglio delle quote di produzione di petrolio da 2 milioni di barili al giorno e la Casa Bianca risponde a stretto giro facendo sapere che il presidente Joe Biden è «molto contrariato per la miope decisione»: l’amministrazione Usa replicherà subito con la cessione di altri 10 milioni di barili dalle scorte strategiche e in seguito individuando con il Congresso «strumenti e autorità addizionali per ridurre il controllo dell’Opec sui prezzi dell’energia». Era dal 2020, in piena pandemia da Covid, che l’Opec+ non deliberava di chiudere i rubinetti in modo tanto aggressivo. Ma è passato molto più tempo, addirittura decenni, dall’ultima volta che si sono viste relazioni così tese con gli Stati Uniti. Il risultato del vertice della coalizione, tornata a riunirsi in presenza a Vienna, viene percepito come un vero e proprio schiaffo dalla Casa Bianca, che fino all’ultimo minuto non ha risparmiato gli sforzi per ricondurre a più miti consigli se non l’intera Opec+ (di cui fa parte anche la Russia) quanto meno l’Arabia Saudita e gli altri storici alleati del Golfo Persico. In pubblico Biden non aveva più rivolto appelli ai produttori di petrolio dopo la trasferta dello scorso giugno a Jeddah, in cui aveva sperato invano di ottenere dai sauditi forniture di greggio più generose. Le pressioni sembravano essersi attenuate. Invece si erano solo spostate dietro le quinte. Indiscrezioni diffuse dalla Cnn a poche ore dal vertice Opec+ hanno raccontato di sforzi «disperati» da parte della diplomazia Usa, che ha schierato i suoi funzionari più influenti – compresa la segretaria al Tesoro Janet Yellen – per prevenire azioni troppo aggressive, capaci di infiammare di nuovo il prezzo del barile a un mese alle elezioni di midterm, appuntamento fissato per l’8 novembre, che vede consensi in calo per i democratici di Biden. È stato un buco nell’acqua. L’Opec+ dopo una breve riunione ha annunciato una maxi riduzione delle quote produttive, giustificandola proprio con le condizioni difficili dell’economia, che consigliano di giocare d’anticipo sul probabile indebolirsi della domanda: «Tanto se la situazione cambia ci basta un colpo di telefono per cambiare anche gli accordi», ha detto il ministro emiratino Suhail Al Mazrouei. Il nigeriano Timipre Sylva ha anche aggiunto candidamente che «l’Opec vuole prezzi intorno a 90 dollari» per il petrolio, livello che «evita di destabilizzare» i bilanci di alcuni Paesi membri. Il taglio in realtà è meno drastico di quanto sembra: si applica alle quote già in vigore e molti Paesi stanno producendo meno, per cui la riduzione “vera” sarà di 1-1,1 milioni di barili al giorno, ha spiegato il saudita Abdulaziz bin Salman, che si è rifiutato di replicare alle critiche dagli Usa. «Ditemi voi se questo è un atto belligerante», si è limitato ad esclamare. Una volta digerita la notizia dei tagli Opec+ (e delle reazioni Usa) le quotazioni del petrolio – che erano già tornate a correre sulle anticipazioni hanno concluso la giornata con un rialzo intorno all’1,5%, che ha portato il Brent sopra 93 dollari. Fin dall’arrivo a Vienna diversi ministri dell’Opec+ avevano sottolineato che il vertice era da intendersi come un’incontro tecnico e non politico. Ma resta molto difficile non farsi influenzare dal contesto, di grave crisi energetica e di escalation nelle relazioni con Mosca. Alla riunione si è presentato di persona anche il vicepremier russo Alexandr Novak. Tra le poche dichiarazioni rilasciate, anche una minaccia: «Non venderemo petrolio a chi applica il price cap». Proprio ieri anche la Ue ha trovato l’accordo per aderire alla misura del G7.
NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
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