La crisi energetica incide anche sulla pubblica amministrazione: a fine settembre gli enti territoriali hanno pagato il 45,2% in più dell’anno scorso, mentre gli aiuti statali finiscono e c’è l’incognita 2023. A Milano raddoppiati i costi dell’elettricità mentre nelle Province il gas arriva a segnare aumenti dell’85,8%. Intanto i grandi consumatori industriali di gas possono tirare un sospiro di sollievo anche se solo temporaneo: grazie a una delibera di Arera i vecchi contratti di fornitura vengono prorogati al 31 ottobre.Anche gli sguardi di sindaci, presidenti di regione e amministratori di Asl e ospedali sono rivolti a Bruxelles. Perché il «corridoio dinamico» dei prezzi energetici su cui si cerca una faticosa intesa in vista del Consiglio europeo del 20 e 21 ottobre è l’unica soluzione praticabile anche per i loro conti; alle prese con il rigonfiamento delle bollette per l’energia che serve a riscaldare le asili, scuole e uffici, illuminare i palazzi pubblici e i monumenti, e a far funzionare Tac, risonanze e reparti. Fin qui ci ha pensato il governo, con gli aiuti infilati in tutti i decreti energia per puntellare la spesa delle bollette degli enti territoriali. Ma la corsa è stata impegnativa. E, soprattutto, promette di essere ancora lunga. Mentre il fiato del bilancio pubblico italiano si assottiglia rapidamente. Ancora una volta, sono i numeri a parlare il linguaggio più chiaro. Quelli aggiornati sono registrati nel Siope, il contatore telematico del ministero dell'Economia che monitora incassi e pagamenti degli enti. Nei primi nove mesi dell’anno i Comuni hanno speso in elettricità e gas 2,16 miliardi, cioè 618,2 milioni in più rispetto allo stesso periodo del 2021. Per il momento, insomma, l’aumento è del 40% tondo. Va ancora peggio nelle Province, dove i valori assoluti sono più piccoli e quindi le cifre ballano di più: quelle dei pagamenti per la luce segnano un +64,2% rispetto al gennaio-settembre 2021, mentre nel gas si arriva al +85,8%. Ripida è anche l’impennata nelle strutture sanitarie, che hanno già dedicato alla luce il 61,1% in più dello scorso anno mentre nel riscaldamento registrano per ora un +43,7%. Appena più basse sono le variazioni nelle Regioni. In tutto, i pagamenti degli enti territoriali valgono 3,84 miliardi, cioè 1,2 miliardi in più dell’anno scorso. Ma la maggior parte delle amministrazioni prevede un’accelerata ulteriore negli ultimi tre mesi dell’anno. Cioè nei mesi sostanzialmente scoperti dagli aiuti statali. Questi numeri, imponenti, sono solo infatti una parte del problema. Che si manifesta con modi e tempi diversi in base a un mare di variabili. I contratti cambiano da caso a caso, come varia la puntualità dei pagamenti degli enti. Un ruolo non piccolo, poi, è giocato dalla geografia: perché dove gli inverni sono più lunghi e freddi il peso economico del riscaldamento cresce. Si spiegano così le differenze che si incontrano da un Comune all’altro. A Roma, stando ai dati del Siope, il salto dei costi non si è ancora fatto sentire più di tanto (ma è solo questione di tempo). A Milano invece ha già raddoppiato le bollette della luce, che hanno raggiunto a settembre quota 30,6 milioni contro i 15,2 versati nei primi nove mesi dell’anno scorso. A Potenza, 819 metri di altitudine, l’aumento è del 77,5% (da 3,2 a 5,7 milioni). E l’inverno non è ancora iniziato. Esattamente questo è il problema di tutti. Perché le cifre snocciolate fin qui non tengono conto degli ultimi tre mesi dell’anno, freddi e ricchi di conguagli, e dei rischi che si corrono per il 2023 mentre bisognerebbe già dalle prossime settimane mettere mano ai bilanci preventivi. Nel caso di Comuni e Province, per esempio, i 420 milioni di fondi extra distribuiti dal Viminale, e gli altri 600 in arrivo per i decreti Aiuti ter e quater, sono vitali per sostenere i costi maturati finora, ma rischiano di non bastare. I sindaci (Sole 24 Ore del 7 ottobre) hanno già chiesto altri 200 milioni per il decreto di novembre e 800 nella manovra del 2023. E ancora più alti si prospettano i numeri della sanità, che fin qui ha ricevuto 1,8 miliardi mentre per l’anno prossimo la Nadef prevede una discesa di 2,27 miliardi nella spesa per il venir meno delle uscite straordinarie: prospettiva legittima nella «legislazione vigente» ma difficile da realizzare mentre, fra l’altro, si prospetta anche il rinnovo dei contratti dei medici che si porterà dietro circa un miliardo di spesa arretrata. Solo da qui arriva insomma un’incognita da almeno 3 miliardi sui margini, risicati, della manovra. Sperando in Bruxelles.
NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
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