Altra molotov del Cav sul futuro esecutivo
Guerra e pace.
Silvio Berlusconi porta avanti la
strategia Tolstoj
e il centrodestra
continua a ballare. Anche ieri doppio meteo:
al mattino sole, al pomeriggio
temporali per via degli audio
putiniani registrati all’a ssemblea di Forza Italia tre
giorni fa alla Camera e rilasciati a orologeria dall’a ge n -
zia LaPresse. Al mattino
«Tutti insieme al Quirinale,
torna il sereno». Al pomeriggio l’accusa a Volodymyr Zel e n s ky «di avere triplicato gli
attacchi in Donbass». E di fatto di essere responsabile della guerra «che Puti n non voleva». Il Cavaliere elettrico è in
pieno rodeo mentre gli alleati
osservano grattandosi la pera
e attendendo che il circo Medrano finisca.
Quando la giornata comincia, in Forza Italia sono convinti che le consultazioni da
Sergio Mattarella(domani alle 10.30) saranno esenti da
turbolenze e che i tasselli del
mosaico governativo «stiano
andando al loro posto». Il più
spigoloso, quello che non si
incastrava mai, si chiama
Giustizia. Ma un passo decisivo verso la pace fra G io rg i a
M el o n i e B e rlu s c o n i av v ie n e
in mattinata, quando il candidato di Fratelli d’Italia, C a rl o
No rd io, fa visita al Cavaliere a
Villa Grande sull’Appia Antica. «Si conoscono dai tempi di
Mani pulite, c’è sempre stata
stima. E il presidente l’ha rinnovata». Nel colloquio vengono affrontati i nodi di una vera riforma della giustizia con
la separazione delle carriere,
il nuovo Csm, la responsabilità civile per gli errori giudiziari più clamorosi. A convincere il leader di Forza Italia,
che fino all’altro ieri aveva tenuto il punto su Elisabetta Alberti Casellati, sono paradossalmente le uscite critiche
dell’Anm. «Se No rdio non
piace a loro significa che è
l’uomo giusto», avrebbe sintetizzato, di fatto adeguandosi alla scelta meloniana.
Le prove di distensione si
concretizzano con le elezioni
dei vicepresidenti. Alla Camera passa Giorgio Mulé, forte della caratura istituzionale
e di una non comune capacità
di fare sintesi fra le varie anime azzurre, mentre al Senato
viene eletto Maurizio Gas pa r r i , vecchio leone di mille
battaglie. Proprio quest’ultimo ha fatto inviperire la sinistra per avere presentato un
disegno di legge sui «diritti
del concepito». Per la verità lo
presenta ad ogni inizio di legislatura, «è un lascito morale
del presidente del Movimento per la Vita, Carlo Casini».
Finora nessuno aveva mai
avuto nulla da ridire, questa
volta il gesto è interpretato
come una provocazione
(Enrico Letta) o un dispetto a
M el o n i (il circo mediatico
m a i n s trea m) .
Neppure il tempo di festeggiare la compattezza ritrovata sui nuovi eletti che riparte
il cinema sulle parole di Berlu s c o n i registrate nell’assemblea per l’elezione del capogruppo Alessandro Cattan e o. Il leader azzurro viene
inchiodato ancora ai Silvioleaks. «Io non vedo come possano mettersi a un tavolo di
mediazione Puti n eZ el e n s ky.
Perché non c’è nessun modo
possibile. Arriva Z el e n s ky e
triplica gli attacchi alle due
repubbliche». Poi ricostruisce le ragioni della guerra, più
o meno simili a quelle di professionisti della geopolitica
come Lucio Caracciolo e Da -
rio Fabbri. «Nel 2014 a Minsk
si firma un accordo tra l’Ucraina e le due neocostituite
repubbliche del Donbass per
far sì che nessuno attaccasse
l’altro. L’Ucraina butta al diavolo questo trattato un anno
dopo e comincia ad attaccare
le frontiere. Le due repubbliche subiscono vittime tra i
militari che arrivano a 5-6-7
mila morti. Arriva Z el e n s ky,
triplica gli attacchi. I morti
d ive nta n o…». E Puti n d e c id e
l’invasione per sostituire l’ex
attore con le solite «persone
perbene». Che sanno di fantocci e mandano ai matti gli
i nte r ve nt i s t i .
Lo scandalo monta e L ic i a
R o n zu l l i accusa di tradimento i neodeputati. «Trovo vergognoso che all’interno di 45
persone ci sia qualcuno che
abbia sfregiato il presidente
divulgando l’audio alla stampa, non si sa in cambio di cosa». Un bell’inizio, non c’è che
dire. Lo stesso Cavaliere telefona a Enrico Mentana per
contestualizzare ma ormai la
frittata è fatta e a via della
Scrofa si comincia a dire:
«Per favore spegnete quella
radio». B e rlu s c o n i passa per
autolesionista ma a 86 anni
ha ancora il polso del Paese.
Ha capito che gli italiani non
vogliono la guerra, hanno visto le bollette e hanno aggiornato le priorità: lui va all’incasso in termini di consenso.
Con un finale in linea con la
tradizione della casa infatti
afferma: «Oggi nel mondo occidentale non ci sono leader.
Non ci sono in Europa e negli
Stati Uniti. Non vi dico le cose
che so ma leader veri non ce
ne sono. Posso farvi sorridere? L’unico vero leader sono
io » .
La posizione putiniana del
Cav continua a mettere in imbarazzo M el o n i , che avrebbe
bisogno di noiosa prudenza e
non di scoppiettanti show alternativi destinati a far sobbalzare Bruxelles e Washington. Le uscite potrebbero
anche creare perplessità quirinalizie sulla scelta di A nto -
nio Tajani, numero due di Fi,
destinato alla Farnesina dove
l’atlantismo non è un’o pz io n e
ma un dovere. È lui il primo a
gettare acqua sul fuoco sui social: «Gli ucraini sono un popolo di eroi in difesa della democrazia. Domani (oggi, ndr)
sarò al summit del Ppe per
confermare la nostra posizione europeista e filo atlantica».
Verso sera si torna a parlare di totogoverno. «Ora la signora deve mollare qualcosa
di marginale e si chiude», è il
mood collettivo in Forza Italia
riguardo alle scelte meloniane. Confermati Ta ja n i agli
Esteri (sempre che M atta rel -
la non si metta di traverso) e
C a s el l ati alle Riforme Istituzionali, proposte Gloria Saccani Jotti all’Università e Anna Maria Bernini alla Funzione Pubblica, gli azzurri guardano con attenzione al domino degli alleati. Per esempio
non piace l’idea di Fratelli d’Italia di scegliere Nello Musumecicome ministro del Sud; è
inviso a Gianfranco Miccich é, sarebbe inserito nel dossier «mosse sbagliate». Nella
giornata dei Silvioleaks è la
più innocua.
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