L e coincidenze non sono mai casuali: il rapporto del Fondo monetario sulla stabilità finanziaria è uno dei più preoccupati dai tempi della grande crisi finanziaria; nello stesso giorno, la Bank of England ha annunciato un ulteriore ampliamento degli acquisti di emergenza (complessivamente per ben 10 miliardi di sterline al giorno) perché la volatilità sul mercato dei titoli di stato (i gloriosi Gilts di un tempo) continua a essere elevata, superiore a ogni precedente storico, compreso il famigerato 2007-2008. Per di più dopo aver appena annunciato un altro programma di finanziamenti agli operatori. La causa fondamentale sono le vendite massicce da parte di fondi pensione, soprattutto quelli a prestazioni definite, che devono assicurarsi flussi di ricavi a lungo termine in linea con gli impegni assunti. La decisione del nuovo governo di aumentare di 45 miliardi il deficit, ha seminato incertezza sui budget futuri e ha indotto molti fondi a vendere; contemporaneamente, sono scattate le richieste di aumento dei margini di garanzia per fondi e altri investitori che finanziavano parte del portafoglio sul mercato. Quelli che non avevano sufficiente liquidità, sono stati costretti a vendere, innescando una spirale al ribasso che si autoalimenta. È un film che avevamo già visto nel 2007. E infatti, il rapporto del Fondo indica proprio nel settore dei fondi uno dei punti di fragilità di oggi e dedica al tema un intero capitolo, ricordando che hanno ormai attività per ben 41 trilioni di dollari. Ma il capitolo introduttivo mette in rilievo molti altri punti di fragilità. Innanzitutto, il riaffacciarsi di tensioni nel debito sovrano dell’eurozona, con gli spread rispetto alla Germania che si allargano, finora in modo non preoccupante (ma è significativo che l’Italia paghi uno spread nettamente superiore a quello di Spagna e Portogallo). E ancora: la crisi del debito dei Paesi emergenti: il numero dei Paesi sotto stress, definiti come quelli che pagano spread superiori a 1.000 punti base salirebbe da 20 a 31; inoltre, sui 69 paesi a reddito più basso almeno 8 sono già in una situazione di crisi del debito e 30 stanno per entrarci. Come non bastasse, la Cina che ormai cresce poco (4 per cento nel 2022 e 2023) è giunta al redde rationem del suo settore immobiliare. Le imprese a rischio sono ormai il 40 per cento del totale e il 20 per cento ha Ebit inferiore agli interessi passivi: cioè è in una condizione in cui il debito si autoalimenta.Come si dice sugli aerei nelle turbolenze, allacciate le cinture di sicurezza.
NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
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