STUPIDA RAZZA

venerdì 28 ottobre 2022

Zuckerberg tradito dal Metaverso: Meta crolla a Wall Street

 

Era il 29 ottobre del 2021. Praticamente un anno fa. E Mark Zuckerberg, scottato dalle ultime vicissitudini legate a Facebook, annunciava al mondo la sua scommessa più importante: il Metaverso. E con essa il cambio di nome di Facebook Inc, che da quel giorno è diventata Meta Platforms. Più che un cambiamento, una specie di terremoto per la società nata fra i banchi universitari di Harvard e finita fra le trillion dollars companies a Wall Street. Quel giorno, alla borsa di New York, la capitalizzazione di mercato di Facebook era di poco superiore ai 900 miliardi di dollari, dopo che i picchi di fine estate l’avevano portata a sfondare la quota di 1 trilione. Oggi, un anno dopo, quel valore è stato sgretolato dagli eventi, perdendo circa il 70% e alimentando grossi dubbi sulla reale tenuta di un modello di business che fino a ieri sembrava imperforabile. Ritorno al 2016 Ieri a Wall Street il titolo di Meta ha faticato a reggere la soglia dei 100 dollari per azione, collezionando un sell-off pesantissimo, fra il 20 e il 25%. Nella gloriosa storia di Meta, per ritrovare le azioni a questo livello è necessario tornare indietro al 2016. Un crollo senza paracadute che ha spinto la capitalizzazione di mercato ben al di sotto dei 300 miliardi, collocando la società di Mark Zuckerberg addirittura fuori dalla top 20 fra le aziende più capitalizzate al mondo. I tre fattori chiave Il crollo di Meta è imputabile essenzialmente a tre fattori. Il primo è di ordine macro-economico, e riguarda l’intero universo Big Tech. La fine della pandemia, il ritorno alla normalità, l’arrivo della crisi e del mercato orso, l’inflazione, i venti di recessione, l’instabilità geopolitica: sono tutti elementi che hanno fatto malissimo alla volatilità dei titoli tecnologici. Poi c’è il Metaverso. La scommessa all-in di Mark Zuckerberg su questa innovazione, per ora, è persa. Certo, non è possibile sostenere che il Metaverso non abbia futuro. Anzi. A quanto pare, però, non ha presente. E i numeri emersi dalla trimestrale dell’azienda di Menlo Park lo confermano. I ricavi di Reality Lab, l’unità metaverse di Meta, si sono quasi dimezzati nel terzo trimestre a 285 milioni di dollari, mentre le perdite sono state di 3,7 miliardi di dollari rispetto ai 2,6 miliardi di un anno fa. Il terzo fattore, forse quello più ingombrante, riguarda gli annunci pubblicitari. Il mercato dell’advertising è in crisi, fiaccato da un contesto globale difficile. E per Meta, le cui revenue complessive sono visceralmente esposte agli annunci, è una mannaia. Il tutto è reso più difficile dalla crescita incontrastata di un competitor come TikTok e dall’App Transparency Tracking, la tecnologia di Apple che da circa un anno ha deciso di schermare gli oltre 1,2 miliardi di iPhone attivi in tutto il mondo, riparando gli utenti dalla profilazione pubblicitaria. Un’arma che già un anno fa dalle parti di Meta avevano avvertito come minacciosa, con un impatto potenziale stimato in 10 miliardi di dollari. Il paradosso dei dati Ma la storia finanziaria di Meta è anche uno dei più grandi paradossi di Wall Street. Perché per un Metaverso che non decolla, c’è un business molto solido in mano al colosso di Mark Zuckerberg. Ed è tutta la galassia legata al social networking: da Facebook a Instagram, fino a WhatsApp. Tutte piattaforme che possono contare (ognuna) su oltre 2 miliardi di utenti attivi mensilmente. Numeri che fanno di Reality Lab e del Metaverso un business assolutamente marginale all’interno del quadro complessivo della società. L’impressione, allora, è che la forzatura del Ceo, che un anno fa ha deciso di accelerare visibilmente la corsa - anche comunicativa - al Metaverso, si sia trasformata in una trappola. Una trappola che Meta sta pagando a caro prezzo.



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