«Prevediamo perdite cumulate equivalenti a un rischio di tasso d’interesse di 9 miliardi fino al 2026, con picchi nel 2023 e nel 2024. Il rischio di tasso d’interesse ora si sta materializzando. Tutto resta incerto. Ma gli accantonamenti per i rischi sugli interessi potrebbero non essere sufficienti, il capitale potrebbe essere intaccato dalle perdite e in caso estremo l’azionista potrebbe essere chiamato ad intervenire per restaurare la solidità del nostro bilancio». Parafrasando, è questa l’essenza della lettera scritta a inizio settembre dalla banca centrale olandese De Nederlandsche Bank (DNB) al ministero delle Finanze olandese. Prova ne è che anche il bilancio di una banca centrale può incamerare perdite fino a chiudere l’anno in rosso. Questo non deve sorprendere. Il mandato delle banche centrali dell’Eurosistema, per esempio, è unicamente la stabilità dei prezzi, non quello di generare profitti. E quindi nel perseguire il mandato, la Bce e le 19 banche centrali nazionali dell’Eurosistema effettuano politiche monetarie ora accomodanti ora restrittive, e per questo possono incorrere in una riduzione dei risultati finanziari o anche accusare perdite. Si tratta di rischi noti, monitorati e gestiti, che non fanno cambiare il corso della politica monetaria finalizzata unicamente alla stabilità dei prezzi. Le perdite possono scaturire nell’Eurosistema per il margine di interesse negativo, come DNB: con il rialzo dei tassi, le spese sulla remunerazione dei depositi presso la Bce stanno aumentando, e aumenteranno ulteriormente, mentre non vi sarà al tempo stesso un incremento dei rendimenti dei titoli in portafoglio, che sono prevalentemente a cedola fissa con durate più lunghe dei depositi. Le perdite nel bilancio di una banca centrale possono anche essere causate dal mark-to-market dei titoli in portafoglio, e cioè quando i prezzi di mercato degli assets in portafoglio calano (il prezzo dei bond a cedola fissa scende quando i rendimenti salgono con il rialzo dei tassi) e vengono contabilizzati a un valore inferiore rispetto al prezzo di acquisto: è il caso delle banche centrali di Svizzera e Australia. La Reserve Bank of Australia (RBA) per questo motivo rischia di avere un capitale negativo. Un’altra fonte di perdita per una banca centrale può essere il QT o Quantitative tightening. La banca centrale può decidere di inasprire la politica monetaria non solo alzando i tassi ma anche riducendo il portafoglio di titoli acquistati dai programmi: smantellare il QE può essere fatto non reinvestendo il capitale dei titoli rimborsati, come ha deciso di fare per ora la Federal Reserve. Ma una banca centrale può anche decidere di vendere assets prima della loro scadenza, anche a prezzi inferiori rispetto a quelli di acquisto: una perdita secca. Il QT della Bank of England è stato più aggressivo di quello della Fed, secondo Fitch, con vendite di assets prima della loro scadenza naturale. Il Consiglio direttivo della Bce non ha ancora iniziato a discutere di QT. Le banche centrali dell’Eurosistema, soprattutto quelle che durante il QE hanno acquistato titoli di Stato ad alto rating e basso rendimento come la DNB olandese, sono più esposte a incassare perdite in questa fase di rialzo dei tassi. «Tutte le banche centrali che hanno implementato programmi di acquisto di attività, nell’area dell’euro e al di fuori dell’euro, hanno ora a che fare con le conseguenze negative del rialzo dei tassi», sottolinea DNB nella lettera. La politica monetaria accomodante ha funzionato, anche grazie alle misure non convenzionali come i programmi di acquisto del QE, per salvaguardare la stabilità dei prezzi e per centrare il mandato. Ma, aggiunge DNB, «le perdite sono maggiori per le banche centrali che hanno acquistato titoli di Stato con rating alti e rendimenti bassi, come nel caso dell’Olanda». E della Bundesbank tedesca. Nella lettera, DNB scandisce: «Stiamo realizzando le conseguenze finanziarie del cambiamento della politica monetaria: dopo una fase di accomodamento monetario con il QE e di bassa inflazione, l’impennata inattesa dell’inflazione ha innescato una politica monetaria restrittiva e tassi d’interesse al rialzo». DNB paga gli aumenti dei tassi d’interesse sui depositi detenuti dalle banche commerciali presso la banca centrale, ma «il reddito dai bonds nel portafoglio non aumenta in parallelo». Le banche centrali, dunque, possono registrare un margine di interesse negativo, in quanto il rialzo dei tassi aumenta i costi da interessi passivi fino a superare i ricavi dagli interessi attivi. La Federal Reserve, nell’Open Market Committee di luglio, ha avvertito che il margine di interesse diventerà negativo nei prossimi mesi. Brian Coulton, chief economist di Fitch ratings, è co-autore di un’analisi recente sui bilanci delle banche centrali, nella quale trae la conclusione che «tassi d’interesse in aumento e calo dei prezzi dei bonds hanno aumentato la probabilità di un accumulo di perdite nei bilanci delle banche centrali che hanno utilizzato programmi di acquisto di assets». Questo non solo comprometterà la capacità delle banche centrali di contribuire alle entrate delle casse statali, non potendo staccare come in passato un grasso dividendo, ma c’è anche il rischio che alcuni Stati debbano intervenire per ripristinare il capitale della banca centrale. Contattato dal Sole 24 Ore, Coulton ha spiegato: «Una banca centrale potrebbe avere perdite in bilancio a causa di un margine di interesse negativo: questo accade quando i pagamenti (effettuati dalla banca centrale, Ndr) dei tassi di interesse sulle riserve e sui depositi delle banche commerciali superano il rendimento fisso proveniente dalle attività. La Banca centrale olandese ha perdite dovute al NII (net interest income).Questo è un problema anche per la Federal Reserve. Durante la politica monetaria accomodante, il tasso di interesse sui depositi e sulle riserve delle banche commerciali era molto basso, per la Bce era negativo. Con l’aumento dei tassi di interesse, salgono anche i costi delle banche centrali». Coulton allarga poi i confini del dibattito: «Non è impossibile che il capitale di una banca centrale venga eroso da una serie di perdite. In questo caso, quando il bilancio è in rosso, una banca centrale può decidere di rivolgersi al governo per una ricapitalizzazione. Questa eventualità, e le perdite delle banche centrali più in generale, possono sollevare interrogativi sull’indipendenza della banca centrale». L’indipendenza finanziaria implica che le banche centrali debbano sempre essere capitalizzate in maniera adeguata. Una banca centrale dovrebbe quindi evitare di rimanere a lungo con capitale negativo, ai fini della salvaguardia della sua indipendenza.
NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
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