Allarme per i fondi aperti e i rischi che pongono alla stabilità dell’intero sistema finanziario. Il monito, che arriva da parte di esponenti del Fondo Monetario Internazionale, è diretto a fondi comuni open-end, che cioè consentono agli investitori compravendite quotidiane dei loro titoli, e abbiano però in portafoglio asset illiquidi o difficili da cedere. Date le dimensioni che gli open-end funds hanno ormai raggiunto, con 41.000 miliardi di dollari in attività su scala gLobale, «possono scatenare volatilità e moltiplicare l'impatto di shock, specialmente in periodi di particolare tensione sui mercati». Periodi, vale a dire, oggi più che immaginabili: «La resilienza del settore degli open-end funds potrebbe essere messa alla prova» in un clima di «tassi d’interesse in ascesa e di elevata incertezza economica». Le fuoriuscite dai fondi sono già in aumento, notano dall'Fmi, e «shock negativi quali disordinate strette nelle condizioni finanziarie potrebbero far scattare ulteriori fughe e amplificare lo stress sui mercati degli asset». Lo spettro di una simile crisi è stato sollevato nel blog dell'organizzazione multilaterale con uno studio a firma di alti funzionari della divisione Monetary and Capital Markets, alla vigilia degli incontri annuali a Washington assieme alla Banca Mondiale a Washington che quest'anno avvengono all'ombra di gravi incognite su economia e mercati globali, dal'inflazione alla guerra in Ucraina. La forte crescita degli open-end investment funds, un fenomeno degli ultimi vent'anni, li ha portati a rappresentare ormai un quinto degli asset nella finanza non bancaria. E se «possono investire in attività relativamente liquide quali azioni e obbligazioni governative», sono anche esposti a securities dal mercato assai più rarefatto, da bond aziendali di minor qualità all'immobiliare e ad asset in paesi emergenti, che ne accrescono la vulnerabilità. Questo il meccanismo di trasmissione di una debacle, nelle parole degli autori dell'allarme: gli investitori nei fondi sono in grado di vendere i loro titoli ad un prezzo stabilito al termine di ogni sessione di trading, ma l'operazione può richiedere ai gestori più giorni per essere completata con una cessione di asset che copra i riscatti. Un ritardo che tende ad allungarsi quando i mercati sono sotto pressione e che durante fasi di fuoriuscite dai fondi può dar adito a mismatch, squilibri nella liquidità con «il prezzo pagato agli investitori che può mancare di riflettere appieno i costi di trading associati agli asset ceduti». Costi che gravano sui rimanenti investitori, incentivando accelerazioni dei riscatti e ulteriori fughe in un clima di pessimismo.
NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
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